Trascorre
qualche giorno a Cattolica, meta delle vacanze della mia infanzia, è
ormai una tradizione per me e mio fratello, come avete letto qui.
Giro il mondo da qualche anno, ma è sempre un piacere tornare alle
origini e assaporare la nostalgia, attraversando strade familiari e
piccole abitudini.
A
fine stagione c'è sempre un'atmosfera un po' malinconica: locali che
si chiudono come gli ombrelloni, il buio che arriva presto, alberghi
che si svuotano, piazze meno affollate, il lungomare che si prepara
al letargo fino alla prossima estate, una cittadina che torna piano
ad appartenere solo ai suoi abitanti.
In
spiaggia, la clientela dei venditori ambulanti si riduce all'armata
delle tenebre, ovvero un esercito di anziani per i quali luglio è
troppo caldo e agosto troppo costoso. I poveretti, che girano tra le
sdraio carichi di foulard e copricostume, si imbattono in combriccole
di signore desiderose di intrattenersi con loro più che di comprare
effettivamente qualcosa. Così, le temibili vecchiette tengono in ostaggio per due ore
l'immigrato, già sventurato di suo, provando tuniche fiorate e
lamentandosi che “L'altro negretto però ce l'aveva anche in
fucsia”, scambiandosi opinioni e discutendo della pensione. Se va
bene, tirano il prezzo fino a 3 euro e quella cifra per due ore di
lavoro è puro sfruttamento.
Beppe
Maniglia si è tagliato i capelli e inforca occhiali da lettura per
scegliere la base del prossimo pezzo. C'è chi ha avuto il coraggio
di protestare perché tiene la musica troppo alta, ma stiamo parlando
di un'istituzione: non è estate se non c'è Beppe Maniglia che suona
per tutta la riviera. Non scherziamo!
Alloggiamo
in un appartamento affittato dalla nostra seconda famiglia, i Giorgi,
che ancora ci vedono come i bambini impanati di sabbia che tornavano
dalla spiaggia negli anni 80. D'altra parte, ai nostri occhi, anche
loro non invecchiano mai e fa impressione incontrare i figli di Pia e
Roberto, ascoltare Francesca e Marino che parlano con orgoglio dei
loro nipoti.
Il tempo non si ferma, ma, in certi giorni di settembre, rallenta un
po'.
Prendiamo
ombrellone e due lettini da Alfio, sempre fedeli. Pranziamo al Cane
del Greco, come ogni estate da quando Francesca non cucina più per
gli ospiti. Con noi c'è Claudio, altro membro del clan, e amico dei
proprietari. Chiacchieriamo di Cattolica, di ricordi e di progetti.
Ci piacerebbe avere una maglietta del ristorante con la storia del
Cane del Greco.
Passeggiamo
tra edicole, fontane e negozi fino al porto e poi in salita fino al
comune.
Butto
giù qualche appunto da scrittrice sotto un cielo perfettamente blu e
regalo copie dei miei libri agli amici romagnoli.
Penso che, se anche
giorno riuscissi a trasferirmi a Bali, tornerei sempre a Cattolica
per ricordare come mi sentivo da bambina: strafelice e senza pensieri
se non scegliere i gusti del gelato.
L'anno prossimo, mi porto anche
il papà.
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