Durante un viaggio, spesso si sceglie un luogo come base, città o paesino che sia, i suoi punti di riferimento ci diventano rapidamente familiari. Si tratta del meccanismo inconscio che ti fa chiamare "casa" la stanza d'albergo e "la nostra via" una strada dove sei passato due volte. È successo in Indonesia con Ubud e anche con le Cavallette a La Paz. Adesso, a Hilo, io e il TdC attraversiamo il nostro ponte sul fiume Wailuku per tornare a casa al Wild Ginger, ma la Spark è rimasta solo la "mia macchina" perché lui la disconosce. Quando, come oggi, trascorriamo tutta la giornata in una zona nuova e sconosciuta, tornare a Hilo e non aver più bisogno della mappa perché riconosciamo le vie è una soddisfazione!
Oh, nel caso ve lo stiate ancora chiedendo, la risposta è sì: l'uragano Ana è arrivato! Lampi, tuoni, vento e pioggia battente per tutta la notte. Un tale casino che mi sono anche alzata per vedere se entrava acqua da sotto la porta perché, a giudicare dal frastuono, sembrava di avere Ana in camera con noi. Una bella tempesta, certo, ma non da film catastrofico. Tuttavia, tanto per stare tranquilli, molti esercizi sono chiusi per l'intero weekend. Tra questi, purtroppo, c'è il Visitor Center dell'osservatorio sul Mauna Kea. Lunedì mattina partiremo per Maui e quindi mi perderò la notte stellata dal monte più alto delle Hawaii. Che tristezza! Per fortuna, invece, Il Volacanoes National Park ha riaperto in giornata.
Big Island ci sta trattando male con un meteo infernale, facendoci rivoluzionare ogni piano e negandoci esperienze che difficilmente ci ricapiteranno, come la salita al Mauna Kea e le escursioni con Cheryl per immergere un bastone nella lava. Eppure io sono innamorata di questa isola così viva e completamente in balia della natura, è bella e furiosa come la sua storia geologica che è ben visibile ovunque si posi lo sguardo. Acqua e fuoco, lava e oceano, creazione e distruzione, meraviglia e durezza. Nonostante le strade perfette e i servizi ben organizzati e moderni, qui ci si sente comunque immersi in un ambiente selvaggio che segue le proprie regole e non quelle dell'uomo. Da nord a sud è visibile l'origine vulcanica di questa come di ogni altra isola dell'arcipelago hawaiano, dalle colate più antiche, nascoste tra la vegetazione, a tratti di costa più giovani di me. Osservando questi paesaggi stupefacenti, ci si sente piccolissimi davanti alla potenza e alla violenza delle forze che plasmano il nostro pianeta. Io adoro Big Island!
Oggi, tra un acquazzone e una schiarita, abbiamo trascorso la giornata a esplorare la costa a sud di Hilo, caratterizzata da spiagge e scogliere nere. Il clima instabile ha contribuito a rendere ancora più affascinante la gita ingrossando le onde e colorando cielo e oceano con sfumature d'argento. Le foto, sia con la fotocamera del TdC che con la mia reflex, non rendono una frazione di quello che abbiamo visto.
Da Hilo ci siamo immessi sulla Highway 11 e, nei pressi di Keaau, abbiamo imboccato la Highway 130 in direzione di Pahoa. Nel tratto tra Keaau e Pahoa, l'autostrada incrocia diverse vie che conducono sulla costa, alcune dopo tortuosi percorsi ondulati. Il percorso migliore, per raggiungere le scogliere di lava, è svoltare in Paradise Drive (a ogni incrocio sull'autostrada è indicato il nome della via che interseca) e seguirla tutta. Accanto a noi sfilavano case e ville sempre più belle, con giardini curati e vialetti di ghiaia lavica. Non è stato facile trovare una via d'accesso alle scogliere perché sono tutte vie private e, si sa, gli americani ti sparano se calpesti le loro aiuole. Finalmente, quasi alla fine della Paradise Drive, c'è un sentiero sulla destra. Non è segnalato come accesso pubblico, ma si riconosce dal cartello che vieta di campeggiare.
Pioveva a tratti, ma faceva piuttosto caldo quindi ci siamo avventurati a piedi verso l'oceano. Non so se questa zona abbia un nome, ma dovrebbe essere "strepitose pareti di lava a picco sul mare dove si infrangono onde giganti". Che spettacolo!
Tutta la baia è una striscia nera disegnata sul fondo blu dell'oceano dove cresce qualche palma coraggiosa, dove i pini marittimi sono piegati dal vento, dove ville e villette, invece del giardino sul retro, si affacciano su splendide formazioni vulcaniche. La cosa più bella è che, pur trovandoci a una certa altezza, il fragore delle onde era così forte che sembrava di esserci in mezzo. I cavalloni più possenti colpivano la costa con tale forza da alzare spruzzi fino a noi. Infatti, mentre ero intenta a catturare con l'obiettivo lo show delle onde, sento alle mie spalle il TdC che, aspettando di vedere un'onda gigante abbattersi sulla scogliera, sta facendo il conto alla rovescia. Tre, due, uno... Ma porca putt...!!
Mi volto e lo vedo completamente fradicio, inzuppato dalla testa ai piedi e scoppiamo a ridere perché, anche se questa isola evidentemente ci odia, bisogna ammettere che sa essere divertente nel suo sarcasmo.
Ci siamo quindi diretti a Pahoa, fermandoci in un supermercato per comprare una maglietta nuova al TdH (ormai è giusto chiamarlo così visto che è stato battezzato sulla scogliera) che non si era portato un cambio. Già che c'eravamo ed era quasi l'una, abbiamo pranzato con due enormi porzioni di pesce fritto al "Fresh Fish" mentre cominciava un altro forte acquazzone destinato a spegnersi in mezzora.
Dopo la sosta, abbiamo proseguito verso sud est sulla Hwy 132, bellissima strada che si snoda in una foresta verdissima fino a incrociare la 137 che corre parallela alla costa. Lungo queste strade, si trovano diversi punti panoramici, spiagge e parchi: tutti nati dall'unione di lava e mare in forme diverse. Al Ahalanui Park c'è una piscina d'acqua marina unita all'oceano da un piccolo canale e faceva impressione vedere la gente farci tranquillamente il bagno mentre, a pochi metri, il mare era gonfio di onde minacciose. C'era la classica torretta con il bagnino, ma non ci pareva una giornata da tuffi.
All'Isaac Hale Beach Park c'erano famiglie che facevano pic-nic e barbeque, ragazzi che pescavano dal molo, bambini che nuotavano nella baia e alcuni surfisti che si spingevano coraggiosamente sulla linea dove le onde più grandi frangevano sulle antiche colate laviche sommerse. Il Mac Kenzie State Park era... chiuso per tempesta, ovviamente. Ci sono, però, tanti posti per fermarsi ad ammirare le bellezze di questa costa vulcanica anche fuori dai parchi, proprio lungo la 137 che, dopo diversi chilometri, si interrompe bruscamente dove nel 1983 è passato un altro fiume di lava diretto in mare. Oggi, l'ultima casa della via ospitava una grande festa dall'aria hippy e, davanti a strana gente piuttosto sbronza, ho fatto inversione e siamo tornati verso casa.
Domani, ultimo giorno prima di partire per Maui, torneremo al Volcanoes National Park per seguire alcuni sentieri che l'altra volta non abbiamo avuto il tempo di percorrere, ci vorrebbe una settimana solo per questo favoloso parco. Ah, quanto vorrei potermi permettere la libertà di non guardare mai né orologio né calendario!
L'esplorazione di oggi ci ha portati al limitare dell'area di Kalapana, che non potrò visitare durante questo viaggio, ma dove sono decisa a tornare in futuro, quando visiterò anche l'osservatorio del Mauna Kea e, tornando a Hilo, riconoscerò le sue strade, sentendomi di nuovo a casa.
P.s. Date di nuovo un'occhiata all'album fotografico di Hilo perché ho aggiunto nuove foto scattate stasera
spettacolare
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