Sapete che il genere umano non mi piace granché, ma
la Natura ha munito alcune persone di doti favolose. Per esempio ha donato il
genio a Leonardo Da Vinci, Tesla ed Einstein; il coraggio agli esploratori come
Scott e Shackleton, la fantasia e l’abilità ai miei scrittori preferiti di
libri e fumetti; il talento ai musicisti che amo. A Chris Cornell la Natura ha
regalato una voce straordinaria e un fascino che, ieri sera a Verona, hanno rapito
tutti i presenti.
Due ore e passa di splendido live acustico. Il
Teatro Romano è un ottimo sito perché le dimensioni ridotte permettono una
visuale perfetta da ogni lato, un’acustica magnifica e un’aria intima
nonostante i posti esauriti. Eravamo tutti intorno a Cornell che ha offerto uno
spettacolo tra i migliori che abbia mai visto e io ne ho visti davvero tanti. Completamente
solo sul palco ci ha davvero impressionato: senza scenografia se non un tappeto,
con poche luci non invadenti, qualche chitarra di ricambio e una voce straordinaria.
Sembrava lui stesso sorpreso ed eccitato dall’atmosfera che si è creata. Spesso
l’intero pubblico seguiva in silenzio per godersi quell’incanto e dopo ogni
canzone esplodeva un lungo applauso pieno di urla appassionate e rombo di
scarpe sulle gradinate.
In certi momenti allargavo lo sguardo e mi rendevo
conto di dove mi trovassi: seduta su pietre posate dai romani, in una notte d’estate
con la luna alta nel cielo eclissata di tanto in tanto da nuvole di passaggio,
avvolta dal suono della chitarra e dal canto appassionato di Chris Cornell. Che
spettacolo!
Avrebbero mai immaginato i romani, quando hanno
costruito quel teatro, che un sacco di secoli dopo sarebbe stato invaso da
almeno 300 iphone che riprendevano Chris Cornell? Parecchi spettatori hanno
seguito lo show attraverso quegli stupidi schermini invece che goderselo. Ecchecacchio!
Hai davanti Chris Cornell e pensi solo a filmarlo?? Guardalo in faccia!
Ascoltalo!
Nonostante questo, Chris, sicuramente più tollerante di me, è stato
molto soddisfatto della platea. Tutti gli artisti stranieri sono felici di
suonare in Italia perché siamo un pubblico caldo e partecipe che li fa sentire
davvero apprezzati.
Con me c’era mio fratello (forse gli unici due con
cellulari vecchia maniera, quelli che servono per telefonare!) e insieme
ricordavamo come Chris fosse un mezzo barbone ai tempi d’oro dei Soundgarden,
mentre oggi è un artista maturo e di gran classe. Certo, l’animo grunge è
rimasto nell’abbigliamento da bidone di beneficienza, ma è un uomo a mio parere
così attraente e particolare che non ha bisogno di fronzoli per ammaliare.
Ha suonato pezzi dai suoi album solisti, ma anche
versioni acustiche di brani dei Soundgarden, Audioslave e, con grande
apprezzamento del pubblico, dei Temple of the Dog (capolavoro quell’album!) e qualche
cover compresa
Billie Jean di Michael Jackson. Al primo accenno di
HungerStrike l’intero teatro è stato percorso da un brivido e pelle d’oca per tutta
la canzone! Bravissimo per tutto il tempo, a voce bassa, acuta, roca, pulita, sussurrando
o urlando: Chris Cornell è un cantante straordinario e appassionante.
Durante la serata ha anche parlato moltissimo, ha introdotto
ogni canzone, scherzato con il pubblico, raccontato aneddoti rivelandosi, oltre
che bravo e bello, anche simpatico. Presentando
una cover dei Pink Floyd ha detto “Questo pezzo è stato scritto da un tizio di
nome Syd Barrett che è stato buttato fuori dai Pink Floyd per problemi di
droga. Ora, quanta droga ti devi fare per farti cacciare dai Pink Floyd??” e
più tardi, per restare in tema di eccessi ha scherzato sul suo insano passato raccontando
che quando aveva 24 anni ha girato parecchio l’Italia in concerto con i
Soundgarden “Non è che mi ricordi molto di quello che ho fatto dai 24 ai 27
anni, ma sono certo di avere dei bellissimi ricordi dell’Italia!”.
Ieri sera c’era anche la semifinale degli Europei
Italia-Germania (non mi piace il calcio, ma quando gioca la nazionale siamo
tutti un po’ orgogliosi) e Cornell lo sapeva “Mi hanno dato il permesso di suonare
fino a mezzanotte per non disturbare i vicini qui intorno, ma se vince l’Italia
credo che possiamo fare casino anche fino a tardi!”. Ovviamente alla fine della
partita c’è stata un’ovazione per la vittoria dalle gradinate al palco, ma per
il resto Chris è stato il centro dell’universo per più di due ore.
Tra i poveracci come me e Sté che hanno pagato il
biglietto 30 euro e quelli che l’hanno pagato 40 e rotti, c’era un cordone che
ci relegava alle gradinate più alte (ottima posizione comunque, visto che il teatro
è piccolo), ma, quando Cornell è uscito per il bis, qualcuno si è infilato
sotto il cordone seguito da un altro, un altro e alla fine siamo scesi tutti
sotto il palco come una valanga umana. Il concerto stava per finire quindi
valeva tutto! Correndo giù dalle scale sono caduta due o tre volte, ma tanto mi
reggevo alla folla intorno. Tutti ai piedi di Chris a cantare Black Hole Sun a
squarciagola sperando che non finisse mai, tutti ammassati e sudati come ai
grandi concerti di quando ero ragazzina. E come una ragazzina stavo lì a pochi
passi dalla star tutta emozionata. Oh quanta nostalgia per quegli anni sconsiderati
e fantastici! Li ricordo bene e, battute a parte, anche Cornell li ricorda
eccome! Dalle casse prima del concerto è uscita Nobody’s fool dei Cinderella e io
e Sté eravamo quasi commossi. Diavolo, sei vecchio quando vorresti tornare
adolescente!
Una notte davvero grandiosa da ogni punto di vista.
(nei link dell'articolo qualche video della serata, quindi grazie comunque ai tizi con l'iphone)
Per finire voglio spendere due parole riguardo l’opener
della serata. Stando alle locandine avrebbe dovuto esibirsi un duo jazz e non
ero entusiasta perché, pur apprezzando la bravura dei jazzisti, ero abbastanza
sicura di scoglionarmi. Invece alle 21 è salito sul palco un ragazzo in jeans e
t-shirt bianca che si è messo in un angolo con la sua chitarra e ha iniziato a
suonare e cantare i suoi pezzi. All’inizio il pubblico ha accolto lo
sconosciuto con un applauso educato, ma poi ci siamo resi conto che, accidenti,
è proprio bravo! L’Italia ha segnato verso la fine di una sua canzone e il
teatro è esploso in un boato che pareva la finale dei mondiali. Al ragazzo è
venuto un colpo perché ha pensato che l’esultanza fosse per lui. Qualcuno poi
deve averglielo spiegato così ha presentato un altro pezzo dicendo “This is a
song about death… to germans”, ha sorriso ed ha cominciato a suonare. Nel suo
breve show di mezzora ha inserito anche una cover di Bruce Springsteen
chiamando a cantare con lui una ragazza, anche lei bella voce. Questo tizio è stato
una sorpresa davvero piacevole e interessante (solo oggi ho scoperto che si
tratta di un certo Paul Freeman, da tenere in considerazione per il futuro). Dopo
aver suonato è sceso dal palco ed è passato davanti al pubblico uscendo, l’abbiamo
applaudito e acclamato sinceramente, dopo la figura fatta con il gol. È passato
di nuovo con bibita e panino e abbiamo pensato “Ma non gli hanno dato nemmeno
un camerino e qualcosa per cena? E avrà dovuto pagare il biglietto per
rientrare?” Scherzi a parte, indagando su internet, sembra che questo giovane
gallese sia una promessa della musica. Vedremo, è bravo, ma da donna di una
certa età ormai devo dire che
non li fanno più i musicisti di una volta!
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