sabato 27 aprile 2024

La hostess centometrista e la bambina vomitata

Si poteva pensare che l'avventura fosse terminata con i giorni a Ubud, invece, il viaggio di ritorno mi ha riservato altre sfide. 

La prima era farmi bastare la batteria del telefono fino a casa per poter avvisare mio fratello a quale uscita di Malpensa trovarmi. Per timore che spegnendolo non si sarebbe più riacceso, l'ho tenuto in modalità aereo da quando mi è stato restituito carico dal tecnico a Sumatra. Tranne l'ultimo giorno quando l'ho collegato al wifi del Gatra per fare il check in online sulla app di Qatar Airways e la mattina della partenza indicava il 71% quindi ce l'avrei fatta tranquillamente. Comunque al Nokia 3310 queste cose non succedevano, per dire. 

7 pacchi di caffè un cappellino da Alert
Nella calda e silenziosa alba di Ubud, il tassista era addirittura in anticipo di un quarto d'ora, siamo partiti alle 5.45 e, dopo un viaggio di chiacchiere per tenerci svegli a vicenda, mi ha lasciata all'ingresso dell'aeroporto alle 7. Insomma, senza traffico, è bastata poco più di un'ora e avevo tutto il tempo di fare colazione. Ho consegnato la mia valigia, sperando che tutto il caffè imbarcato non facesse scattare qualche allarme alla dogana, ho superato i controlli di sicurezza e me ne sono andata in giro per negozi per ammazzare il tempo fino all'apertura dal gate, ascoltando musica e guardando gli aerei atterrare e decollare dalla terrazza per fumatori che è tutta colorata di murales con le maschere della mitologia balinese. Forse sono io che ci faccio caso di più, ma mi sembra che i viaggiatori solitari siano in aumento negli ultimi anni, soprattutto donne. A Sumatra i ragazzi mi hanno detto che è molto raro, infatti la prima volta erano stupiti che fossi sola, ma ho constatato che a Bali la tendenza è molto più diffusa. Forse perché percepita come isola sicura e pacifica, sicuramente più comoda per alloggi e spostamenti rispetto a Sumatra, Flores o il Kalimantan. Quando andavo a cena, trovavo diversi tavoli con persone che mangiavano da sole, per lo più guardando il cellulare, io invece leggendo un romanzo sulla detective del Botswana Precious Ramotswe e scrivendo a matita sul mio blocchetto da viaggio gli appunti per i prossimi post del blog. Sono rara tra i rari! Comunque, che fossero i surfisti di Kuta o gli appassionati di arte e yoga di Ubud, sul mio volo per Doha c'erano tante persone spaiate, come me.

Le nove ore di volo passano tranquillamente tra un pasto e un pisolino e ho anche finito di leggere il romanzo. Quando il comandante annuncia la discesa per l'atterraggio, mi rendo conto che siamo un po' in ritardo e, sapendo che l'aeroporto di Doha è grande quanto una città, mi auguro che il gate del volo per Milano sia vicino a quello in cui sto per arrivare perché, facendo due calcoli, mi restano appena trenta minuti per prenderlo. Mi domando anche se gli addetti ai bagagli faranno in tempo a trasbordare la mia valigia di caffè. Sottovalutavo l'efficienza dello staff di Qatar Airways perché appena entrati nel terminal ci troviamo davanti un tizio con un cartello che riporta il numero del volo per Malpensa e quello del gate. Una volta radunati i passeggeri che dovevano prenderlo, ci dice: -Seguite la mia collega- e indica questa bella hostess nel tailleur bordeaux della compagnia e ballerine nere che ci urla: -Non perdetemi di vista!- e parte di scatto lungo il corridoio come una centometrista alle olimpiadi. Io e una dozzina di altri passeggeri ci lanciamo all'inseguimento in un turbinio di borse, zaini, un neonato appeso al collo della madre e il padre con il passeggino piegato sotto braccio. In pole position, avendo probabilmente i bagagli a mano più leggeri, ci siamo io e due anziane signore vestite da escursioniste, quindi più allenate di me alla camminata veloce. Una mi affianca e commenta il passo da gazzella della hostess che ci apre anche la strada tra la folla del terminal: -Caspita, come corre!- e io, col fiatone, rispondo: -Lo fa per noi: dopo nove ore seduti, ci fa bene un po' di movimento.- La signora ride e mi rendo conto che io, lei e l'amica indossiamo tutte una felpa rosa, anche se il mio più pallido del loro fucsia sfacciato: faccio ufficialmente parte del club viaggiatrici anziane. Al controllo di sicurezza dei bagagli a mano, la hostess ci fa saltare la fila e ci aspetta oltre i tornelli. Almeno, mentre passano i nostri zaini ai raggi x, riprendiamo fiato e chiedo alla hostess se faccio in tempo ad andare in bagno, mi risponde che ce n'è uno vicino al nostro gate, ma adesso dobbiamo sbrigarci. Arriviamo all'area imbarchi C che ha dieci gate, il nostro, naturalmente, è il 9-2, cioè dobbiamo correre fino al 9 poi scendere le scale e cercare il 9-2. Siamo tutti sfiniti quando ci mettiamo in coda con gli altri passeggeri che erano arrivati comodamente da coincidenze precedenti. Il gate è già aperto, ma stanno aspettando un pullman perché ne è appena partito uno pieno, quindi volo in bagno perché in tutto questo ci manca solo che mi faccia la pipì addosso. E meno male che l'ho fatto perché l'aeroporto di Doha è davvero enorme: in pullman dal gate all'aereo c'erano venti minuti di strada, mi sono domandata se l'avessero parcheggiato in Iraq! Be' alla fine ce l'abbiamo fatta: mi sono seduta al mio posto, con accanto due cinesi che hanno dormito tutto il tempo, si svegliavano solo per i pasti e non sono neanche andati in bagno. I vicini perfetti. Ma non è mica finita qui.

Due file più avanti, nel settore centrale dell'aereo, c'era una mamma con due bambine piccole che tutti i passeggeri ormai sapevano chiamarsi Martina e Camilla visto che per cinque ore la madre non ha fatto altro che richiamarle per una cosa o l'altra. Durante l'avvicinamento a Malpensa, la piccola Martina si vomita un po' sulle scarpe e un po' sulla sorella che, comprensibilmente, comincia a piangere schifata. La madre si adopera per pulirle alla meglio con le coperte dell'aereo, ma stiamo atterrando e non ci si può alzare. In qualche modo riesce a calmare Camilla che tra i singhiozzi chiede: -Ma in macchina possiamo tenere i finestrini aperti?- e la madre: -Sì, ma poco perché siamo in autostrada.-

Finalmente l'aereo parcheggia al terminal e ci prepariamo a scendere. Normalmente, i passeggeri del settore centrale scendono divisi nei due corridoi laterali, quindi la madre prende per mano Martina, che era seduta in mezzo, e manda Camilla in fila nell'altro corridoio, raccomandandole di fermarsi ad aspettarle fuori dall'aereo. In realtà, soprattutto vista la situazione, nulla le vietava di far scendere entrambe le bambine dal suo lato insieme a lei, anche perché ci sono duecento persone su questo volo e sarebbe stato un attimo perderla di vista. E infatti, quando tocca a me scendere, trovo la madre alla porta che chiede alla hostess se ha visto passare un bambina bionda. La supero e imbocco il corridoio che porta al ritiro bagagli. Dopo una curva, vedo Camilla, con il suo zainetto macchiato del vomito dalla sorella, che cammina tra la gente verso l'uscita piangendo: senza accorgersene aveva superato il punto d'incontro con la madre. La raggiungo, la fermo e la tranquillizzo: -Guarda che tua mamma ti aspetta più indietro, alla porta dell'aereo. Vieni che ti accompagno da lei.- quindi la prendo per mano e rifaccio il percorso al contrario. Guardatemi: io che, è risaputo, non amo i bambini aiuto una ragazzina sconosciuta in difficoltà, mentre almeno cento di quelle persone che mi guardano male quando dico che i bambini non mi piacciono le sono passate accanto senza neanche curarsi che fosse sola e in lacrime. Pensavano solo ad arrivare per primi a ritirare i loro bagagli perché se ti rubano la valigia è una tragedia, ma una bambina non tua che si perde non vale cinque minuti del tuo tempo. Incredibile! Facendomi strada contromano tra i passeggeri che scendevano ancora dall'aereo, l'ho riconsegnata a quel genio di sua madre che spero abbia imparato, per la prossima volta, che sarebbe meglio far uscire entrambe le figlie dallo stesso corridoio con lei. Camilla si getta tra le sua braccia, la signora mi ringrazia e io penso che le è andata di lusso che l'abbia trovata io che, in fondo, sono una brava persona e in giro c'è troppa brutta gente.

Anche palloncini e torta arrivati a casa
Ormai allenata alla camminata veloce dalla hostess di Doha, raggiungo con inaspettata agilità il nastro dei bagagli, afferro la mia valigia gialla e blu che spicca tra dozzine di trolley grigi e mi dirigo all'uscita, sperando sempre che non mi fermi un doganiere per  il caffè. Mi dice bene e finalmente sono fuori! Chiamo mio fratello e la Simmy per comunicargli che sono all'uscita 9, ma io li sento e loro non sentono me. Cazzo, non funziona nemmeno il microfono del cellulare! Per fortuna non erano lontani e mi avvistano, grazie alla mia felpa rosa da anziana. -Non abbracciatemi che puzzo di tredici ore d'aereo e vomito di bambina!-

Trovo la macchina piena di palloncini colorati con la scritta buon compleanno e la Simmy tira fuori perfino una torta fatta da lei con tanto di candelina da soffiare! Non che si sia mai avverato uno dei desideri dei miei quarantotto compleanni precedenti, ma vedi mai che il quarantanovesimo sia quello buono. 

Avevo lasciato Monza con 28 gradi e sono tornata che ce ne sono 10, ma quanto sono stata via che è di nuovo inverno? La cosa buona di questo clima è che ho passato la notte nel mio letto, sotto la coperta di pile con Bio addosso che mi scaldava e ha fatto le fusa tutta la notte.

Bentornata, Barbuna.




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