giovedì 31 dicembre 2015

Una brutta notizia su una bella persona

Mi dispiace chiudere l'anno con una brutta notizia, ma le cose brutte possono accadere in ogni momento. Ho sempre detto che i viaggiatori sono una grande famiglia e questa bella famiglia ha da poco perso un membro speciale. Si tratta di Marta Lazzarin che, insieme al compagno Chris, gestiva uno dei più seguiti e premiati blog sul turismo, Blog di Viaggi. Marta è deceduta con il suo bambino a causa di complicazioni al settimo mese di gravidanza. 

Chris la ricorda sulle pagine che raccontano la loro vita felice e avventurosa con un post che mostra un grande amore e una grande forza.

"Allora amore,vedrai, sarai fiera di me, cercherò con tutte le mie forze di regalare sorrisi a chi più ne ha bisogno, proprio come facevi tu; vedrai, sarai orgogliosa di me."

Per quanto fosse giovane, 34 anni, Marta ha vissuto una vita piena e con Chris ha viaggiato tanto, collezionando ricordi straordinari che confortano il suo compagno in questo momento terribile.

Marta e Chris in viaggio

Ho scoperto il loro blog nel 2014 e ho scritto due articoli per loro. Li ho conosciuti solo via mail, ma posso dire di aver collaborato con persone davvero carine, gentili, aperte e piene d'entusiasmo. 
Il loro successo sul web sta proprio nel fatto che condividevano e chiedevano a chi voleva scrivere per loro di condividere consigli pratici. Non solo racconti, non cartoline, ma qualcosa che fosse utile agli altri viaggiatori e scritto in maniera accurata con link, prezzi e dettagli. Così si è creata con loro una comunità che in questi giorni si stringe intorno a Chris che ha perso la sua compagna e il loro bambino in un attimo. Tante dichiarazioni d'affetto appaiono sul loro blog, sui social network, su altri blog di viaggio perché siamo tutti legati e questa brutta notizia ha colpito tutti.

Ciao, Marta.

domenica 13 dicembre 2015

Pensierini natalizi

Post "in stereo" su Scritti a Penna e Semm de Passacc

Si avvicinano le feste e il mondo si riempie di luci, fiabe e dolci. È quel periodo dell'anno in cui i sognatori, come me, tornano bambini e si ritrovano circondati da elfi, boschi innevati, stelle brillanti e caminetti accesi ovunque voli la fantasia.

La realtà, al contrario, è fatta di traffico, conti da pagare, code al supermercato, pubblicità fastidiose, tg pieni di morti e gente che non si fa viva tutto l'anno che ti dice: "Vediamoci prima di Natale".
Detesto la frenetica corsa al regalo perché, se dimentichi qualcuno, quello si offende, anche se è un tizio che incontri una volta all'anno e nemmeno ti saluta. Come dico sempre, per i regali personali ci sono i compleanni, mentre a Natale bisognerebbe pensare a fare qualcosa di buono, il genere di cosa buona che ci scordiamo di fare il resto dell'anno.

Alle persone care, fate gli auguri con una visita, una telefonata, un biglietto, un messaggio e va bene anche una mail. I soldi per inutili regali di circostanza, invece, dateli in beneficenza. Dateli a chi passa ogni giorno ad aiutare gli altri, persone, animali o il pianeta intero, perché sono loro a fare qualcosa di buono per noi ed è doveroso ricambiare, almeno a Natale, almeno per far rientrare il nostro livello di egoismo e indifferenza nei limiti della vergogna.

Scegliete l'associazione che vi pare, Sea ShepherdENPAAmnesty InternationalMedici Senza FrontiereLAVEmergency, quella che preferite, ma fate una donazione! 
Non diventerete eroi, ma aiuterete gli eroi veri, anche solo con i soldi di quel panettone in più che vi fa solo ingrassare.


Voglio fare i miei migliori auguri di tanta felicità al TdC, alla mia famiglia, ai miei amici e ai nostri animali domestici e a tutti gli animali selvatici.

Auguri a noi viaggiatori, che andiamo lontano con uno zaino, una valigia, attraverso un buon libro sotto le coperte, oppure in poltrona davanti a un bel film, a chi non vede l'ora di partire e a chi ha voglia di tornare a casa, a chi prepara i bagagli e a chi li disfa, a chi è in attesa di un aereo, a chi legge su un treno. Auguri al mio bellissimo pianeta e alla natura che continua a regalarmi spettacoli e magie senza prezzo.

Auguri a chi scrive un romanzo, un blog, un racconto, un articolo e a chi li legge, a chi è famoso e chi sogna di diventarlo, a chi si impegna, studia e migliora, a chi lavora di fantasia, ma sa tenere i piedi per terra.

Auguri a chi fa del bene e a chi, almeno, si limita a non far del male.

Con questo sono a posto, quindi non aspettatevi regali.



martedì 1 dicembre 2015

Verso qualcosa

E così siamo a dicembre.
Molti di voi stanno progettando le vacanze di Natale e Capodanno, qualcuno al caldo, qualcuno nel tipico paesaggio innevato delle fiabe. Io no.
Come avevo raccontato nel club di ferragosto, io viaggio fuori stagione e resto in città quando voi partite. Lo faccio principalmente per una questione di costi e affollamento, ma anche perché il resto del mondo vive secondo altri ritmi e altre stagioni, quindi mi adatto ai luoghi che voglio visitare.
Il 2015, a parte i dieci giorni in Kenya con le mie adorate Cavallette, è stato scarso dal punto di vista delle esplorazioni a causa di una serie di impegni di altro tipo. Così, sto già fantasticando sull'anno prossimo, ma la lista dei desideri è lunghissima e l'ossessiva voglia di partire mi fa aggiungere destinazioni ogni giorno, ispirata da articoli di giornale, documentari, discussioni.
Ci sono persone che viaggiano fuggendo. Fuggono dal quotidiano, dalle preoccupazioni, dal clima, dalle città. Quello che, invece, spinge me a buttare quattro stracci in uno zaino e saltare su un aereo è la curiosità, lo spirito d'avventura, il bisogno di esplorare e conoscere. Non scappo da qualcosa che mi rende infelice, ma corro verso qualcosa che mi rende felice. Tutte le volte.
Allora sono impaziente di trovarmi intorno a un tavolo con le Cavallette per organizzare il prossimo viaggio con nuove missioni natura per osservare le bellezze del pianeta e sostenere chi le protegge. Torneremo in Africa? Ci sposteremo in Asia? 

Intanto, faccio progetti con il TdC, questa volta con il preciso obiettivo di scegliere un luogo dal quale non tornare. Stiamo valutando diversi Paesi dove trasferirci che facciano da nuova base per i nostri viaggi e ci permettano anche di cambiare vita tra una partenza e l'altra. C'è troppo da vedere su questo pianeta per fermarsi in un posto a invecchiare e ci sono posti migliori di una città dove abitare. Tanto per cominciare, vivere sul mare sarebbe un grosso cambiamento ed è quello a cui puntiamo. Con in mente un trasferimento, ci imbarcheremo in missioni esplorative per sondare opportunità e ambienti perché ci sono molto fattori dei quali tener conto in una ricerca del genere, dalle risorse economiche alla burocrazia, dalla lontananza di famiglia e amici alla trasformazione delle abitudini. Tutti elementi che valuteremo una volta definite le probabili mete. 
Per l'anno nuovo, insomma, mi seguirete in un diverso modo di viaggiare, sperando di entrare nel club di quelli che non sono più tornati!

domenica 15 novembre 2015

Cose belle

Dopo tanto pessimismo, voglio pensare a cose più belle: le mie avventure in giro per il mondo con il TdC e le Cavallette.
Il bello è stare insieme e vivere momenti favolosi lontano da preoccupazioni e problemi, in mezzo alla natura, tra paesaggi stupendi, animali liberi e protetti, persone gentili, affetto e risate. Ecco i miei migliori ricordi con voi.




sabato 14 novembre 2015

Parigi & Co.

Le edizioni straordinarie stanno diventando tristemente ordinarie e ancora una volta, l'umanità dimostra di cospirare contro se stessa. 

È inutile indignarsi e dirsi sconvolti sui social network tutte le maledette volte, quando sappiamo benissimo di aver armato la mano che ci ha sparato. Ci allarmiamo quando ormai abbiamo l'acqua in casa, in Europa e negli Stati Uniti, ma non ci preoccupiamo mai quando andiamo in Africa, in Asia e in Sud America ad aprire con le nostre mani le falle da cui parte l'inondazione. 
I morti ci guardano dicendo: “Dovevate pensarci prima.”

Su miliardi di persone, ormai, i buoni si contano sulle dita di un bambino monco saltato su una mina.
Cerchiamo i colpevoli, ma ciò che sembra davvero difficile è trovare qualcuno che sia ancora innocente. Io non mi sento innocente perché anche ogni mia piccola scelta sbagliata alimenta un sistema che si ritorce contro tutti. 
Quello che ignoriamo, quello che fingiamo di non vedere, quello che dimentichiamo, quello che gettiamo via, quello che consumiamo, quello che rubiamo, quello che paghiamo, quello che nascondiamo, quello che sprechiamo. Tutto questo va a inquinare e insanguinare il nostro futuro e non ci importa perché viviamo nel presente. Bene, questo è il presente: violenza contro le persone, violenza contro la natura.


Complimenti a tutti noi.
È evidente che non siamo in grado di evolverci e allora meritiamo di estinguerci, dopo questa lunga e stupida agonia.

Le differenze tra culture, tradizioni, religioni e costumi non dovrebbero generare conflitti, ma soltanto rendere il mondo più interessante. Purtroppo, non è così.

La vostra pessimista, cinica, rassegnata, disfattista, delusa

Barbi.  

lunedì 9 novembre 2015

Serata viaggi e libri

Come annunciato su Scritti a Penna, sto per cominciare un tour dal vivo per presentare i miei libri.
La prima tappa, che si terrà a Torino venerdì 20 novembre, è legata anche a questo blog perché interamente dedicata a Di passaggio in Indonesia, il libro nato proprio da Semm de Passacc, che racconta le mie avventure e disavventure asiatiche.

Questo è lo spot della serata, realizzato da Action!Studios.
Spero di incontrare qualcuno di voi alla serata perché non ci stanchiamo mai di parlare dei nostri viaggi!



Venerdì 20 novembre 2015
Caffè Johar
Via Santa Giulia 42/D
Torino
ore 19.30 aperitivo
ore 21.00 presentazione


giovedì 15 ottobre 2015

Quanto costa viaggiare


Spesso mi sento dire “Beata te che viaggi” o “Per viaggiare ci vogliono i soldi” perché ho visitato Paesi lontani che la gente ritiene economicamente raggiungibili solo dai ricchi. Io rispondo che è questione di scelte.

Un volo per la Thailandia o il Kenya costa meno di un Iphone, due settimane a Bali costano meno di un televisore 200 pollici per guardare le partite di calcio, al prezzo di un Suv si viaggia per cinque anni. Ripeto: è una questione di scelte. 
Io non ho bisogno di trenta paia di scarpe abbinate ad altrettante borsette per essere felice, preferisco comprare un volo in offerta e dormire in guest house in Zambia. Non ho bisogno di pagare una palestra se faccio trekking in Borneo. Non ho bisogno dell'abbonamento a Sky perché con gli stessi soldi entro in un parco nazionale e osservo gli animali liberi dal vivo, visito un sito archeologico, faccio snorkeling tra i coralli. Non ho bisogno di un cappotto nuovo ogni anno se posso andare a cena in un ristorante tipico con la gente del posto, incontrare altri viaggiatori, ascoltare e vivere storie avventurose.


Inoltre, non è necessario soggiornare in hotel di lusso, spostarsi in taxi o frequentare i locali più famosi quando si è in viaggio. Ci sono alloggi economici e dignitosi, si può prendere un treno, si può fare la spesa al mercato, bere una birra sulla spiaggia.

Per me, rinunciare a certe cose non è un sacrificio.
Ho gli stessi soldi degli altri, ho solo scelto di spenderli diversamente.

mercoledì 7 ottobre 2015

Oktoberfest!

Thomas & TdC 2006
Il TdC ha conosciuto il suo amico tedesco Thomas un anno prima di incontrare me. A legarli in un'amicizia decennale sono state le tavole da windsurf assicurate ai tetti delle loro auto. Più avanti sono arrivata io, Thomas si è sposato e ha avuto due bambini, abbiamo organizzato vacanze insieme e visite reciproche, siamo andati a vedere qualche concerto della band del nostro amico e poi... poi c'è l'Oktoberfest!
Thomas abita a Monaco, a dieci minuti a piedi dalla più famosa festa della birra del mondo. Negli anni, ci siamo stati col sole e con la pioggia, con il freddo e il buio, la mattina, il pomeriggio e la sera, da soli o con gli amici e ogni volta è stato un gran divertimento.
Chi non ci è mai stato la immagina come un raduno di alcolizzati che vogliono fare più casino che allo stadio. In realtà, l'Oktoberfest somiglia a una vecchia, colossale, festa di paese della quale gli abitanti di Monaco vanno molto fieri. Sì, ci sono interi pullman di ragazzi che vanno a sbronzarsi e a fissare le tette delle tedesche strizzate in quei bellissimi abiti tradizionali, ma sorprendentemente sono una minoranza. A passeggiare per le vie della fiera ci sono famiglie con bambini, coppiette con i costumi coordinati, artisti che mettono in scena i loro spettacoli, turisti curiosi che osservano le bancarelle, estimatori di birra e di specialità culinarie locali. Ci sono gli enormi edifici in legno dei birrifici (chiamati "tende") ricostruiti ogni anno per l'occasione e, per avere la licenza di montare la propria tenda, il produttore deve avere la sua azienda in città perché se solo si spostasse fuori dai confini di Monaco non potrebbe partecipare. I tedeschi sono molto rigorosi e tutto funziona alla perfezione, dalla carta igienica nei bagni al servizio di sicurezza che allontana gli ubriachi molesti, dalle ambulanze allineate nel parcheggio alla raccolta della spazzatura.
Io ho saltato gli ultimi due anni (il TdC si è portato altri amici e non volevamo approfittare troppo dell'ospitalità di Thomas), ma quest'anno sono tornata. Una volta ho visto la cerimonia d'apertura, diverse volte la festa inoltrata e questa volta la chiusura. 
Il meteo ci ha graziato con splendide giornate e l'Oktoberfest con il sole somiglia al paradiso. Birra, cibo, musica, giostre, ubriachi di cui ridere, giovani e anziani, turisti da tutto il mondo. Tutti con la sbronza affettuosa che si baciano e si abbracciano rovesciandosi addosso boccali di ottima birra locale.
Sté e la Feddi 2011
L'ultima sera è diversa dalle altre perché molti turisti sono già ripartiti e si riesce facilmente a trovare posto all'interno delle tende solitamente affollatissime. Fuori si stava bene, si beveva, si mangiava e si poteva chiacchierare con i compagni di tavolata.
Dentro era l'inferno dantesco. C'erano persone così piene d'alcol che se ne vedeva il livello galleggiare negli occhi rossi e lucidi, ma era un'esplosione di risate. La band suonava e tutti cantavano e ballavano in piedi sui tavoli. Abbiamo lasciato a casa i bambini e ci siamo gettati nella mischia con Thomas, sua moglie Kathrine e Jens, il cantante del suo gruppo, sempre a un passo dall'alcolismo come le vere rockstar.
Mentre sono in bagno a fare spazio per un altro litro di Augustiner, la band sul palco comincia a suonare Summer of 69 di Brian Adams e sento le ragazze nei bagni accanto che cominciano a cantare a squarciagola, come si usa qui, Fare pipì cantando fa parte del fascino della festa. Tornata dai miei amici, ci poniamo la domanda dell'anno: "Why Brian Adams?", ma davvero vuoi trovare una risposta logica dopo due settimane di Oktoberfest? Un po' con We will rock you e un po' con Hey Jude, si arriva alle 22.30 cioè il terribile momento in cui si smette di spillare birra. Un attimo dopo, le cameriere stanno già pulendo i tavoli e chiudendo le panche. Che malinconia!
Negli anni, amici, famigliari e colleghi hanno condiviso con noi questa divertentissima esperienza tra risate, incidenti, incontri e tanta, tantissima buona birra. Appena recupero un po' di vecchie foto, ne faccio un album da linkare qui. Intanto, in questo video ho montato il conto alla rovescia dell'apertura, qualche ripresa degli anni di mezzo e il finale con Hey Jude di quest'anno.
Bisogna provarlo almeno una volta nella vita!


domenica 13 settembre 2015

Giorni di settembre a Cattolica

Trascorre qualche giorno a Cattolica, meta delle vacanze della mia infanzia, è ormai una tradizione per me e mio fratello, come avete letto qui. Giro il mondo da qualche anno, ma è sempre un piacere tornare alle origini e assaporare la nostalgia, attraversando strade familiari e piccole abitudini.
A fine stagione c'è sempre un'atmosfera un po' malinconica: locali che si chiudono come gli ombrelloni, il buio che arriva presto, alberghi che si svuotano, piazze meno affollate, il lungomare che si prepara al letargo fino alla prossima estate, una cittadina che torna piano ad appartenere solo ai suoi abitanti.
In spiaggia, la clientela dei venditori ambulanti si riduce all'armata delle tenebre, ovvero un esercito di anziani per i quali luglio è troppo caldo e agosto troppo costoso. I poveretti, che girano tra le sdraio carichi di foulard e copricostume, si imbattono in combriccole di signore desiderose di intrattenersi con loro più che di comprare effettivamente qualcosa. Così, le temibili vecchiette tengono in ostaggio per due ore l'immigrato, già sventurato di suo, provando tuniche fiorate e lamentandosi che “L'altro negretto però ce l'aveva anche in fucsia”, scambiandosi opinioni e discutendo della pensione. Se va bene, tirano il prezzo fino a 3 euro e quella cifra per due ore di lavoro è puro sfruttamento.
Beppe Maniglia si è tagliato i capelli e inforca occhiali da lettura per scegliere la base del prossimo pezzo. C'è chi ha avuto il coraggio di protestare perché tiene la musica troppo alta, ma stiamo parlando di un'istituzione: non è estate se non c'è Beppe Maniglia che suona per tutta la riviera. Non scherziamo!

Alloggiamo in un appartamento affittato dalla nostra seconda famiglia, i Giorgi, che ancora ci vedono come i bambini impanati di sabbia che tornavano dalla spiaggia negli anni 80. D'altra parte, ai nostri occhi, anche loro non invecchiano mai e fa impressione incontrare i figli di Pia e Roberto, ascoltare Francesca e Marino che parlano con orgoglio dei loro nipoti. 
Il tempo non si ferma, ma, in certi giorni di settembre, rallenta un po'.
Prendiamo ombrellone e due lettini da Alfio, sempre fedeli. Pranziamo al Cane del Greco, come ogni estate da quando Francesca non cucina più per gli ospiti. Con noi c'è Claudio, altro membro del clan, e amico dei proprietari. Chiacchieriamo di Cattolica, di ricordi e di progetti. Ci piacerebbe avere una maglietta del ristorante con la storia del Cane del Greco.
Passeggiamo tra edicole, fontane e negozi fino al porto e poi in salita fino al comune.

Butto giù qualche appunto da scrittrice sotto un cielo perfettamente blu e regalo copie dei miei libri agli amici romagnoli. 
Penso che, se anche giorno riuscissi a trasferirmi a Bali, tornerei sempre a Cattolica per ricordare come mi sentivo da bambina: strafelice e senza pensieri se non scegliere i gusti del gelato. 
L'anno prossimo, mi porto anche il papà.

martedì 8 settembre 2015

Avorio: un'altra canzone sull'indifferenza

Come ogni mese, trovo nella posta il nuovo numero di National Geographic e non vedo l'ora di tuffarmi in foto d'autore e articoli scritti con la forza e la poesia di romanzi storici.
La copertina è dedicata a un'inchiesta sul traffico di avorio e nell'editoriale, che riporto qui sotto, il direttore spiega di cosa si tratta.
clicca per ingrandire

Se non vi frega degli elefanti (ed è così finché non vi appassionate, per un paio di giorni, agli animali che hanno un nome come Cecil e, a questo punto, basta dare un nome a tutti gli animali così vi indignate e protestate), pensate al fatto che questi traffici finanziano guerre e terrorismo. 

Anche di questo, però, non vi frega molto perché le guerre sono in Paesi che non sapete nemmeno rintracciare con Google Maps sul vostro bel telefono. Temere il terrorismo va un po' più di moda, ma tanto, quando avete scoperto che Isis non è una nuova tassa, ma solo un'organizzazione di fanatici assassini, vi siete sentiti sollevati perché basta non andare in ferie dove mettono le bombe.

Allora pensate al livello successivo: la gente che fugge da quelle guerre e dai terroristi è proprio quella che arriva in Europa con i famigerati barconi e viene sotto casa vostra, chiedendo aiuto. Adesso sì, protestate e vi indignate perché "Non si può, tutti questi negri e arabi nel quartiere. È una vergogna!".

Mi spiace, dovevamo pensarci prima. Almeno centomila elefanti fa.

mercoledì 26 agosto 2015

La grande canzone dell'indifferenza

Dal 1990, ma anche prima e anche dopo...



Grazie, Bob!

I don't mind if you go
I don't mind if you take it slow
I don't mind if you say yes or no
I don't mind at all

I don't care if you live or die
Couldn't care less if you laugh or cry
I don't mind if you crash or fly
I don't mind at all

I don't mind if you come or go
I don't mind if you say no
Couldn't care less baby let it flow
'Cause I don't care at all

Na na na, ...

I don't care if you sink or swim
Lock me out or let me in
Where I'm going or where I've been
I don't mind at all

I don't mind if the government falls
Implements more futile laws
I don't care if the nation stalls
And I don't care at all

I don't care if they tear down trees
I don't feel the hotter breeze
Sink in dust in dying sees
And I don't care at all

Na na na , ...

I don't mind if culture crumbles
I don't mind if religion stumbles
I can't hear the speakers mumble
And I don't mind at all

I don't care if the Third World fries
It's hotter there I'm not surprised
Baby I can watch whole nations die
And I don't care at all

I don't mind I don't mind I don't mind I don't mind
I don't mind I don't mind
I don't mind at all

Na na na , ...

I don't mind about people's fears
Authority no longer hears
Send a social engineer
And I don't mind at all
Non mi interessa se te ne vai
Non mi interessa se te la prendi comoda
Non mi interessa se dici si o no
Non mi interessa affatto

Non mi importa se vivi o muori
Non potrebbe importarmene di meno se ridi o piangi
Non mi interessa se ti schianti o voli
Non mi interessa affatto

Non mi interessa se vieni o vai
Non mi interessa se dici no
Non potrebbe fregarmene di meno, baby, lascia correre
Perché non mi importa affatto

Na, na, na…

Non mi importa se affondi o nuoti
Se mi chiudi fuori o mi lasci entrare
Dove sto andando o dove sono stato
Non mi interessa affatto

Non mi interessa se il governo cade
Attua altre stupide leggi
Non mi importa se la nazione va in stallo
E non mi importa affatto

Non mi importa se buttano giù alberi
Non sento la brezza più calda
Affondo nella polvere in punto di morte
E non mi importa affatto

Na, na, na…

Non mi interessa se la cultura si sbriciola
Non mi interessa se la religione inciampa
Non riesco a sentire gli oratori borbottare
E non mi interessa affatto

Non mi importa se il terzo mondo frigge
La è più caldo, non mi sorprende
Baby, posso guardare intere nazioni morire
E non mi importa per niente

Non mi interessa, non mi interessa, non mi interessa, non mi interessa
Non mi interessa, non mi interessa
Non mi interessa affatto

Na, na, na…

Non mi interessano le paure della gente
L’autorità non ascolta più
Manda un assistente sociale
E non mi interessa affatto

lunedì 17 agosto 2015

Nuova edizione per Di passaggio in Indonesia

POST IN STEREO CON SCRITTI A PENNA

Una lettrice, tempo fa, mi disse che, durante la lettura di Di passaggio in Indonesia, aveva dovuto consultare le mappe su Internet per capire dove mi trovassi, quando citavo una zona del grande arcipelago asiatico.

In effetti, l'Indonesia non è così presente nel nostro immaginario come luoghi più familiari e vicini, di conseguenza, per chi non la conosce, non è facile seguire i miei spostamenti tra le isole di questo diario/guida.
Accogliendo il suo suggerimento, quindi, ho pubblicato una nuova edizione nella quale ho inserito una mappa generale dell'Indonesia e, nei relativi capitoli, quelle delle isole dove sono ambientate le mie avventure.
Questo dimostra che interagire con voi, lettori, mi è sempre utile e, quando posso, sono ben felice di accontentarvi.

Ebook e libro sono già disponibili su Amazon.


sabato 8 agosto 2015

Il club di Ferragosto

Si dice che, per via della crisi, non si vedono più i famosi esodi vacanzieri d'agosto. Eppure le città si spopolano, magari per meno giorni, ma prendono comunque quell'aspetto da villaggio fantasma del far west: serrande abbassate, silenzio, traffico minimo. Mancano solo i cespugli di rovi che rotolano sulle strade polverose.
Mi piace prendere ferie fuori stagione, evitare la ressa, risparmiare e spezzare l'anno in più viaggi. In agosto ho sempre lavorato, al fresco dell'aria condizionata in ufficio e con il parcheggio libero davanti all'ingresso. Quest'anno scrivo, senza distrazioni, nel silenzio del far west.
Tuttavia, restando in città in questo periodo, ho la sensazione di essere esclusa da un club, quello di turisti armati di ombrelloni che migrano verso località di mare. 
Gli amici che frequenti tutto l'anno spariscono, si salutano con un “buone vacanze” e, quando dico che resto in città, mi guardano con compassione, neanche fosse una disgrazia. 
Intere famiglie si preparano ad abbandonare le proprie case come se non dovessero più fare ritorno. Tutti partecipano al grande evento della partenza e imboccano le autostrade intasate, sprezzanti delle code ai caselli e ai banconi degli Autogrill. Nonostante il caldo e i prezzi gonfiati, si godono gelati che si squagliano sui costumi da bagno e affollano i ristoranti vista mare. Impanati di crema solare e sabbia come fritture umane, girano per negozi e si lanciano palloni colorati fotografandosi col cellulare.
C'ero anch'io, da ragazzina, emozionata per la classica partenza intelligente, insieme a dieci milioni di intelligenti che viaggiavano di notte perché le auto non avevano l'aria condizionata. Inseguivo il miraggio dell'unica vacanza dell'anno e non vedevo l'ora di affondare i piedi nella sabbia bollente.
Oggi, aspetto il viaggio con la stessa trepidazione, ma ne ho una concezione diversa. Da bambina desideravo soltanto trascorrere due settimane in ciabatte, adesso la mia voglia di partire è bisogno di scoperta del resto del pianeta e non resisterei più di due giorni nella ressa di agosto.

Conservo ricordi meravigliosi della mia infanzia vacanziera, ma da quando mi sono aperta al mondo, il mondo mi ha cambiata e la vacanza è diventata esperienza. Ho lasciato il club di Ferragosto per il club dell'avventura e non tornerei indietro, nemmeno quando la città deserta mi mette un po' di malinconia.  

venerdì 31 luglio 2015

Alla faccia del viaggio

Tra le pagine salvate nei segnalibri del mio browser, da qualche anno c'era quella del progetto New Horizons della NASA. 
Avevo seguito il lancio della sonda nel 2006 e, sul sito dedicato alla missione, potevo seguirla nel suo lungo viaggio verso Plutone. La mappa della rotta indicava quanta strada avesse percorso, dove si trovasse in quel momento e quanto mancasse all'obiettivo.
L'ho vista passare per Marte, sorvolare asteroidi, eseguire una manovra chiamata "fionda gravitazionale" per prendere più velocità grazie al gigante Giove. Tutta sola nello spazio, la piccola New Horizons è passata accanto a Saturno, Urano e Nettuno. 
Periodicamente inviava foto e dati sulla Terra, come cartoline da mondi lontani. Quanto ho fantasticato sul suo viaggio lontano dal Sole!
È stato emozionante ricevere la notizia che la sonda ha raggiunto la sua meta lo scorso 14 luglio e ci sta raccontando qualcosa su Plutone, un pallino nel nostro sistema solare che gli scienziati non sanno ancora se chiamare pianeta. 
È così che vorrei vedere l'umanità impiegare la propria intelligenza: facendo scoperte, esplorando, studiando, imparando. Troppo spesso sprechiamo le nostre risorse nei modi più sbagliati, troppo spesso diamo all'universo il peggio di noi. Qualche volta, però, facciamo qualcosa di interessante. Penso che se convertissimo le spese militari mondiali in progetti per la salvaguardia del nostro pianeta e l'esplorazione dello spazio, potremmo forse diventare una razza civile e vivremmo tutti meglio.

venerdì 24 luglio 2015

Il lago perduto

La scoperta che esiste un mondo fuori di casa, ai miei tempi, cominciava sfogliando l'atlante. Era un librone alto e pesante quanto i bambini che lo ricevevano in regalo per studiare geografia, solitamente un'edizione De Agostini ordinata per posta.
Si viaggiava tra le pagine puntando il dito sui luoghi con i nomi più strani, seguendo le forme dei continenti, imparando a memoria le capitali, misurando le distanze con due dita dopo aver preso a campione la linea della scala in fondo alla pagina. Si giocava a trovare il monte più alto, il fiume più lungo, il punto più profondo del mare. Le ore volavano tra quelle mappe meravigliose.
Mi ricordo anche quanto mi piacesse quel lago a forma di goccia che spiccava sul paesaggio brullo di un gigantesco territorio che, allora, si chiamava URSS. Era una grossa macchia blu sullo sfondo color deserto di regioni dai nomi strani. Si chiamava lago d'Aral, ma era grande come un mare eppure lontano da tutti gli altri mari. Una stranezza.
Gli anni passano, l'atlante si consuma e finisce nella spazzatura. Avevo quasi dimenticato quel lago, quando sul numero di giugno di National Geographic trovo un articolo che ne parla. 
Così scopro questo:
clicca sull'immagine per ingrandirla

Quella bellissima goccia blu che dava un tocco di colore a un paesaggio arido è scomparsa. Il lago d'Aral è morto, anzi, è stato assassinato. Si è prosciugato perché il corso dei due fiumi che lo alimentavano è stato deviato in canali per l'irrigazione. Senza l'originario apporto d'acque, il lago si è trasformato in un deserto di terra e sale, spazzato da venti e turbini che sollevano la polvere in spaventose tempeste. 
A parte la mia delusione sentimentale, questo è un altro disastro ambientale causato dall'uomo e non si tratta di un incidente imprevisto. Quando fu progettata la rete d'irrigazione che avrebbe ucciso il lago, i sovietici sapevano perfettamente a quali conseguenze avrebbe portato. L'omicidio è stato quindi premeditato e volontario. Ci sono foto di navi in secca in mezzo a un deserto dove un tempo si pescava e si navigava. I pescatori hanno perso tutto, qualcuno è diventato un agricoltore forzato.
La storia è piena di scelte umane catastrofiche e il pianeta ne porta i segni come cicatrici. Chissà quante altre azioni sciagurate si stanno consumando mentre scrivo queste righe e nessuno ce lo racconta. 
Non so se i bambini di domani sfoglieranno atlanti o vedranno il mondo solo via Internet, ma ho paura che le mappe del futuro saranno una grande anonima distesa grigia. Niente di interessante da osservare, niente più verde per le foreste e nessuna goccia blu in quei luoghi dal nome strano.

mercoledì 8 luglio 2015

giovedì 25 giugno 2015

Come sono diventata una viaggiatrice

Kalimantan 2013, comincia a piovere
Ho sempre avuto il senso pratico e l'agilità di un quadrello di marmo.
Quando in cortile si facevano i giochi a squadre, io ero l'handicap: una squadra aveva il sole negli occhi, l'altra aveva me; una squadra giocava in salita (perché la rete di pallavolo era il cancello dei box) e l'altra aveva me. Insomma, ho sempre usato meglio la penna che le scarpe, ho l'animo artistico.
Poi un giorno, mi sono ritrovata nella giungla del Borneo, sotto un temporale, con l'acqua alla vita e uno zaino fradicio sulle spalle. Com'è successo?
Hannibal Lecter chiedeva a Clarice come cominciamo a desiderare, le spiegava che il desiderio nasce da ciò che osserviamo ogni giorno. Quindi, cosa ho osservato tanto da far nascere il mio desiderio di viaggiare? Documentari e libri d'avventura, gente con le valigie nelle stazioni che aspettavano un treno per chissà dove, aerei che passavano in cielo. Voglio partire anch'io, voglio vedere quei luoghi con i miei occhi, voglio vivere le avventure dei reporter e dei personaggi nei libri, pensavo.
All'epoca del mio primo viaggio intercontinentale, i voli avevano prezzi esorbitanti e io uno stipendio misero. Viaggiare è anche sacrificio, così, l'imbranata del cortile ha cominciato a risparmiare, su tutto, e alla fine è partita. 
Basta un piccolo passo, il primo, poi ci si rende conto che è possibile vivere come nei libri. Il mondo è bellissimo, è lì che ci aspetta, a un solo passo di distanza tra il nostro quotidiano e un desiderio. Fatto quel primo passo, non mi sono più fermata e, anzi, ho cominciato a correre in giro per il pianeta. Paura, pigrizia, mancanza di soldi: tutti ostacoli superabili.
Oggi esistono voli e alloggi low cost, con un po' di oculatezza si arriva anche lontano, ma non è necessario fare migliaia di chilometri. Un viaggio è un viaggio anche se scendi alla prossima fermata del treno, basta farlo con lo spirito giusto.
Da lontano, dalla sicurezza delle nostre casette, ci facciamo scoraggiare da mille timori infondati, da mille pregiudizi inculcati da cattiva o scarsa informazione. I pericoli che si corrono viaggiando, sono gli stessi che ci aspettano sotto casa, quindi non ha senso temere di esplorare il resto del mondo. Certo, se prenoti un volo per una zona di guerra sei un pirla, ma mi riferisco all'immotivata diffidenza verso culture diverse e ambienti selvaggi.
Quando sei là, nel luogo che da casa ti sembrava irraggiungibile, scopri che la vita è molto più semplice di quanto ti aspettassi: la gente ti capisce anche se parli male la sua lingua; un tragitto scomodo può portarti a una meta di tale bellezza da farti dimenticare la fatica; osservare un animale selvatico, libero nel suo ambiente naturale, è un'emozione impagabile; assaggiare i piatti tipici ti introduce alla cultura locale; perdersi in un Paese straniero diventa occasione di incontri e scoperte; chiedere consiglio agli abitanti del luogo è molto più istruttivo e interessante che consultare una guida; sostenere la salvaguardia della natura e trattarla col massimo rispetto è un gesto che la natura ricambia con la meraviglia.

Marocco 2007, alba nel Sahara
Quando mi hanno chiesto che diavolo c'era da vedere nel deserto, ho capito di avere di fronte una persona dalla mente più ristretta di un caffè del distributore automatico. Vai! Vai a vedere quanto è bello il deserto con le sue forme e i suoi colori, con le notti stellate e le impronte di animaletti nella sabbia, quanto è bello svegliarsi tra le due e bere un tè alla menta, mentre sorge il sole. Oppure resta a casa a guardare la tv, al sicuro, finché non ti colpisce un meteorite.


Insomma, quella che non prendeva un pallone nemmeno se glielo tiravano in faccia, è cresciuta, è diventata più esperta e si è spinta oltre i propri limiti. A casa, mi viene il fiatone dopo otto scalini, ma in viaggio posso camminare per ore nella giungla, nel deserto, su un vulcano, senza sentire la fatica perché incantata dallo splendore che mi sta intorno. Sì, mi sono capitati un sacco di incidenti, grazie alla mia goffaggine, ma cosa sono una caviglia dolorante, un po' graffi e tagli, qualche livido, gli indumenti pieni di fango e un paio di sanguisughe nella maglietta, se poi mi porto dentro i ricordi di straordinarie avventure?  

sabato 13 giugno 2015

Uganda e Guyana, paesaggi da scoprire

Questo 2015, a parte la bellissima esperienza con le Cavallette in Kenya, sarà un po' povero di viaggi a causa di altre spese programmate. Per consolarmi, però, sto già raccogliendo le idee per l'anno prossimo e, tra le innumerevoli ispirazioni che mi offre il pianeta, ce ne sono due che voglio condividere: Uganda e Guyana. Come sempre, scelgo mete che mi permettano di osservare la natura selvaggia in tutto il suo splendore e si tratta di viaggi all'insegna dell'avventura.

Uganda. Incantata dalle foto del viaggio di nozze di un'amica, ho scoperto questo meraviglioso scorcio d'Africa. 
Pensando all'Uganda, mi vengono subito in mente i gorilla, animali splendidi e misteriosi che si muovono tra le ombre di una fitta foresta. Si trovano nel Bwindi Impenetrable National Park che ospita la metà dei pochi Gorilla di Montagna rimasti sulla terra. I gorilla del parco, chiamati "gorilla Bwindi", sono divisi in gruppi, vivono in completa libertà e sono controllati dai progetti di ricerca della comunità scientifica.
Questo parco è anche considerato un paradiso per gli amanti del birdwatching perché vi si trovano ben 348 specie di uccelli. Se non bastasse, ci sono 120 specie di mammiferi, 202 specie di farfalle, 163 specie di alberi, 100 specie di felci, 27 specie di rane, camaleonti e gechi.
L'Uganda offre ai viaggiatori una gran varietà di paesaggi da esplorare, modellati dalla storia geologica della zona: montagne, laghi, fiumi, cascate, giungla equatoriale e savana. 
La catena montuosa di Ruwenzori, per esempio, è nata da un unico blocco di crosta terrestre sollevato da forze titaniche e le sue cime superano tranquillamente i 4mila metri, separando l'Uganda dal Congo.
La Fossa Albertina, invece, è il ramo occidentale della Rift Valley, la cicatrice che attraversa l'Africa per migliaia di chilometri, dalla Siria al Mozambico. Questa gigantesca spaccatura tra le placche tettoniche, osservata anche in Kenya, ha separato individui della stessa specie che si sono evoluti dalla preistoria in maniera differente perché si adattassero alle diverse condizioni dei due versanti: uno umido e piovoso, ricoperto di foreste; l'altro più secco, caratterizzato da savana e prateria. Gli antenati della giraffa che troviamo nella savana, al di là della fossa Albertina sono più piccoli, più adatti a vivere nella foresta e assomigliano a grossi cervi.
Un viaggio tra le riserve protette dell'Uganda può, quindi, portarci dai trekking in montagna a escursioni in barca sul Nilo Bianco, dalle isole nel Lago Vittoria ai safari fotografici nella savana dei parchi.
Il Kibale National Park è famoso perché ospita la più alta varietà e concentrazione di scimmie dell'Africa orientale, ma anche uccelli e numerosissime farfalle. Il Queen Elizabeth National Park include la foresta di Maramagambo e parte del lago Edward. Il paesaggio comprende savana, foresta pluviale, paludi e numerosi coni e crateri vulcanici. La fauna è costituita da coccodrilli del Nilo, ippopotami, elefanti, leopardi, leoni, scimpanzé, facoceri, bufali e antilopi kob. Qui i leoni hanno la particolare abitudine (osservata solo in pochissime altre zone dell'Africa) di arrampicarsi sugli alberi.

Guyana. Al di là dell'Atlantico, un'altra foresta ha attirato la mia attenzione. Vi avevo già parlato del fascino dell'Amazzonia, ma non avevo mai pensato di entrarci da altri Paesi, se non seguendo il classico percorso dal Brasile. La Guyana, per esempio, un'ex colonia contesa tra inglesi e olandesi, oggi repubblica indipendente, può essere un'interessante alternativa.
In una puntata di River Monsters ho scoperto lo sperduto villaggio di Rewa e, facendo qualche ricerca sul web, ho trovato un eco-lodge(strutture per il turismo eco-sostenibile alle quali mi sono già affidata in altri Paesi) gestito proprio dagli abitanti del villaggio, tra i fiumi Rewa e Rupununi. 
È raggiungibile solo in barca, come il Rimba in Borneo, e offre una serie di attività per gli amanti della natura selvaggia: dal birdwatching alle camminate, dalle gite in canoa a piccole crociere sui fiumi alla scoperta di giaguari, tapiri, capibara, armadilli, caimani, tartarughe giganti, puma, anaconde e una gran varietà di uccelli colorati. 
Si può esplorare un'area forestale completamente disabitata dove gli animali non temono l'uomo ed è quindi più facile avvistarli. È inoltre possibile visitare il villaggio per conoscere gli usi e la cultura della popolazione amerinda della zona.

Sono due viaggi piuttosto costosi, la Guyana per il volo e l'Uganda per gli ingressi ai parchi, ma, citando un'amica (che però parlava di comprare un paio di scarpe) meglio uno molto bello che dieci di bassa qualità.
Quindi, qualche mese di cinghia stretta e poi via verso nuove strabilianti avventure!

venerdì 5 giugno 2015

Disavventure e belle sorprese

Ci sono molti modi di viaggiare:in auto, in treno, in aereo, a piedi, in moto, in bicicletta, con la fantasia e attraverso i racconti di altri viaggiatori. Vi ho parlato spesso dei libri di viaggio che mi sono piaciuti e mi hanno ispirato, ma ce ne sono due, nella mia personale biblioteca, che mi hanno fatto venire voglia di coinvolgere altri viaggiatori in un gioco di ricordi.


“Era meglio se stavo a casa!” e “Dove sono finito? Storie inaspettate da luoghi inaspettati” sono raccolte dei racconti di viaggio di scrittori, giornalisti e avventurieri che trattano due diversi temi: il primo è un'antologia di disavventure ed esperienze disastrose; il secondo è una collezione di momenti di “disorientamento” per la bellezza, la stranezza o la particolarità di un luogo o di una situazione incontrati durante un viaggio. Mi sono divertita molto nel leggere queste esperienze di sciagure e belle sorprese, così ho pensato a quali, tra i miei ricordi, avrebbero potuto far parte di queste due raccolte e, allo stesso tempo, mi è venuta voglia di sentire altre storie del genere.

Ho quindi pensato di raccontare i miei due momenti e invitare altri viaggiatori a raccontarmi i loro. Mandatemi i vostri ricordi per “Era meglio se stavo a casa!” e “Dove sono finito?” all'indirizzo simopassacc@gmail.com , magari corredati da una foto e, se avete un blog, aggiungete il vostro link. Pubblicherò un post (o più di uno se dovesse servire più spazio) con tutte le vostre disavventure e belle sorprese in modo da continuare il gioco di ricordi cominciato con questi libri.
In attesa delle vostre storie, ecco le mie.

“Era meglio se stavo a casa!” Devo dire che mi è capitato raramente di pensarlo perché, anche nei momenti peggiori, un viaggio è sempre un'emozione irrinunciabile. Sono quasi stata trascinata via dalla corrente di un fiume a Sumatra, mi sono slogata una caviglia cadendo da un marciapiede a Bali mentre stavo per partire per l'Australia, sono stata in pronto soccorso ad Adelaide per un'infezione, ho letteralmente nuotato nella foresta del Borneo durante un acquazzone con l'acqua alla vita e lo zaino fradicio sulle spalle, ma niente di tutto questo mi ha fatto apprezzare meno quelle mete. 
Un momento, però, in cui davvero non vedevo l'ora di andarmene è stato durante una notte a Medan nel 2010, prima del volo da Sumatra a Bali. Quella è stata una notte infernale, trascorsa in una piccola stanza d'albergo in un sottoscala senza finestre, con un caldo insopportabile, la tv del custode alla reception (al di là della parete del letto) che andava a tutto volume nonostante le nostre lamentele, la camera sudicia che puzzava di muffa, un bagno impossibile da descrivere. Pregavo che arrivasse presto l'alba per andarmene in aeroporto. Preferisco mille volte dormire nel fango della giungla che nella sporcizia di città. Per fortuna, è stato solo per una notte e non ho pensato a fotografare quel luogo da incubo per mostrarvelo: volevo solo scappare!

“Dove sono finito?” Nel 2013, atterrati in Kalimantan, la parte indonesiana dell'isola del Borneo, io e il TdC abbiamo trovato Ponco, la nostra guida locale, ad attenderci in aeroporto. Per raggiungere la nostra sistemazione in mezzo alla giungla, ci aspettava un lungo percorso sul fiume, ma la barca non era ancora pronta. Per passare il tempo, Ponco ci ha proposto di fare tappa al matrimonio di un suo amico. Immaginate noi due, in arrivo da 14 ore di volo dall'Italia, dopo una notte a Jakarta e un altro volo, in sandali e occhiaie, già sudati per il clima tropicale, imbucati a un matrimonio musulmano tra sconosciuti. La festa era aperta a tutto il villaggio e alle 11 del mattino il buffet di piatti tipici era già aperto. Siamo stati accolti con grande gentilezza e ospitalità da donne in abiti bellissimi e uomini eleganti che, però, non facevano caso al nostro abbigliamento, forse perché era già abbastanza strano trovare degli occidentali alla cerimonia. Anzi, ci hanno trattati da vip, visto che la coppia, insieme ai genitori degli sposi, ha insistito per farsi fotografare con noi sul palco. Nella foto palesemente ci stiamo domandando Dove sono finito?


mercoledì 3 giugno 2015

Roma: gladiatori, maghi e ingegneri nucleari

vista dai Fori Imperiali
Eccomi di ritorno da un lungo e intenso weekend a Roma, la città eterna. Ovviamente, in tre giorni io la Nico, compagna di viaggetto, non siamo riuscite a vedere tutto quello che offre questa storica metropoli, ma qualcosina da raccontarvi ce l'ho.
Mettetevi comodi.
Mentre il treno alle 11.15 entrava nella stazione Termini, mi ha telefonato il mio ex capo francese, Thibaut, che ormai vive a Roma da oltre due anni ed è anche per incontrare lui che abbiamo scelto questa meta. Ci chiede se abbiamo impegni per pranzo e la risposta è stata: "No, ma vogliamo assolutamente mangiare pasta cacio e pepe".

venerdì 29 maggio 2015

Roma arrivo!

Vi avevo appena raccontato quanto ammirassi l'ingegneria degli antichi romani, che mi si è presentata l'occasione di trascorrere un weekend lungo proprio nella capitale. Da domani a lunedì sarò a Roma con Nicoletta, la mia ex compagna di scrivania al lavoro, quindi aspettatevi cronaca e foto al mio ritorno. Certo, sono pochi giorni per godersi una città che, come diceva un'altra collega originaria proprio di Roma, "non è 'na città, è 'n'emozione". Spero perciò di tornarci con più tempo a disposizione, ma sarà comunque una bella esperienza.
La partenza è prevista da Milano domattina alle 8.00 in treno. Per queste date ho trovato più conveniente Italo piuttosto che Frecciarossa, l'avevo già preso per il Capodanno a Napoli e mi sono trovata molto bene. A differenza dell'aereo, il treno ti porta già in centro città e, considerando gli spostamenti da e per gli aeroporti, il check-in e le attese, diventa vantaggioso anche in termini di tempo. Bagaglio leggero come sempre e un hotel a dieci minuti dalla stazione prenotato con Booking completano i preparativi. Le previsioni meteo sono da mezza estate, quindi tornerò anche con un po' di colore addosso, giusto per togliere il grigiore padano.
Ora mi prendo qualche riga per vantarmi, informandovi che la presentazione dei miei libri è andata molto bene. Sul mio sito da scrittrice trovate l'articolo che ne parla e qualche foto dell'evento.
A presto!

venerdì 22 maggio 2015

Ispirazione 10

Dedicata ai miei compagni di viaggio

I have slept beside the winter, and the green is growing slow
I have watched you find the places hidden by the snow
I have tripped into a valley that is blue till you can see
I want you to come walk this world with me

With the light in our eyes, it's hard to see
Holding on and on till we believe
With the light in our eyes, it's hard to see
I'm not touched but I'm aching to be
I want you to come walk this world with me

And I'm sucked in by the wonder and I'm fucked up by the lies
And I dig a hole to climb in and I build some wings to fly
And I think that I could love you 'cause you know how to be free
I want you to come walk this world with me

With the light in our eyes, it's hard to see
Holding on and on till we believe
With the light in our eyes, it's hard to see
I'm not touched but I'm aching to be
I want you to come, I want you to come
I want you to come walk this world with me

And it's burning in our fingers and it's burning on the road
And I like the way you're broken and I'll like you when you're old
And I see you in the garden and I feel you plant the seed
I want you to come walk this world with me

With the light in our eyes, it's hard to see
Holding on and on till we believe
With the light in our eyes, it's hard to see
Holding on and on till we believe
With the light in our eyes, it's hard to see
Holding on and on till we believe
I'm not touched but I'm aching to be
Dust to dust, ah dream to dream
I want you to come, I want you to come
I want you to come walk this world with me

Heather Nova, Walk this world

sabato 16 maggio 2015

Sugar Man

Tra i regali per i miei 40 anni, c'erano due biglietti per il concerto di Rodriguez. Ci sono stata ieri sera. 
Vi avevo già consigliato, in passato, di guardare il film documentario Searching for Sugar Man che nel 2013 ha vinto l'Oscar, perché vale la pena di scoprire l'incredibile storia di questo musicista. Il film racconta l'indagine di un suo grande fan sudafricano che si era messo in testa di svelare il mistero dietro due album che negli anni 70 vendevano più dei Beatles in quel Paese isolato dal resto del mondo per via dell'apartheid. Proprio per questo, Rodriguez non ha mai saputo di essere diventato una star, ispirando i giovani bianchi liberali a ribellarsi al sistema attraverso la musica, mentre negli Stati Uniti, dove viveva, era rimasto uno sconosciuto. Circolavano diverse leggende in Sudafrica su che fine avesse fatto l'idolo di una generazione: si diceva che si fosse suicidato, sparandosi o dandosi fuoco davanti al pubblico durante un concerto. Nessuno conosceva la verità.
Chi lavorò con Rodriguez a quegli album straordinari, Cold Facts e Coming from reality, non si spiega il motivo di un tale flop negli USA, dal momento che i suoi pezzi erano pura poesia di strada messa in musica. Le sue canzoni raccontavano storie di prostitute e spacciatori, criticavano il sistema e la politica, parlavano della miseria nelle strade di Detroit. I suoi vecchi produttori dicono che allora c'era solo un altro cantautore che scriveva in quel modo: Bob Dylan. Forse, ipotizzano, il fallimento fu causato dal suo nome che tradiva le origini messicane e faceva storcere il naso al pubblico. 
In ogni caso, Sixto Rodriguez abbandonò il suo sogno e trascorse la vita spaccandosi la schiena nei cantieri edili, mentre un discografico senza scrupoli faceva sparire i soldi che arrivano a palate dal Sudafrica.
Ha condotto una vita semplice e umile, ma mantenendo sempre l'animo romantico che traspare dalla sua musica. Portava le figlie nei musei, alle mostre, nelle biblioteche per insegnare loro che essere poveri non significava necessariamente diventare persone ignoranti o disoneste.
Quando finalmente il fan sudafricano, che stava conducendo la ricerca su di lui, l'ha trovato e gli ha raccontato la verità sul suo successo segreto, chiunque al posto di Sixto si sarebbe infuriato con chi l'aveva truffato. Rodriguez, invece, si è comportato da vero signore. Non gli è mai importato del denaro e si è limitato a sorridere, con l'espressione serena di chi è in pace con se stesso e pensa che nella vita siano altri i valori importanti.
Invitato a tenere un concerto in Sudafrica nel 1996, sold out per una serie di date, riprende la carriera di musicista. Nonostante ottenga finalmente il riconoscimento che merita, Rodriguez continua a vivere nella sua casa scassata, donando tutti i suoi guadagni a famiglia e amici.

venerdì 8 maggio 2015

Cose antiche

L'archeologia mi ha sempre appassionata. Ho divorato libri su antichi misteri, documentari sulle grandi civiltà del passato e i film di Indiana Jones sono tra i miei preferiti fin da bambina.
Visitare un sito archeologico mi fa pensare a chi l'ha costruito, immagino scene di vita dell'epoca e fantastico sulle storie degli archeologi che, tra mille difficoltà, riportano alla luce questo patrimonio inestimabile in ogni parte del mondo. È emozionante trovarsi davanti a qualcosa che è sopravvissuto per secoli, conservando il suo fascino e raccontando storie di popoli che non ci sono più. D'altra parte, mi rattrista riflettere su quanto abbiamo distrutto e perduto per imporre una cultura diversa o per far passare un'autostrada. Certi misteri rimarranno irrisolti.
Riprendo dai miei viaggi il ricordo di alcuni siti che mi hanno fatto viaggiare indietro nel tempo.

venerdì 1 maggio 2015

L'alfabeto dei miei viaggi

In questo periodo gira una specie di giochino tra gli scrittori: usare l'alfabeto per descrivere il proprio stile di scrittura. 
Ognuno ha pubblicato sul proprio blog o sito un elenco di parole che lo definisce per poi condividerlo e discuterne con lettori e colleghi. L'ho scoperto perché seguo Penna Blu che mi insegna sempre qualcosa di utile.
Considerandomi ancora un'apprendista scrittrice, le mie definizioni sono ancora (forse lo saranno sempre) in progress, quindo ho preferito applicare il gioco ai viaggi.
Ecco il mio personale alfabeto del viaggiatore:

A come Avventura
Ogni volta che si parte, qualunque sia la meta, è sempre un'avventura. Si va in un luogo mai visto o si torna in un luogo conosciuto, ma ogni viaggio è diverso. Non sono una grande sportiva (nemmeno una piccola, in realtà) eppure mi sono spinta dentro foreste, ho attraversato fiumi, ho scalato vulcani e piramidi solo per il piacere di trovarmi lì.
B come Barbuna
Ovviamente

domenica 26 aprile 2015

Un invito per tutti

Alcuni lo chiamano DPM, disturbo da personalità multipla, perché ho una tripla vita: impiegata, viaggiatrice e scrittrice. Tranquilli, però, non sono pericolosa, almeno finché non mi viene fame. Sono, invece, carina e gentile per il resto del tempo e infatti la mia terza personalità

 invita con piacere tutti voi alla presentazione dei mie libri 
che si terrà il 24 maggio ore 11.00
alla Fabbrica del Vapore in via Procaccini,4 a Milano


A questo link trovate le indicazioni per arrivarci.
Parlerò dei primi due episodi della saga di Legione, un misto di storia e fantascienza, ma ci sarà spazio anche per il mio diario di viaggio Di Passaggio in Indonesia. Tutti disponibili sia in formato ebook che in edizione cartacea su Amazon, ma ci sarà qualche copia per l'acquisto anche durante l'evento e potete portare le vostre per una dedica.
Dopo presentazione e intervista, ci sarà un piccolo buffet e so che con questo vi ho convinti a partecipare. Vi aspetto!