Dopo aver salutato i ragazzi di ALeRT la sera del nostro arrivo, una gatta in calore ci ha reso difficile addormentarci, alle 2.30 mi svegliano vampate infernali da menopausa (io, il disagio, me lo porto da casa) tanto che devo riaccendere il condizionatore, poco dopo un gallo tarato sul fuso orario sbagliato comincia a cantare nel cortile di fronte alle nostre stanze, poi alle 4.30 arriva il richiamo il muezzin e alle 6 la bambina dell'affittacamere si mette a cantare prima di andare a scuola. Malgrado tutto questo e la colazione sul tavolino basso, la prima mattina al Way Kambas ero felice e pronta a cominciare questa nuova parte del viaggio.
Dan, Eddie, Sarpin e quello che abbiamo finito per chiamare il povero Dino (ne scoprirete il motivo nei prossimi post) sono venuti a prenderci alle otto. Dan ci ha presentato una nuova collega, la giovane Kiki, e io esulto: finalmente una donna in squadra! Era dai tempi di Eka ed Eni che ero sempre l'unica nel gruppo. Kiki parla un discreto inglese, è minuta e graziosa come una bambolina e indossa il cappellino di ALeRT con il logo della campagna per la salvaguardia dell'anatra alibianche (asacornis scutulata) sopra l'hijab.
Il programma della giornata prevede visita al sito di Susukan Baru per mostrare e raccontare a Fra e Fra le attività dell'associazione; installazione di una camera-trap nella foresta; incontro con due capi villaggio nell'ufficio dei ranger per discutere del conflitto uomo-elefante.
Mi porto dietro gli spaghetti, li cucineremo per pranzo.
Mi è piaciuto tanto ripercorrere in jeep gli sterrati attraverso villaggi, piantagioni di ananas e cassava e poi le piste dentro il Way Kambas fino al rifugio di Susukan Baru. Questi panorami appartengono a tanti miei ricordi e ritrovarli mi fa sentire a casa, serena, appagata e sono felicissima di condividerli con Francesca e Francesco dopo avergliene parlato tanto. Lui mi prendeva in giro, dicendo che avevo inventato tutto, che i miei amici erano immaginari e che avevo ingaggiato delle comparse cinesi travestite da indonesiani per rendere verosimile la messinscena. In realtà, si sono trovati entrambi benissimo con il gruppo fin da subito.
La Fra adora le mappe e si è fatta spiegare da Dan quelle appese nel rifugio, poi visitano la nursery delle piantine e ne scegliamo alcune da trapiantare nelle buche che i ragazzi stanno già scavando per noi poco lontano. Compio la missione per papà, poi Francesca e Francesco piantano i loro alberi per Sumatra, mentre si scattano le foto di rito che sono utili ad ALeRT per promuoversi nelle scuole, nelle comunità, tra i turisti e nel presentarsi a possibili nuovi finanziatori, soprattutto quando ritraggono noi stranieri. Non per darsi un tono da associazione internazionale, ma per dimostrare che anche un piccola realtà può ottenre grandi risultati, che tanti piccoli gesti messi insieme possono fare la differenza anche per qualcuno che abita a un oceano di distanza,
Tornati all'ombra del rifugio, mi gusto il primo caffè nella foresta, quel momento di riposo, fuga dalla calura e chiacchierate che amo tanto. Arriva anche la frutta tagliata a colpi di machete: succosa anguria per me, dolcissima ananas che piace tanto a Francesca e un'uva verde dagli acini grossi come palline da ping pong che diventa il nuovo frutto preferito di Francesco. L'abbiamo chiamata uvaprugna perché il sapore ricorda entrambi i frutti.
Prima di pranzo, riprendiamo la jeep e il pickup con le panche sul cassone per andare a installare una videotrappola. Siamo arrivati in jeep, ma vogliamo provare a viaggiare all'aperto sulle panche, meno comodo, ma più avventuroso. Giunti sul luogo scelto per monitorare la fauna di passaggio, tutti saltano giù dal pickup senza problemi, Quando tocca a me, atterro a piedi uniti e cado all'indietro come le zie ubriache ai matrimoni e facendo questo pensiero comincio a ridere così tanto che quasi non riesco a rialzarmi. Sono proprio scema. Comunque facciamo una breve camminata nell'erba alta e ci addentriamo nella foresta fino a un ruscello dove la terra è smossa dalle impronte degli animali che vengono ad abbeverarsi, perfetto per incatenare la camera trap a un albero. La cifra che abbiamo pagato per questi giorni a Sumatra comprende anche le donazioni a supporto di vari progetti, incluso questo, per cui Dan ci promette che condividerà con noi i filmati recuperati mensilmene dalla scheda di memoria.
Rientriamo a Susukan Baru per pranzo. La sera precedente, abbiamo chiesto di comprarci cipolle e pomodori perché volevamo cucinare gli spaghetti per loro, la difficoltà stava nel farlo utilizzando l'unico fornello del rifugio e le pentole disponibili. In quelle più grandi avevano fatto bollire l'acqua da bere per riempire le borarcce e si stava ancora raffreddando, quindi avevamo una specie di grossa wok per cuocere la pasta e una pentola annerita dal fuoco per il sugo. Ce le siamo fatte andar bene. Dato che la preparazione richiedeva un po' di tempo, abbiamo detto ai ragazzi di cominciare a mangiare i pranzi al sacco cucinati per tutti dalla moglie di Eddie (quella di Hari era impegnata questa settimana). Pollo, riso e verdure per i normali, burger di verdure con contorni vari per me. La parte difficile è stata scolare gli spaghetti usando un colino troppo piccolo, ma alla fine abbiamo messo in tavola la grande wok con un chilo di spaghetti al pomodoro e ognuno ne ha assaggiato un piatto. Per i loro gusti, mancava un po' di piccantezza, ma hanno apprezzato lo stesso, qualcuno aggiungendo la salsa di peperoncino. In effetti, avremmo potuto fare un sugo all'arabbiata. Abbiamo escluso aglio, olio e peperoncino perché farla con l'olio di palma al posto di quello d'oliva sarebbe stato un crimine.Francesca e Francesco cominciano a conoscere i ragazzi e prendere confidenza con questa nuova atomosfera. Non avevo dubbi che si sarebbero piaciuti reciprocamente: ho portato belle persone da altre belle persone.
La cifra che abbiamo pagato per il soggiorno a Sumatra con ALeRT comprendeva anche donazioni per il progetto sulla gestione del conflitto uomo-elefante e Dan vuole mostrarci cosa abbiamo pagato in concreto, quindi nel pomeriggio ci ha organizzato un incontro con i leader di due villaggi che beneficiano del programma. L'appuntamento è sotto il portico di uno dei posti di guardia dei ranger che presidiano gli ingressi del Way Kambas. Ci sono il signor Ansori del villaggio Rju e il signor Sukiman del vilalggio Muara Jaya, ci accomodiamo con loro e i ranger ci chiedono quale bevanda calda gradiremmo bere, come si usa con ogni ospite che siede in ogni portico dell'Indonesia, c'è sempre dell'acqua che bolle e, che ci crediate o no, bere qualcosa di caldo funziona, si smette di sudare in pochi minuti e ci si idrata. Rispondo in lingua bahasa un caffè per me e due tè per Fra e Fra: satu kopi, dua teh. Poi guardo Dan e gli dico: “Vedi, non posso portare con me troppi amici perché non so i numeri dopo il tre per ordinare da bere.” Scoppia a ridere, sia lui che i Franceschi mi sfottono perché vengo in Indonesia da 15 anni e so contare solo fino a tre. E va bene, oggi imparo il quattro: empat.
Discutiamo del problema. Gli elefanti sconfinano nei campi coltivati sia per la riduzione dell'habitat naturale, sia perché sono golosi delle piante di riso, mais e cassava. La posizione dei gruppi di elefanti è rilevata con segnalatori GPS messi addosso ad alcuni esemplari e monitorata tramite un'applicazione che però si aggiorna ogni sei ore. Se un branco si avvicina a un villaggio, i ranger si coordinano con gli abitanti per disporsi lungo il confine e rimandarli indietro, fino a oggi agitando delle torce o sparando. Il problema è che comunicano tramite gruppi whatsapp e qualcuno potrebbe condividere le informazioni con i bracconieri. Con le nostre donazioni ALeRT ha acquistato uno scatolone di fuochi artificiali da sparare in aria per indurre gli elefanti ad allontanarsi, più efficace delle luci, soprattutto quando piove e la visibilità è ridotta. Insieme allo scatolone, consegnamo un certificato di donazione ufficiale con i nostri nomi, cosa che ci rende molto orgogliosi. Scattiamo le foto di rito con i capi villaggio e i ranger che sono sempre buona pubblicità per l'associazione, in particolare quando ci sono stranieri di mezzo. È bello vedere come vengono spesi i soldi donati e perfino conoscere di persona chi ne beneficia perché sa che abbiamo a cuore il problema.
Mentre ci congediamo, Dan mi chiede se ricordo di essere già stata in questo ufficio del parco e, in effetti, mi torna in mente che proprio qui nel 2017 eravamo approdati dopo un estenuante giro di pattuglia a rimuovere trappole e ponti piazzati dai bracconieri. All'improvviso il caldo di oggi mi sembra nulla a confronto di come eravamo ridotti quella sera.
Torniamo al nostro alloggio soddisfatti della prima giornata a Sumatra e io sono particolarmente felice che Francesca e Francesco si siano sentiti a proprio agio fin da subito. Benvenuti nella famiglia di ALeRT!
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