sabato 22 aprile 2023

Poco, ma buonissimo

In Kenya le auto non sono omologate per un numero fisso di persone, dipende da quante riesci a caricarne, lasciando Samburu verso la contea di Nanyuki, ne abbiamo incrociata una con almeno dieci bambini dentro. Comunque, una volta a casa, pubblicherò un album dedicato a cose che si possono trasportare in moto in Kenya perché abbiamo visto cose al di là di ogni immaginazione e legge della fisica. Mi piace osservare villaggi e cittadine dal finestrino, le insegne dei negozi dipinte con colori sgargianti direttamente sulla facciata – così se si cambia attività basta una mano di vernice – che a volte sono invitanti come “Gods favor market” e a volte inquietanti come “Pork Point Hotel”. Gruppi di bambini in divisa scolastica ci salutano indicando i Mzungu (i bianchi) e pure le scuole cristiane hanno nomi notevoli come Santa Teresa dell'Equatore o Our Lady Consolata. Pare anche che ogni villaggio sia specializzato in qualcosa: uno ha solo negozi di ricambi per auto, uno solo letti in legno, uno solo tavolini. Insomma, per arredare casa devi girare tutta la contea.

Un consiglio: se dal benzinaio un venditore ambulante cerca di rifilarvi un machete, compratelo. Lo sterrato per raggiungere la riserva di Ol Pejeta, cornice di questo safari, è messo peggio delle piste dentro i parchi e dopo un acquazzone diventa una distesa di fango. Junior, che ha fatto scuola guida su una bicicletta senza marce, si è ovviamente impantanato nel tentativo di superare un'auto ferma all'incrocio di due sterrati, e l'ha fatto così bene che abbiamo dovuto chiedere aiuto a dei contadini di passaggio. Qui si scopre l'utilità del machete sopracitato: serve a tagliare gli arbusti nei dintorni per metterli sotto le ruote. 

Ops, he did it again

Mancia a loro e cazziata di Peris a Junior, poi finalmente arriviamo all'ingresso di Ol Pejeta.

Si nota subito che è una riserva privata, gestita da diverse associazioni, perché è meglio organizzata dei parchi nazionali e i bagni sono puliti e dotati di carta igienica. All'interno della riserva vivono diverse specie di animali e in particolare specie protette ad alto rischio di estinzione come il rinoceronte bianco del nord di cui rimangono solo due esemplari, ma per vederli bisogna prenotare e non lo sapevamo. Ci siamo comunque goduti un bel safari con tanto di avvistamento di iena, rinoceronti neri, antilopi d'acqua e altre meraviglie.

Poi ci siamo fermati al centro di protezione degli scimpanzé. Non sono animali autoctoni del Kenya, ma, con il supporto del Jane Godall Institute, vengono portati qui gli esemplari recuperati da diverse situazioni di maltrattamento che non sarebbero più in grado di sopravvivere in natura. Non essendoci alberi abbastanza alti per loro che amano arrampicarsi, sono state costruite delle piattaforme dove possono giocare, osservare il parco dall'alto e ripararsi nei giorni di pioggia. Infatti, grazie a un temporale di passaggio, abbiamo potuto vederli e fotografarli riuniti sulle piattaforme. L'area è recintata perché non si disperdano nel parco e non vengano assaliti dai predatori ed è possibile vederli solo dalla torretta per turisti o a terra dall'esterno della recinzione. 



Per un po' siamo stati soli a contemplare questi simpatici primati con uno dei guardiani che si occupano di loro a raccontarcene le storie, poi è arrivata un'armata di bambini in gita scolastica, dall'età media probabilmente una scuola elementare. All'inizio sono corsi in massa sulla torretta e ad ammassarsi davanti alla recinzione, poi si sono accorti dei tre Mzungu e, mentre il guardiano teneva una lezione sulle abitudini degli scimpanzé, i bambini gli davano le spalle per osservare noi. Non potete capire che imbarazzo. Peris si è messa a spiegare a una bambina: “Sono come te, solo che sono bianchi” e lei “Ma da dove vengono?” “Sono metà italiani e metà keniani” e le ha detto i nostri nomi tribali (Francesco Kamau, Francesca Wanjiru e io Njeri) che la bambina ha ripetuto indicandoci.

Ripartito lo scuolabus, abbiamo visitato il mini museo dedicato al progetto scimpanzé dove pannelli murali riportano informazioni e statistiche, la storia del centro e ci si può cimentare in prove di abilità per poi scoprire la soluzione ideata dagli scimpanzé in natura per risolvere il problema.

Ci sono anche le storie di alcuni salvataggi e una delle storie più commoventi era quella di Poco, acquistato da cucciolo come animale da compagnia, una volta cresciuto è stato rinchiuso per nove anni in una gabbia stretta e arrugginita appesa sopra il banco di un mercato in Burundi come attrazione. È proprio Poco lo scimpanzé che Fra & Fra hanno adottato per me come regalo di compleanno. 

Grazie ancora! 

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