Francesco non ama il clima caldo umido dei tropici e quando non dorme diventa nervoso quasi quanto me quando non mangio, dunque questi primi giorni in Indonesia l'hanno provato parecchio. Dopo essersi ripreso dal viaggio infinito, però, ha iniziato ad apprezzare l'esperienza di esplorare il Kalimantan in klotok, di incontrare gli animali stupendi che lo abitano e l'accoglienza delle persone. Insomma, cominciava ad ambientarsi e sentirsi ripagato per il disagio, quando la sveglia per il trekking è suonata alle 5.30 e venti minuti dopo ci siamo trovati fuori dalle nostre stanze per andare al molo. Francesco aveva già in faccia l'espressione “con voi non ci vengo più” poi in cielo è rimbombato un tuono, quindi si è voltato per tornare in camera. Eh no, hai insistito per farmi fare il cazzo di trekking? Ora non puoi lamentarti di nulla per tutto il giorno.
Le previsioni meteo davano temporali per tutta la mattinata e, mentre facevamo una buona colazione sulla Rimba Queen, siamo approdati ad Harapan con una leggera pioggerella.
Io ero vestita da albero (camicia verde e pantaloni beige), Fra & Fra in magliette tecniche e pantaloni lunghi, Krisna in calzoncini corti e Crocs. Appena arriva il ranger che ci accompagnerà nella camminata, imbocchiamo un sentiero sabbioso e, dopo pochi passi, ecco la prima meraviglia: accucciato tra i rami di un albero, un orangutan. All'inizio si è nascosto dietro il tronco, poi ha sbirciato per capire se eravamo una minaccia e, stabilito che eravamo innocui e non intendevamo avvicinarci oltre disturbando la sua colazione, si è lasciato fotografare. È bello incontrare gli orangutan fuori dalle feeding station, senza altri turisti intorno, e godersi l'intimità del momento. Il pelo degli orangutan potrebbe sembrare ispido nelle foto, invece appare setoso e leggero dal vivo, ma ciò che più amo di loro è l'espressività dei volti, degli sguardi. Chissà se anche loro riconoscono le nostre emozioni guardandoci, se trovano in noi dei tratti familiari. Siamo sicuramente diversi nel modo di comunicare, per noi un sorriso è un gesto benevolo, mentre per loro, e per moltissimi altri animali, mostrare i denti è un atteggiamento aggressivo; eppure ci somigliamo e siamo legati.
Riprendiamo il cammino, ma faccio appena in tempo a pensare che la giornata è cominciata nel migliore dei modi, quando arrivano le famigerate zanzare di Harapan. Sono tantissime e feroci, pungono anche attraverso i vestiti e se ne fregano del repellente che ci siamo spruzzati perfino nei capelli. Il ranger ci parla delle proprietà delle varie piante e alberi che incontriamo, ci indica fiori, tane e funghi, ed è tutto interessante e affascinante, però non riusciamo a goderci nulla per colpa delle dannate zanzare. Fermarsi un secondo per scattare una foto significa essere attaccati da ogni lato. Cerchiamo di difenderci, io col ventaglio, gli altri a schiaffi, ma è una lotta senza tregua. Camminiamo il più in fretta possibile tra radici sporgenti e attraverso passaggi che il ranger apre col machete per allontanarci da Harapan, sperando che le zanzare diminuiscano, ma quelle ci inseguono ronzando agguerrite. Krisna mette insieme un mazzetto di foglie che usa come ventaglio per scacciarle, solo che è stancante sventolarsi continuamente. Quegli insetti maledetti hanno trasformato una gita da sogno in un vero incubo. Vorrei che si potesse sostituire l'olio di palma con quello di zanzara, così si risolverebbero due problemi globali in un colpo solo.
Abbiamo un po' di tregua quando attraversiamo una zona di vegetazione più bassa con un labirinto di piste di sabbia bianca dove sono impresse impronte di felino, probabilmente, dice il ranger, di leopardo nebuloso. Peccato che vadano nella direzione opposta alla nostra. Facciamo comunque una deviazione per capire se si trovi ancora nelle vicinanze, però non abbiamo fortuna e proseguiamo inoltrandoci di nuovo sotto le chiome degli alberi. La Fra mi guarda e dice: “Oggi sembri Jane Goodall” e io, sudata, sporca e massacrata dalle zanzare, rispondo: “Intendi morta da una settimana?”
A metà percorso, ci fermiamo per bere e riposare nei pressi di una piccola piattaforma dove si montano le tende da campeggio per le escursioni di lunga durata e, con grande piacere, ci troviamo un pipistrello appeso al soffitto: un'arma in più contro le nostre nemiche. Non faceva neanche troppo caldo grazie alle nuvole e, malgrado qualche tuono, il temporale non ci ha mai raggiunti.
Quando stiamo per ripartire, veniamo raggiunti da un altro ranger che sta accompagnando una giovane coppia straniera. Il ranger saluta, la coppia nemmeno sorride. L'uomo sembra annoiato, la donna addirittura disgustata, come se si fossero ritrovati per sbaglio nella giungla del Borneo mentre facevano spese in un centro commerciale. Li abbiamo soprannominati gli allegri e ce ne siamo andati.
Dopo 7 chilometri, siamo finalmente giunti al ramo minore del fiume, dove ci attendevano le canoe. I ragazzi si congratulano con me per aver completato il percorso. In realtà, non è stato impegnativo come mi aspettavo e abbiamo impiegato due ore anziché tre, forse perché l'abbiamo fatto di corsa per sfuggire alle zanzare. Con il cielo nuvoloso, non faceva neanche troppo caldo e sarebbe stata davvero una gradevole passeggiata nella foresta se non fosse stato per quelle, mi sarei fermata più spesso a fotografare tutti i bellissimi alberi che ho visto e, prendendocela più comoda, avremmo forse notato più animali.
Alla fine, però, l'approdo delle canoe valeva il tormento: un angolo di giungla spettacolare. L'acqua del fiume è, come a Camp Leakey, straordinariamente limpida anche se di colore scuro a causa della presenza di tannini. Si riescono a vedere le zone sommerse delle sponde, le radici degli alberi e le piante acquatiche. Pareva di trovarsi nella scena di un film dove si scopre una laguna segreta nel folto della foresta. Eravamo estasiati e perfino le zanzare si sono ritirate per non rovinare il nostro idillio. Non vedevamo l'ora di partire in canoa per esplorare il resto di quel paesaggio fiabesco e Francesco voleva riprendere la navigazione con la sua GoPro, ma non trovava un punto della prua dove agganciarla. Così i rematori, che ci avevano aspettati alla laguna, si sono affrettati a risolvere il problema, trovando un pezzetto di legno piatto del giusto spessore e inchiodandolo alla punta della canoa. Siamo sempre stupiti da quanto gli indonesiani si prodighino per soddisfare ogni nostra richiesta, non vogliono venir meno a quello che sentono come un dovere verso gli ospiti di farli contenti, aiutarli e dimostrarsi accoglienti. Imbarazzati da tanta solerzia (chi si aspettava che tirassero fuori chiodi e martello?) continuavamo a scusarci per tanto disturbo, ma loro erano fieri di aver risolto e ci hanno invitato a imbarcarci. Io e Krisna con due rematori sulla prima canoa, Fra & Fra con il ranger e un altro rematore, siamo partiti tutti emozionati fotografandoci a vicenda. Quando sarà possibile pubblicherò il filmato ripreso dalla GoPro, ma intanto provo a descrivervi quanto è stato bello.Il fiume era largo pochi metri, quindi mi sentivo davvero abbracciata dalla giungla. Visti dal livello dell'acqua, gli alberi sembravano ancora più imponenti ed erano tutti agghindati di orchidee e rampicanti. Certi rami si stendevano sopra il fiume con frange di felci e liane che si aprivano al nostro passaggio come sipari su una scenografia tratta da libri di avventura d'altri tempi. Procedendo a remi, non facevamo alcun rumore, così potevamo percepire ogni fruscio, canto e richiamo della vita che ci avvolgeva. Il paesaggio che scorreva lentamente intorno a noi era proprio come lo avevamo immaginato da bambini: la giungla in tutto il suo splendore, con ombre profonde e misteriose dove potevano nascondersi serpenti e coccodrilli, poi lame di luce solare che riuscivano a trafiggere le folte chiome degli alberi facendo brillare le foglie e l'acqua con scintillii di smeraldo. Indimenticabile.
Alla fine, il fiume incantato si ricongiunge al più ampio Sekonyer e i rematori ripongono le pagaie e accendono i motori per riportarci al lodge. Come ultimo regalo, la giungla ci saluta come ci aveva accolti la mattina: Francesca avvista un orangutan sulla sponda del parco nazionale e ci dirigiamo da quella parte per fotografarlo. Nel frattempo, ci raggiunge la canoa con a bordo gli allegri e indichiamo l'albero perché anche loro possano fermarsi a osservare l'orangutan, ma rallentano appena per poi proseguire. Avevano decisamente sbagliato vacanza.
Ripartiamo e, appena svoltato seguendo l'ansa del fiume, scorgiamo già il molo del lodge. Dico a Krisna che sono sorpresa di aver visto un orangutan così vicino al nostro alloggio, risponde che è molto raro, ma è capitato anche che si avvicinassero alle camere.
Abbiamo pranzato al ristorante del lodge, poi nel pomeriggio siamo tornati a salutare gli orangutan alla feeding station. Arrivederci parenti selvatici, grazie per gli emozionanti incontri di questi giorni e scusate per il disturbo, anche se siamo stati i visitatori più discreti e rispettosi di tutti.
Dell'ultima notte in Kalimantan vi racconterò nel prossimo post.
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