Scusatemi, comincio ad aggiornare il blog con grande ritardo, non solo per la difficoltà di connessione nei posti sperduti (dove mi piace andare e pure tornare più volte), ma anche perché ho impiegato due giorni a riprendermi dal viaggio infinito per arrivare al Rimba Eco Lodge del Kalimantan. Non cominciate a dire che sono vecchia per le trasferte intercontinentali perché anche i Franceschi hanno avuto gli occhi iniettati di sangue, lo sguardo vuoto e il cervello annebbiato come me fino a lunedì.
Siamo partiti di venerdì sera alle undici e abbiamo attraversato fusi orari e cicli di sono e veglia completamente sballati fino alla domenica. Per noi gente da economy class non c'è verso di dormire in aereo più di un paio d'ore di fila e le hostess ti svegliano per darti da mangiare in orari che non hanno nulla a che fare col giorno e la notte, tanto che a un certo punto non sapevamo quale pasto ci stessero servendo, una cena o una colazione. Dopo circa sedici ore in volo spezzate da tre ore di scalo a Doha, siamo arrivati a Jakarta alle nove e quaranta di sabato sera, così scassati che ci costava fatica mentale trovare i passaporti nelle borse. Per fortuna, siamo stati previdenti e abbiamo sbrigato in anticipo tutta la burocrazia online quando eravamo ancora lucidi: il visto dieci giorni prima e la dichiarazione doganale durante lo scalo in Qatar. Mai usciti da un aeroporto così velocemente.
L'aria di Jakarta è stata un pugno in gola di afa e smog, in un attimo ci si ritrova sudati, appiccicosi e maleodoranti, in queste condizioni ci siamo presentati alla reception dell'albergo dove avremmo trascorso le poche ore che ci separavano dall'ultimo volo, quello alle 6 del mattino per il Kalimantan. Una bella doccia e un riposino in un letto vero erano proprio ciò che ci serviva.
Prima della pandemia, per raggiungere il Borneo indonesiano si poteva scegliere tra diverse compagnie aeree e diversi orari, purtroppo ne sono rimaste solo due sulla tratta Jakarta – Pangkalanbuun, Batik Air e Nam Air che fanno gli orari e i prezzi che vogliono visto che non c'è altra scelta ed entrambe famose per i ritardi e le cancellazioni senza possibilità di rimborso. È dunque con una certa apprensione che abbiamo fatto colazione alle 3.30 per prendere la navetta alle 4 tornare in aeroporto per fare il check-in al terminal delle partenze nazionali. Con enorme sorpresa e sollievo, abbiamo trovato il nostro volo Batik Air confermato e pure bello pieno. In un'ora e mezza eravamo a destinazione.
In Kalimantan fa caldo e l'umidità è incalcolabile, ma appena lasciato l'aeroporto l'aria ha quel sapore di verde foglia che rinfresca perfino i pensieri. Ad attenderci c'è Krisna (come la divinità, ma senza la “h”) che sarà la nostra guida per i prossimi cinque giorni. Ci presenta l'autista e ci segue in scooter fino al porto di Kumai dove Ecolodges ha un piccolo ufficio con molo privato. Finalmente saliamo a bordo della Rimba Queen, il klotok più piccolo di Ecolodges, tutto arancione e bianco, e salpiamo verso l'avventura. Appena mi sono tolta le scarpe e accomodata sulla poltrona di vimini per godermi il panorama, ho dimenticato tutto il disagio del viaggio. Ero ancora distrutta nel corpo, ma già rinata nello spirito. Dalla grande foce del fiume Kumai, svoltiamo nel fiume Sekonyer che sulla sponda destra è tutto parco nazionale Tanjung Puting e sulla sinistra è sempre foresta, ma non protetta, quindi lungo il tragitto si incontrano i moli dei villaggi di pescatori. Il primo tratto di fiume è incorniciato da una vegetazione adatta all'acqua salmastra che dalla grande baia sul mare si mescola a quella dolce: palme e mangrovie. Poi compare la lussureggiante e variegata flora d'acqua dolce ed ecco che gli alberi diventano altissimi e fitti su entrambe le rive. Così siamo entrati nella giungla e dal prossimo post vi racconterò com'è andata, però per le foto dovrete attendere la connessione potente di Bali.
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