Lo
snorkeling con le mante è stato fantastico! Era buio pesto e
pioveva, quando la barca si è fermata in una baia. Sono stati accesi
dei riflettori e puntati sull'acqua così trasparente che già
dall'alto del ponte abbiamo avvistato una manta che si avvicinava.
Faceva un po' paura per quanto era grande, ma non vedevamo l'ora di
tuffarci.
Per assicurarsi che nessuno disturbi le mante, viene calata in acqua una struttura di ferro rettangolare alla quale tutti i partecipanti devono stare aggrappati in quella che la guida ha definito “la posizione di Superman”, cioè galleggiare con braccia e gambe tese, faccia in acqua in mezzo alle braccia e vietato toccare questa specie protetta. Se, invece, è la manta ad avvicinarsi, lasciarla fare. Tutto chiaro, ci tuffiamo uno alla volta e le guide ci accompagnano in posizione intorno alla struttura. I fari sono puntati al centro del rettangolo, il ragazzo che mi lascia al mio posto mi dice “Guarda sotto.”, io immergo il viso con maschera e boccaglio e comincia lo spettacolo! Non una, non un paio, ma ben cinque enormi mante appaiono dal buio e attraversano la zona illuminata. Mi aspettavo di vederle nuotare sul fondo, invece, ci vengono incontro con le bocche spalancate per ingoiare più plancton possibile. Alla luce dei fari, il plancton si vede come il pulviscolo nell'aria quando un raggio di sole taglia la penombra di una stanza e le mante accorrono attirate dal bagliore. Si muovevano nell'acqua con eleganza e destrezza nonostante le grandi dimensioni, sembravano volare sopra la barriera corallina. Le più timide passavano velocemente a qualche metro da noi, ma ce n'era una curiosa e spavalda che, per tutto il tempo, ha nuotato disegnando cerchi dal fondale verso di noi, avvicinandosi sempre più. Ogni volta che risaliva, credevo che mi avrebbe colpita con il muso, invece, all'ultimo istante, si piegava indietro sfilando a pochi centimetri dalle nostre maschere con il suo ventre bianco e chiudendo il cerchio con la coda sottile e appuntita. Continuava a girarci davanti in questo modo, sfiorandoci, sempre davanti a me, TdC e un'altra coppia: dovevamo essere i suoi preferiti. Siamo rimasti in acqua, incantati dall'impressionante bellezza di queste creature, per circa trenta minuti e alla fine sentivamo freddo anche con le mute, ma non volevamo uscire. Mi sono staccata solo un attimo dalla struttura, per controllare il boccaglio dove entrava acqua, e la forte corrente mi stava già allontanando dal gruppo. Ho dovuto aggrapparmi al TdC per tornare in posizione, non sarebbe stato carino perdersi nell'oceano al buio anche se aveva smesso di piovere ed era spuntata qualche stella.
Per assicurarsi che nessuno disturbi le mante, viene calata in acqua una struttura di ferro rettangolare alla quale tutti i partecipanti devono stare aggrappati in quella che la guida ha definito “la posizione di Superman”, cioè galleggiare con braccia e gambe tese, faccia in acqua in mezzo alle braccia e vietato toccare questa specie protetta. Se, invece, è la manta ad avvicinarsi, lasciarla fare. Tutto chiaro, ci tuffiamo uno alla volta e le guide ci accompagnano in posizione intorno alla struttura. I fari sono puntati al centro del rettangolo, il ragazzo che mi lascia al mio posto mi dice “Guarda sotto.”, io immergo il viso con maschera e boccaglio e comincia lo spettacolo! Non una, non un paio, ma ben cinque enormi mante appaiono dal buio e attraversano la zona illuminata. Mi aspettavo di vederle nuotare sul fondo, invece, ci vengono incontro con le bocche spalancate per ingoiare più plancton possibile. Alla luce dei fari, il plancton si vede come il pulviscolo nell'aria quando un raggio di sole taglia la penombra di una stanza e le mante accorrono attirate dal bagliore. Si muovevano nell'acqua con eleganza e destrezza nonostante le grandi dimensioni, sembravano volare sopra la barriera corallina. Le più timide passavano velocemente a qualche metro da noi, ma ce n'era una curiosa e spavalda che, per tutto il tempo, ha nuotato disegnando cerchi dal fondale verso di noi, avvicinandosi sempre più. Ogni volta che risaliva, credevo che mi avrebbe colpita con il muso, invece, all'ultimo istante, si piegava indietro sfilando a pochi centimetri dalle nostre maschere con il suo ventre bianco e chiudendo il cerchio con la coda sottile e appuntita. Continuava a girarci davanti in questo modo, sfiorandoci, sempre davanti a me, TdC e un'altra coppia: dovevamo essere i suoi preferiti. Siamo rimasti in acqua, incantati dall'impressionante bellezza di queste creature, per circa trenta minuti e alla fine sentivamo freddo anche con le mute, ma non volevamo uscire. Mi sono staccata solo un attimo dalla struttura, per controllare il boccaglio dove entrava acqua, e la forte corrente mi stava già allontanando dal gruppo. Ho dovuto aggrapparmi al TdC per tornare in posizione, non sarebbe stato carino perdersi nell'oceano al buio anche se aveva smesso di piovere ed era spuntata qualche stella.
Anche
se avessi potuto fare le foto, non avrebbero reso l'idea di quanto
sia bello trovarsi in mezzo alle mante giganti. È stata
un'esperienza strepitosa e fa niente se ho trascorso il viaggio di
ritorno a Kona affacciata al parapetto della barca con la nausea.
Stamattina
ci siamo svegliati con un sole caldo e abbagliante, peccato che fosse
l'ultimo giorno. Siamo tornati a Hilo seguendo la costa nord,
fermandoci al villaggio di Laupahoehoe. Qui si trova un bellissimo
parco dove un tempo sorgeva il paese e in particolare la scuola.
Tutto fu spazzato via da uno tsunami il 1 aprile 1946 e mai più
ricostruito dal momento che si trova in una zona a rischio. Avevo
letto la storia di Laupahoehoe sempre nel bel libro di Dudley e
sapevo che, al posto degli edifici distrutti, era stato creato un
parco dove le future onde di maremoto potessero sfogarsi senza fare
altre vittime, oltre quelle ricordate qui con un monumento. È un
luogo suggestivo, sia per la storia che racconta, sia per la bellezza
naturale delle sue scogliere aguzze di roccia lavica che rompono
grandi onde dalle incredibili sfumature di azzurro. Guardate che foto! Come in ogni altro parco delle Hawai'i, non
solo è consentito campeggiare gratuitamente, ma è attrezzato al
meglio con tavoli, panche, griglie, bagni dove la carta igienica non
manca mai e anche docce all'aperto. Tutto gratis e pulitissimo, da
non credere.
A
Hilo abbiamo comprato gli ultimi regali per famiglia e amici e, in
questa splendida giornata di sole, non sembrava la stessa città che
avevamo lasciato sotto l'uragano. Ci siamo poi rilassati a Coconut Island fino all'ora di partire, guardando ragazzi, ragazze e intere famiglie che si tuffano in mare dalle torri nonostante i soliti divieti. Ho aggiornato l'album con le nuove
foto, compresa la Mustang scappottata che vedrete appena troverò una connessione internet.
In
queste due settimane, le Hawai'i ci hanno trattati malissimo,
infliggendoci ogni genere di sfiga come il percorso della lava che
cambia dopo trenta anni e un uragano di passaggio che prima ci inonda
Hilo e poi scombina il vento perfetto di Maui. Non siamo riusciti a
fare tutto quello che ci eravamo prefissati e mi dispiace davvero
essermi persa certe cose, come la salita al Mauna Kea. Nonostante
tutto, però, queste isole sperdute nel Pacifico mi hanno
conquistata, soprattutto Big Island. Sono innamorata del Volcanoes NP e il TdC già si vede invecchiare a Maui. Vorrei restare di più, vorrei partire per una nuova meta... Non mi basterà tutta la vita per fare e vederete tutto quello che desidero. Viaggiare è sempre bello e ogni volta che devo tornare sono un po' triste.
Una
volta a casa compilerò il post da Barbi Advisor con tutti consigli
pratici che posso darvi e vi racconterò meglio altri aspetti delle
Hawaii che in questi giorni, per motivi di tempo, non ho
approfondito.
Sto
scrivendo dall'aereo che ci porta da Los Angeles a New York dove
spero di trovare una connessione per pubblicare questo articolo e le
foto, ce la farò?
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