martedì 24 marzo 2015

L'ora del cambiamento

Amo il mio pianeta, anche se odio il 99% della gente che lo abita. Per questo, nel mio piccolo, mi piace fare qualcosa per proteggere questa palla di roccia sospesa nello spazio.
Ho già detto che, secondo me, non esiste uno stile di vita a impatto zero nella nostra epoca perché ormai siamo diventati troppi e abbiamo bisogno (o pensiamo di averne) di troppe cose che spesso otteniamo nella maniera più sbagliata per la Terra.
La questione non è più se andiamo incontro al disastro, ma quando avverrà il disastro perché, a meno che non si verifichi un miracoloso cambiamento nel cervello di ogni essere umano, il nostro futuro è sempre più nero: l'evoluzione si sta fermando.
Se vogliamo essere ottimisti, gli anni che stiamo vivendo sono la nostra ultima occasione per invertire la rotta irresponsabile che abbiamo preso. Insomma, per usare perle di saggezza popolare, la coperta è diventata troppo corta per coprirci tutti e stiamo raschiando il fondo del barile per far guadagnare un po' di tempo alle generazioni future.
Un vecchio libro, che ho letto anni fa, diceva che eventuali civiltà super-evolute, come immaginiamo gli alieni, devono aver superato "una zona di pericolo nella quale corrono un alto rischio di autodistruzione, superata la quale, però, si evolveranno in culture altamente progredite, capaci di compiere viaggi interstellari e colonizzare lo spazio". Ecco, attualmente l'umanità si trova esattamente in mezzo alla zona di pericolo. Non conquisteremo l'universo, come ci piace credere, se le nostre risorse per la sopravvivenza termineranno prima


Nel raschiare il fondo del nostro barile, nascono alcune iniziative intelligenti che forse non cambieranno le cose, ma almeno ci provano. Tra queste, ne ho scoperta una interessante: Earth Hour. Si tratta di un evento internazionale, ideato da una sezione australiana del WWF nel 2007, che ha come obiettivo richiamare l'attenzione sui cambiamenti climatici accelerati dalle attività umane. In pratica si chiede a ognuno di noi terrestri di spegnere la luce per un'ora in un giorno stabilito che nel 2015 cadrà il prossimo 28 marzo. 
Sul sito italiano dedicato all'Ora della Terra trovate il conto alla rovescia per lo spegnimento delle luci. In Italia staremo a lume di candela dalle 20.30 alle 21.30 e, meteo permettendo, vedremo qualche stella in più. Viaggiando lungo i fusi orari, sarà come seguire un'enorme ola da stadio di luci che si spengono in tutto il mondo, lasciando al buio strade, edifici e monumenti (lo fanno al Colosseo come alla Tour Eiffel). 
Un'ora all'anno non ha un grande impatto ambientale, lo so, è un gesto puramente simbolico, ma cosa ci costa partecipare? Pensateci mentre guardate il video ufficiale dell'evento.

lunedì 16 marzo 2015

Cosa non faccio per voi

Un'ultima foto dal Kenya: i lividi che mi sono procurata scattando immagini dal pulmino lanciato su sentieri improbabili per raccontarvi la nostra missione africana. Per l'avventura, comunque, questo e altro!


sabato 14 marzo 2015

Barbi Advisor Kenya

Eccoci al momento delle nostre impressioni sugli alloggi che hanno ospitato le Cavallette in questo viaggio. Cliccate sulle foto per ingrandirle.

Il Khweza B&B è una vera oasi nel caos di Nairobi. Il terrazzo panoramico con bar e ristorante permette di allontanarsi da questa città sporchissima e di osservarla dall'alto, bevendo una Tasker fredda sotto un ombrellone o gustando la zuppa del giorno nelle sere fredde e ventose. Qui, come in tutta l'Africa, il tempo scorre diversamente, quindi consiglio di ordinare la cena un'ora prima che vi venga fame perché cucinano al momento e in tutta calma. Il menù offre una scelta di piatti tipici, vegetariani e snack oltre ad abbondanti colazioni che possono anche essere servite in camera.
Sia sul terrazzo che nelle camere, è disponibile il wifi gratuito. Lo staff è gentile, sorridente, disponibile a qualsiasi ora e, accanto alla reception, c'è l'ufficio di Peris che organizza tour personalizzati. Dall'altra parte della strada c'è l'ufficio postale, se volete spedire le vostre cartoline. Sì, è una pratica in disuso, ma a me piace ancora spedirle e riceverle. Un ragazzo dello staff ci ha accompagnate a piedi. Assistenza continua, anche nelle piccole cose.
Le stanze sono semplici, ma pulite. All'arrivo trovate una bottiglia d'acqua per ogni ospite e asciugamani per la doccia. L'acqua calda c'è, ma bisogna farla scorrere un po'. Come in tutti gli alloggi che abbiamo provato in questo viaggio, il punto debole è lo sciacquone del water che impiega una vita a ricaricarsi. L'acqua del rubinetto non è potabile, ma va bene per lavarsi i denti.

Il Manyatta Camp è a pochi metri dall'ingresso della riserva Masai Mara e dal suo ristorante si gode una vista magnifica sul parco. All'arrivo, dato che per raggiungerlo si percorrono chilometri di sterrati, lo staff che scarica i bagagli, si preoccupa anche di spolverarli. Non abituate a certe gentilezze, ci siamo sentite in imbarazzo, ma ci tengono, soprattutto se si tratta di donne.
Una serie di sentieri nel giardino conduce alle tende, ampie e dotate di letti con zanzariera e coperte pesanti per la notte. Ogni tenda è collegata al bagno in muratura sul retro, con doccia calda in pochi minuti e il solito sciacquone lento. Durante la notte, sentirete i versi degli animali che ogni tanto sconfinano dal parco, ma non temete perché i pastori Masai fanno la ronda per accudire il loro bestiame e fungono da security per il campeggio.
La corrente elettrica è fornita da un generatore che viene acceso dalle 18.30 alle 22.30 (le prese si trovano nei bagni e nel ristorante) e la mattina dalle 5 alle 7, orari nei quali sono accesi anche in lampioncini lungo i vialetti. Non c'è connessione internet.
I pasti sono tutti serviti a buffet ed è sempre disponibile un thermos d'acqua bollente per tè o caffè solubile. 

A Nakuru, simpatico paesino sul lago omonimo, abbiamo soggiornato al Waterbuck Hotel, fin troppo lussuoso per noi. In genere ospita uomini d'affari per le sue grandi sale meeting, il ristorante all'aperto con ricchissimo buffet e le cene, altrettanto ricche, nella sala principale. Le stanze sono belle, ma con poca personalità rispetto agli altri posti dove abbiamo dormito. Wifi gratuito in tutta la struttura, controlli di sicurezza all'ingresso. Qui, come negli altri alloggi, non ho mangiato carne perché non mi piacciono le spezie con cui è condita, ma la gran varietà di piatti di verdura, riso, chapati (una specie di piadina sottile) e ugali (polenta bianca già assaggiata in Zambia) hanno compensato alla grande.

La guest house Jane si trova a Naivasha, in collina, e dalle camere si ha una bella vista sul lago. Il giardino è curato, pieno di fiori, con piscina, doccia all'aperto e zona barbecue. Restando solo una notte, non abbiamo potuto goderci tutte queste cose, ma è stato un rifugio perfetto per rilassarsi. Molto pulito e intimo, davvero una casa lontano da casa come recita la scritta all'ingresso. 
I pasti sono serviti in sala da pranzo o su uno dei balconi affacciati sul giardino, tutto cucinato al momento dal figlio dei proprietari. Le camere sono tutte molto carine, colorate, pulite e con bagni privati. Noi abbiamo scelto la tripla in mansarda, con grandi finestre luminose. La doccia alternava acqua gelida e bollente perché nel frattempo stavano innaffiando il giardino, ma sopportabile.
Non c'è connessione internet, ma due vie più in basso si può prendere un aperitivo nel centro sportivo con resort e utilizzare il loro wifi gratuito.

Nota
Passando in prossimità dei villaggi più poveri, verrete assaliti da gruppi di bambini che chiedono caramelle, gridando "Sweets!" e allungando le mani. Non date loro caramelle o dolci perché poi non hanno accesso a cure dentistiche, quindi fareste più danno che altro. Piuttosto, come abbiamo fatto spesso io e il TdC in Asia, regalate loro matite, penne e quaderni per la scuola. Forse saranno meno divertenti, ma di sicuro più utili per loro.


giovedì 12 marzo 2015

Riassunto del Kenya

Ho caricato nuove foto negli album sul nostro viaggio in Kenya, quindi visitate la pagina delle foto. Nel frattempo, ho montato con la Feddi spezzoni dei video che abbiamo girato, insieme ad altre immagini. Qui sotto trovate il risultato.
Già sentiamo la mancanza della sveglia all'alba per correre a vivere una nuova avventura tra le meraviglie naturali di questo angolo d'Africa. Abbiamo nostalgia dei paesaggi, degli animali, dei colori, di Fred e Peris, della birretta serale, delle docce a temperatura variabile, degli sciacquoni lenti, del terrazzo del Khweza, del sole caldo e delle notti fredde, dei tragitti "vibranti" sugli sterrati, dei bagagli impolverati e perfino di quanto puzzavamo dopo lunghe ed emozionanti giornate. 
Siamo felici di aver riabbracciato famiglie e fidanzati, ma avremmo preferito non tornare e farci raggiungere da loro. Per consolarci, cominceremo presto a progettare i prossimi viaggi delle Cavallette e vi anticipo che pubblicherò sul blog Il manuale della Cavalletta per chi volesse seguire le nostre orme e magari partecipare a qualche avventura in giro per il mondo.
Nel prossimo post, come di consueto dopo un viaggio, scriverò il Barbi Advisor del luogo con commenti su alloggi, cibo, trasporti e consigli vari.
A presto, lettori!

martedì 10 marzo 2015

Sorpresa!

Cavallette felici con Kilimanjaro
Oggi Fred ci ha fatto alzare alle 4.30 del mattino per portarci a vedere il Kilimanjaro!
Era ancora buio e Nairobi senza traffico era incredibile. Siamo salite sul nostro pulmino ripulito e quasi irriconoscibile, ma alla prima rotonda siamo tornati indietro al Khweza (un pezzo anche contromano) perché Fred aveva dimenticato la ruota di scorta: prima di tutto la sicurezza per le sue ragazze.
Abbiamo visto spuntare l'alba tra i camion in autostrada e un attimo dopo eravamo immerse in un nuovo paesaggio, fatto di colline, valli, foreste con le nuvole bianche accucciate tra le cime, quasi a volersi nascondere dal sole che sorgeva inondando d'oro l'intero panorama. Lentamente, tutti i colori dell'Africa si sono risvegliati, il verde degli alberi, il rosso della terra e un cielo sempre più blu.
Non troverete foto dell'alba perché a volte basta godersi il momento, senza parlare.
La sosta per la colazione è stata in un villaggio scassato e polveroso. La Feddi ha trovato solo patate come contorno vegano per il tè, quindi la vedrete pucciare i tuberi nel tè caldo.
Riprendiamo il viaggio e costeggiamo il parco nazionale Amboseli, promettendo di andarci la prossima volta perché anche dalla strada il panorama è fantastico. A un certo punto, mentre sonnecchiavamo cullate dai cigolii del pulmino, Fred ha urlato: -Kilimanjaro!-
In viaggio con Fred
Ci abbiamo messo qualche secondo a realizzare, poi abbiamo messo a fuoco il gigante d'Africa e la sua cima innevata che si stagliava nel cielo. Che emozione! Il monte più alto del continente, il più grande vulcano della Rift Valley, era lì e noi gli stavamo andando incontro. 
Abbiamo aperto il tetto come durante i safari e abbiamo imbracciato le macchine fotografiche, pronte a immortalare un nuova giornata africana. In realtà, dal versante kenyota non si può salire sul monte, ma ci siamo avvicinati, fermandoci a diverse distanze per fotografarlo con diversi panorami. 
Tra scatti artistici e selfie ignoranti, abbiamo approfittato di una di queste soste per dare a Fred un bigliettino di ringraziamento (con dentro la mancia) per averci accompagnate in questa avventura, facendoci divertire, emozionare e preoccupandosi sempre che fossimo al sicuro e non ci mancasse nulla. Beh, il nostro driver si è commosso e ci ha abbracciate una per una ripetendo asante sana, cioè grazie mille in swahili. Figures!
A pranzo ci ha portate in un ristorante con un bellissimo giardino, ma la cosa figa è che si trovava in Tanzania! Già, abbiamo attraversato il confine in questo modo: Fred si è fermato alla frontiera, è andato dai doganieri e ha chiesto se si poteva entrare un'oretta per mangiare al ristorante lì vicino. Ci hanno lasciati passare, senza controlli e senza visto. Che meraviglia! Perché non può essere sempre tutto così semplice?
Siamo rientrate al Khweza con la triste consapevolezza che questa è stata la nostra ultima gita in Kenya. Appena arrivate siamo corse all'ufficio di Peris per abbracciarla e ringraziarla. La nostra bambolona di cioccolato era felice di trovarci soddisfatte e ci siamo fatte una foto tutte insieme vicino alla reception.
Domani post office per spedire le cartoline e poi ci aspetta il viaggio di ritorno.

Cavallette & Peris



lunedì 9 marzo 2015

Missioni compiute + sorpresa

Un po' tristi perché stavamo tornando in città dopo giorni di natura selvaggia, abbiamo fatto colazione alle 6.30 del mattino e abbiamo recuperato il sonno durante il tragitto.
Viaggiando con il nostro autista terrone, ci siamo adattate alle usanze del posto. Vi faccio un esempio esplicativo. Il pulmino scassato è diventato la nostra seconda casa e durante gli spostamenti ci facciamo comodamente i fatti nostri, svaccate sui sedili. Appena avvistiamo un poliziotto sulla strada, però, una di noi grida: -Polizia!- e scattiamo in posizione composta allacciandoci le cinture. Passato il controllo, torniamo tre zingare.
A sud di Nairobi c'è un altro parco nazionale che ospita sia il Giraffe Center che l'orfanotrofio degli elefentini ed è lì che il fidato Fred ci ha portate stamattina. Le foto non basteranno a raccontarvi l'emozione di accarezzare la giraffa Ellen e veder correre i cuccioli di elefante verso i biberon. I soldi per i biglietti d'ingresso e i souvenir che abbiamo acquistato aiuteranno le associazioni animaliste che gestiscono questi centri dove l'uomo si riscatta un po' per il male che fa a queste creature meravigliose.
Dopo queste due tappe, abbiamo chiesto a Fred quale fosse il programma e lui ha risposto: -Sorpresa!-
Ci ha portate a pranzo in un posto bellissimo con un laghetto artificiale a forma di Africa e i tavoli all'aperto in un giardino verdissimo. Non sembrava nemmeno di trovarsi a Nairobi. Il buffet all you can eat era ricchissimo e l'abbiamo onorato.
A pancia piena, eravamo curiose di scoprire dove ci avrebbe portato la nostra guida. Ha parcheggiato all'ingresso di un parco pubblico e si è fermato a una bancarella a comprare un sacco di noccioline con le quali ha riempito le mani alla Fra e alla Niña dicendo: -Andate!-
Appena entrate nel parco, le Cavallette sono state accerchiate da tante piccole scimmiette che chiedevano noccioline. Avevo detto a Fred che a me fanno un po' paura, dopo certe esperienze con macachi dispettosi, quindi ha riempito di noccioline le mie due compagne mentre io scattavo le foto. Il parco era pieno di gente che si rilassava in questa domenica di sole e pieno di scimmiette che giocavano con adulti e bambini. C'era un'atmosfera serena, nonostante il posto fosse affollato, ed è stata proprio una bella sorpresa.
Qui trovate le foto del giorno.
Tornate al Khweza, abbiamo preso possesso della nuova stanza e cenato presto in terrazza perché, mentre voi leggerete questo post lunedì mattina, noi saremo di nuovo in viaggio con Fred verso una meta scelta all'ultimo minuto. Non vi svelo altro, questa sarà una sorpresa per voi.


P.s. Per chi fosse preoccupato dalla stitichezza della Niña, l'emozione di baciare una giraffa l'ha liberata e non ha bevuto l'acqua del rubinetto, come aveva suggerito la nostra operatrice sanitaria Fra.

domenica 8 marzo 2015

Lago Naivasha: Cavallette in fuga

Niña: -Non riesco ad andare in bagno...-
Fra: -Prova a bere l'acqua del rubinetto.-

Per 2000 scellini a persona, ci siamo permesse un'ora di giro in barca sul lago più alto del Kenya. L'omino che guidava era un tipo di poche parole, credo ne abbia dette tre e una era “Cormorano”. Il lago Naivasha, infatti, è un ottima meta per il birdwatching e il panorama tra le montagne è bellissimo. Mentre navigavamo lentamente poco distanti dalla riva, ci volavano intorno pellicani, cormorani, marabù, oche egiziane e altri volatili colorati.
???
Il vero motivo per cui abbiamo pagato il giro, però, è che si possono osservare gli ippopotami da vicino, a mollo tra gli alberi pieni di nidi. Noi eravamo felicissime anche se un po' preoccupate perché questi grossi erbivori sono notoriamente territoriali e la nostra fragile barchetta si avvicinava molto. Troppo, secondo un ippopotamo che si è alzato dall'acqua e si è tuffato per inseguirci sollevando un'ondata spaventosa. Il barcarolo ha subito accelerato per fuggire e, per fortuna, l'abbiamo seminato. Poco dopo, mentre eravamo in vista di un branco di quindici ippopotami, il motore si è spento. Sono stati attimi di panico, ma questi non sembravano infastiditi dalla nostra presenza. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, durante i quali ci immaginavamo a remare furiosamente verso riva e correre da Fred urlando, il motore è ripartito. Abbiamo scattato foto stupende, ma siamo tornate a terra invecchiate dallo spavento.
-Ora vi porto a Hell's Gate- ha annunciato Fred. Ah, non era quello l'inferno?
Hell's Gate National Park è l'unica riserva in Kenya dove si possono fare safari a piedi e in bici perché non ci sono predatori pericolosi. Lungo la strada, infatti, abbiamo incorciato diversi ciclisti, eroi o pazzi a pedalare sotto il sole africano. Nuovo cambio di paesaggio: tutto secco e alte pareti di roccia. Sembrava un altro pianeta, fatto di canyon e pinnacoli, un capolavoro made in Rift Valley. Le antiche eruzioni dei due vulcani che dominano il panorama hanno raso al suolo i villaggi Masai dell'epoca, inondando di lava la valle e inghiottendo parte del lago Naivasha che ora si trova sotto terra. Le altre tribù Masai, venendo da nord, si sono trovate davanti a uno spettacolo di devastazione e, imputandolo a una punizione divina, hanno dato al luogo il nome di “Porta dell'inferno”. Le acque sotterranee ora sgorgano dalle pareti dei canyon in tante cascatelle bollenti.
Fred ci ha affidate a una guida che ci ha portate dentro una delle gole di roccia vulcanica, quella dove sono state girate alcune scene di Tomb Raider II. Ora, noi non saremo la Jolie, ma l'abbiamo esplorata senza effetti speciali e in scarpe da tennis. Ne siamo uscite impolverate e sfinite, ma contente di aver visto anche questo insolito aspetto del Kenya e poi sapete che io sono sempre felice di ascoltare storie di vulcani. Cavallette all'inferno e ritorno, insomma.
Ho lasciato per ultima la parte migliore della giornata. Entrati al parco, Fred ha avvistato due giraffe e, certo che stessero per attraversare la strada, si è precipitato nelle vicinanze e ci ha fatte scendere dal pulmino dicendoci di andare loro incontro. È stato fantastico rincorrere le giraffe e farci le foto con loro in quel panorama straordinario. Un'altra giornata avventurosa e piena di sorprese che l'Africa ha voluto regalarci e sembrano così stupide e lontane le preoccupazioni che ci mettevano ansia prima di partire.
La sera siamo stati alla Jane Guest House, un posto carinissimo dove potevamo scegliere tra tre camere singole o una tripla allo stesso prezzo. Ci dispiaceva sporcare tre stanze e tre bagni, così abbiamo optato per la tripla. E poi ci faceva tristezza dormire da sole, ormai siamo una squadra unita e bellissima e non volevamo separarci. Vi parlerò meglio del Jane nel post Barbi Advisor al mio ritorno.

Per ora guardate qualche foto di questa giornata, ma ricordate che non è ancora finita!

Il passo in più

Questa mattina, Fred è venuto a prenderci alle 8. Non ne eravamo certe perché la sera prima, venerdì, ci ha detto che sarebbe andato a divertirsi un po', mentre noi stavamo nell'albergo imbarazzante, lui avrebbe dormito in una pensioncina vicino a un pub. Ecco svelato come si rientra nel budget del tour. Gli abbiamo detto -Have fun, but not too much.- (Divertiti, ma non troppo) e stamattina si è presentato puntuale, nonostante avesse dormito tre ore. Bisogna dire che quando è stanco guida con maggiore prudenza, infatti ci ha portato a Naivasha restando nella sua corsia, senza azzardare i suoi doppi sorpassi carpiati.
Dimenticavo un particolare: sulla strada dal Masai Mara alla regione dei laghi, Fred si è fermato a comprare 4 sacchi di carbone (ci mancava solo quello a impolverare i nostri bagagli) perché il prezzo è un terzo di quello che trova a Nairobi. Ha detto che regalerà due sacchi a sua madre per cucinare e rivenderà gli altri due a Nairobi recuperando i suoi soldi. Quindi il nostro pulmino è ancora più carico.
Dopo aver incrociato una bella ragazzotta kenyota con la maglietta "La vista da dietro è ancora migliore" e una breve sosta al laghetto Elementaita, che non è niente di speciale, siamo arrivati al nostro nuovo hotel che è ancora più figo del precedente e ha pure la piscina. Mattinata di relax, quindi, perché dopo pranzo faremo un'escursione nel parco del lago Naivasha, dove si può andare a piedi perché non ci sono animali pericolosi e poi un giro in barca.
Mentre tiriamo l'ora di pranzo, stiamo programmando i prossimi giorni a Nairobi. Abbiamo chiesto consiglio a Fred che ormai ha capito che ci interessa solo la natura: niente villaggi "tipici solo per turisti", niente artigianato locale, niente musei. Ci ha dato diverse opzioni, tra le quali ovviamente il Giraffe Center e l'orfanotrofio degli elefanti che già avevamo in lista. Non vi svelo nient'altro, così troverete la sorpresa sul blog, ma condivido con voi una riflessione sulle guide.
Devo dire che nella mia carriera di viaggiatrice sono stata fortunata perché ho trovato sempre persone appassionate. Come disse Hannes, amico e guida esperta che non potremo mai permetterci, una buona guida è quella che sa fare il passo in più per rendere felice il suo ospite, quel gesto fuori dal comune che rende l'esperienza unica e personale, una buona guida ascolta, capisce e anticipa i tuoi desideri. Mi viene in mente Hannes che ci porta a bere una birra nel resort con vista sulle cascate, fingendo con lo staff di voler organizzare viaggi di gruppo con la tour operator italiana (io), solo per far vedere al TdC la giraffa che ci eravamo persi nel safari in Botswana; oppure Mario a Flores che ci ha portati a scroccare la merenda dallo stregone, Ponco, in Borneo, che ci ha invitati al matrimonio del suo amico; Mbra, a Sumatra, che ci ha messi alla prova nella giungla. Ora, con le Cavallette, abbiamo Fred che non si fa problemi a sforare gli orari dei parchi pur di farci godere i nostri momenti nella natura, che prende le piste meno battute e ci lascia scegliere quello che vogliamo fare.
Con queste poche righe voglio ringraziare queste persone perché se ricordiamo ancora i loro nomi è perché hanno saputo fare quel passo in più rispetto a una lezione ripetuta a memoria per i turisti e hanno reso i nostri viaggi indimenticabili.
A presto, lettori, con le foto di Naivasha e altri giorni avventurosi.

Cavallette & Fred

sabato 7 marzo 2015

Felici e disorientate

La nostra avventura africana continua, mentre i nostri fidanzati fingono di sentire la nostra mancanza godendosi dieci giorni di libertà.
Oggi ci siamo spostate a nord, al lago Nakuru, lasciandoci alle spalle la savana per tornare a percorrere la Rift Valley. Dal finestrino del pulmino ho scattato qualche foto mossa dei Dust Devil e dei villaggi sporchi e miseri che sorgono lungo l'autostrada. Il paradiso degli animali sta proprio accanto all'immondizia dell'uomo. Da Masai Mara a Nakuru sono circa sei ore di viaggio, andando con calma. Beh, calma fino a un certo punto perché Fred, quando si è reso conto che saremmo arrivati tardi per pranzo all'hotel di Nakuru, ha cominciato a guidare come un terrone, infilandosi tra i camion, sorpassando la coda dalla corsia d'emergenza. Per gli ultimi chilometri, preoccupate, abbiamo smesso di guardare davanti e ci siamo ritrovate magicamente salve alla meta. 
Nakuru è una cittadina dall'aria tranquilla e meno sporca, ma soprattutto ci siamo ritrovate in un albergo di lusso. All'ingresso le guardie di sicurezza ci hanno passato il metal detector addosso e hanno controllato i nostri bagagli. Gli ospiti erano tutti eleganti, forse uomini d'affari riuniti per qualche meeting e donne in tailleur e tacchi alti. Chi si aspettava un posto del genere dopo la tenda?
imbarazzate in reception
Visto quanto abbiamo pagato a Peris, immaginavamo un bed&breakfast, invece, ci siamo presentate alla reception con le magliette delle Cavallette e completamente ricoperte dalla polvere delle strade come le nostre borse. La stanza non era ancora pronta, così siamo andate a pranzo in quello stato. Eravamo un tantino in imbarazzo. Il buffet all'aperto offriva tanti diversi piatti tipici, zuppa, verdure cotte e crude con mille combinazioni di spezie, la polenta bianca che avevo già assaggiato in Zambia, una specie di piadina che si chiama Chapati, pollo arrosto, riso al curry con peperoni, oltre a frutta fresca e una scelta di dolci. Eravamo proprio il tavolo dei barboni.
Dopo pranzo, ci siamo diretti al parco nazionale che sorge sulle rive del lago Nakuru per un safari pomeridiano. Qui il paesaggio è molto diverso dal Masai Mara: intorno al lago è verde e pieno di alberi ombrosi, tanto che lungo certi sentieri sembrava di stare in un bosco nostrano; allontanandosi dall'acqua diventa così arido e polveroso che pareva il set di un vecchio film western. È strano vedere le zebre e le gazzelle in una foresta mentre le immaginiamo sempre nella savana, ma il bello di Nakuru è proprio questo, oltre, ovviamente al lago. A guardarlo da lontano sembra un gioiello blu incastonato tra colline aride che ne esaltano il colore, è bellissimo.
L'obiettivo di Fred questa volta era farci vedere un rinoceronte perché era l'unico animale che ci mancava dei Big Five. Prima di metterci in cerca della nostra preda fotografica, siamo scesi in riva al lago per vedere alcuni dei fenicotteri che popolano questo e gli altri laghi della zona. Insieme a questi buffi uccelli rosa, abbiamo trovato pellicani e tanti altri volatili. Ci siamo allontanate di qualche passo dal pulmino, camminando su isole di guano dove le nostre impronte si facevano sempre più profonde verso la riva, rischiavamo di rimanere impantanate nelle cacche-mobili. Mentre scattavamo le nostre foto, sono arrivati due autobus carichi di studenti in divisa, uno di ragazzi e uno di ragazze: alla faccia della gita scolastica!
Siccome Fred non ama la folla, ci ha subito portate via dalla spiaggia di guano per inoltrarsi nel parco. Tra nuvole di polvere, alberi dalle forme stupende, giraffe nane, gazzelline in allattamento e branchi di babbuini, ecco apparire i primi rinoceronti. Fred era più esaltato di noi e gridava: -Sono quelli bianchi! I rinoceronti bianchi!- e giù sull'acceleratore per conquistare un posto in prima fila tra gli altri gruppi di turisti. Anche qui poca gente, ancora meno che al Masai Mara. 
Prima ci siamo fermati per un branco di tre rinoceronti che poi, uno alla volta, ci hanno attraversato la strada. Spostandoci verso il punto dove stavano per attraversare, siamo rimasti in seconda fila e si vedeva che Fred scalpitava dopo aver tentato di infilarsi senza successo tra i due van che ci precedevano. Che ridere! Alla fine, però, si è messo di traverso in modo che l'ultimo rinoceronte ci venisse incontro per seguire i suoi compagni e allora l'abbiamo visto davvero da vicino. Che bestia strana: ha l'aspetto di un mostro preistorico, ma si muove pacifico ed è pure un po' timido in presenza delle persone.
Più tardi abbiamo visto anche due rinoceronti neri, ma erano molto lontani e al Nakuru non è permesso lasciare le strade battute come al Masai Mara. Al tramonto, stavamo facendo un giro sull'altra sponda del lago, ormai praticamente soli con i ranger, e un branco di bufali ha posato nella polvere illuminata dal sole per le nostre foto.
Tornando verso l'uscita, ci siamo imbattuti in un altro gruppetto di rinoceronti bianchi, quattro questa volta, e siamo rimasti a guardarli a motore spento, mentre il sole calava. Spettacolare!
Un'ultima sorpresa prima di lasciare il parco: Feddi ha avvistato un cucciolo di iena! Naturalmente, Fred ha fatto retromarcia a cento all'ora, ma abbiamo solo un paio di foto perché il piccolo è sparito subito nell'erba alta.
Anche questa è stata una grande giornata nella natura e anche per questa vi mostriamo qualche foto con la promessa di aggiungerne altre appena avremo tempo. Le trovate qui.
 

Cavallette Witch Project


venerdì 6 marzo 2015

La nostra Africa

Trovata una connessione internet, ecco la cronaca dei nostri primi giorni in Kenya.

scorcio di Rift Valley


DA NAIROBI AL MASAI MARA
La prima notte a Nairobi abbiamo dormito alla grande. Eravamo stanche, certo, però è anche merito dei comodissimi letti del Khweza. A parte una tizia che a un certo punto si è messa a urlare in strada proprio sotto la nostra finestra, ci siamo svegliate riposate e pronte per l'avventura.
Dopo colazione, siamo scese in reception e lì ho finalmente conosciuto Peris che ieri non c'era. 
-Ah Simo!- mi ha salutata -Non vedevo l'ora di incontrarti!-
Così alla fine ho scoperto che Peris è una donna, anzi una bambolona di cioccolato fondente con un grande sorriso simpatico che mi ha abbracciata come una vecchia amica, dopo tutte le mail che ci siamo scritte per organizzare questa vacanza. La rivedermo lunedì prossimo perché Fred, il nostro autista, ci aspettava già in strada con il nostro pulmino personale.
Fred è un altro personaggio sempre sorridente e soprattutto è un grande pilota perché, oltre a sapersi destreggiare nel traffico spaventoso del mattino, è un esperto di sterrati. Il mezzo non è propriamente un 4x4, ma nelle mani giuste ti porta ovunque, come insegna Top Gear.
Nel casino di Nairobi, certe manovre sfidano le leggi della fisica, lo spazio si crea mentre ti avvicini e magicamente ti infili tra quattro auto provenienti da direzioni diverse (una con l'adesivo Jesus never fails) in mezzo a un incrocio. Per un istante il tempo si ferma, poi qualcuno fa la prima mossa e, in un gioco di sfioramenti, il nodo si scioglie.
Uscite da Nairobi, ci siamo lasciate alle spalle la puzza di smog e di rifiuti bruciati, per sentirci finalmente in Africa. Il panorama intorno alla strada si trasforma in quello selvaggio dei documentari e, passando su un altopiano che domina la Rift Valley ci siamo soprese di quanto fosse verde. Fred si è fermato in un punto panoramico per lasciarci fare le prime foto, poi ha indicato l'orizzonte e ha detto: -Tra poco, noi spariremo laggiù nel bush!-
Dopo tre ore di viaggio, il tratto asfaltato finisce e viene rimpiazzato da una pista di terra rossa piena di pietre. Fred ha sgonfiato le gomme del pulmino e nelle due ore successive ha dato il meglio di sé. Sembrava di stare in sella a un cavallo impazzito, mentre accanto a noi si formavano enormi Dust Devils che poi svanivano come erano apparsi. I pastori Masai con i loro abiti colorati sfilavano dietro i finestrini salutandoci. Schivando buche come crateri e saltellando sui dossi, Fred riusciva anche a indicarci giraffe e zebre tra gli alberi e rispondere al cellulare. Un mito che ci ha ricordato ancora una volta le imprese degli speciali di Top Gear in terre selvagge.
Verso l'una ha svoltato in un villaggio alle porte del Masai Mara annunciando: -You are home!- al che ci siamo preoccupate perché ci aspettavamo un campeggio, mentre stavamo attraversando una baraccopoli. Poi, però, siamo entrati in un'area recintata e il paesaggio è cambiato di nuovo: il campeggio è favoloso! La nostra tenda ha perfino il bagno privato con doccia calda e il ristorante ha una vista magnifica sulla valle. Ad aiutarci a scaricare i bagagli, sono intervenuti il gestore del camping e un masai in abito tradizionale. Non hanno voluto essere aiutati e ci hanno perfino spolverato le valige! La corrente c'è solo dalle 18 alle 22, come in Kalimantan e niente wifi, quindi leggerete tutto questo tra qualche giorno.
Dopo pranzo, pennichella per Feddi e Fra, mentre io ho scritto questo pezzo. Ora si parte per il primo safari. Evviva!

CAVALLETTE AL MASAI MARA
la nostra tenda
Il primo assaggio di uno dei parchi più famosi d'Africa è stato in un tranquillo pomeriggio di sole. All'ingresso, mentre Fred comprava i biglietti per due giorni, il nostro pulmino è stato assalito da uno stormo di belle e colorate donne masai che cercavano di venderci collane e braccialetti. Abbiamo attuato la strategia giapponese che funziona sempre: sorridi e fingi di non capire. La gente ti prenderà per deficiente, ma alla fine si arrende e ti lascia stare.
Varcato il cancello, è cominciata la nostra piccola avventura di tre ore e mezza.
Abbiamo incontrato pochissimi turisti perché in genere vengono in estate, quando i grandi branchi di animali migrano verso il Serengeti. Per noi è stato bellissimo visitarlo nella quasi totale solitudine e goderci panorami favolosi strapieni degli animali selvaggi dei documentari.
Abbiamo visto da vicino gnù, zebre, gazzelle, impala, bufali e giraffe in quantità. Abbiamo anche incontrato un paio di pastori masai con il loro gregge e Fred ci ha spiegato che indossano abiti dai colori vivaci perché così possono vedersi anche da lontano nella savana.
Fred si conferma un grande pilota e ha una passione per le piste meno battute. Se avvista qualcosa di interessante, si getta all'inseguimento, incurante dei rumori sinistri emessi dal nostro pulmino scassato e dei lividi che ci siamo fatte facendoci sballottare sugli sterrati. Quando Fred dice -Tenetevi forte!- bisogna aspettarsi di tutto.
Il nostro primo safari in Kenya ci ha emozionate e non vedevamo l'ora di trascorrere l'intera giornata successiva nel parco. Mentre tornavamo al campeggio, Fred ha incrociato un'altra guida che gli ha detto di aver avvistato un ghepardo. Per tutta la sera il nostro driver si è disperato perché ce lo siamo perso. Non si dava pace e prometteva grande spettacolo per il giorno dopo.
La vista dal ristorante del campeggio è strepitosa, ma il cielo nuvoloso ci ha privato del nostro primo tramonto africano.
Per cena abbiamo trovato zuppa di verdure calda, deliziosa. Puntata la sveglia alle 6.30, siamo andate a letto ancora emozionate e ben coperte perché la notte la temperatura crolla.

UN GIORNO DA ESPLORATRICI
Questa è stata una giornata straordinaria!
Colazione alle 7 per le tre Cavallette armate così: reflex Nikon (io), reflex Canon (Fra), Iphone (Feddi), una piccola Kodak compatta per i video.
Fred era carico e deciso a farci vedere il meglio del parco, ancora incazzato dal giorno prima per essersi perso il ghepardo.
la giraffa morta in HD
La prima parte del Masai Mara è incredibilmente verde e rigogliosa, poi, dopo la curva della giraffa sbranata (l'abbiamo chiamata così perché c'era davvero il cadavere di una giraffa mangiata dalle iene), si sale su un altopiano oltre il quale comincia la tipica savana gialla con l'erba alta. Prima di arrivarci, però, Fred ha avvistato un leone nella zona verde e si è lanciato all'inseguimento, uscendo dalla pista, per farcelo fotografare da vicino. Mentre lo raggiungevamo, ci siamo accorti che erano in due, maschi e probabilmente fratelli. Qualche altro pulmino di turisti ci ha seguiti, ma il nostro autista è il migliore e siamo arrivati per primi. Che meraviglia! I leoni, per nulla spaventati dalla nostra presenza, hanno continuato a passeggiare e si sono anche buttati nell'erba a giocare tra loro. Ci si è poi presentata una scenetta bizzarra: un bufalo ha cominciato a inseguire uno dei due leoni e quello si allontanava a grandi passi. Ma come? In tv si vede sempre il contrario!
Ci siamo poi diretti verso le colline verdi del Serengeti che segnano il confine con la Tanzania, inoltrandoci in un paesaggio da film d'avventura. Come vedrete nelle foto (oggi ne carico poche, giusto per darvi un'idea, ma appena possibile ne aggiungerò molte altre e qualche video) abbiamo incontrato tanti animali meravigliosi ed è così bello poterli osservare liberi nel lor ambiente che non capisco come si possa cacciarli invece che proteggerli. Per fortuna questo parco è pattugliato da ranger e unità speciali anti-bracconaggio perché è davvero un ecosistema prezioso. Tra giraffe, gazzelle, strani uccelli dai colori incredibili, elefanti con cuccioli, bufali, facoceri, ippopotami e coccodrilli eravamo completamente rapite da questo luogo magico. Visitarlo da sole, invece che con un gruppo, ci ha dato la libertà di fermarci quando e dove volevamo per osservare e scattare foto.
Intanto Fred era sempre alla ricerca di qualcosa di speciale per riscattarsi dalla storia del ghepardo. Non si rendeva conto che per noi era già tutto speciale. Si è inoltrato sempre più lungo i sentieri meno battuti per trovarci una leonessa tra i cespugli. Mi vanto di essere stata io ad avvistrala per prima tra le foglie e Fred ha fatto una retromarcia a tutta velocità per portarci più vicino. Era bellissima e l'abbiamo seguita per un po', finché si è messa a puntare una coppia di facoceri e ci siamo allontanati per lasciarla cacciare in pace.
Ci siamo fermati sotto un albero per mangiare il nostro pranzo al sacco e subito siamo stati raggiunti da due avvoltoi che aspettavano gli avanzi.
Qui, tanto per rendervi partecipi, ho fatto pipì nella savana, ma era già la seconda volta, la prima è stata in collina tra i cespugli mentre arrivava una jeep con una coppia di giapponesi, ma mi scappava troppo; la Niña l'aveva fatta tra i cespugli come me prima scendere al fiume dove abbiamo visto ippopotami e coccodrilli; la Fra l'ha tenuta fino a sera.
Dopo la pausa, siamo tornati a caccia di foto e i ranger ci hanno indicato dove un gruppo di leoni stava facendo la pennichella all'ombra. Ovviamente ci siamo precipitati là e li abbiamo trovati sdraiati a rilassarsi come gattoni.
Fred, però, non era ancora soddisfatto: -Dovete vedere un ghepardo o un leopardo!- e non ci avrebbe riportate in campeggio finché non avesse compiuto questa missione.
La mattina ci aveva mostrato un albero con strani frutti allungati a forma di salamelle e ci aveva spiegato che da quei frutti i Masai fanno la birra. Lasciati i leoni, si è diretto di nuovo verso l'albero della birra sperando di avvistare un leopardo perché sapeva che ama arrampicarsi tra i suoi rami. Noi già ci vedevamo a vagare fino a notte fonda in cerca di un così animale raro e sfuggente, quando all'improvviso è apparso proprio davanti a noi e ci ha attraversato la strada. Io ho lanciato un'esclamazione colorita perché, se non fosse stato perché andavamo pianissimo, l'avremmo investito. Fred intanto ringraziava il cielo perché finalmente si era tolto un peso dalla coscienza. Il leopardo ci è passato accanto e poi è saltato silenziosamente sull'albero della birra per accomodarsi su un ramo con le zampe a penzoloni. Che fortuna!
Foto, video e infiniti wow, dopo, siamo tornati sulla pista battuta e, vedendo in lontananza un altro pulmino, Fred ha cominciato ad abbagliare per segnalare l'avvistamento. È stato un gesto molto carino condividere con altri la nostra fortunata scoperta, come anche fermarsi a raccogliere una bottiglia di plastica lasciata da qualche incivile.
Siamo rientrati al campeggio in tempo per la cena. Puzzavamo come il TdC dopo una settimana in Sardegna con Thomas ed eravamo ricoperte di terra rossa, ma eravamo tre Cavallette soddisfatte.

Prossima tappa: lago Nakuru.
Intanto godetevi qualche foto del Masai Mara.

martedì 3 marzo 2015

Da Milano a Nairobi: gli umani e il cibo

Il viaggio, come previsto, è stato una mazzata.
Barbi svenuta a Doha
Dato che il volo era alle 21.30 (poi rimandato di mezz'ora), abbiamo mangiato qualcosa a Malpensa. Come sapete, la Niña è vegana quindi abbiamo chiesto alla pizzeria Rosso Pomodoro una margherita senza mozzarella, ottenendo la stessa reazione che se avessimo chiesto un filetto di marziano. Impossibile, pure, avere un'insalata senza formaggio, tonno o prosciutto. Insomma, posso capire che un ristorante qualsiasi non sia attrezzato per soddisfare particolari esigenze alimentari o intolleranze, ma stiamo parlando dell'aeroporto dove passeranno i milioni di turisti diretti a Expo che, oltretutto, ha come tema proprio il cibo!
Quanto siamo il terzo mondo? Tanto, visto che perfino il menù del minuscolo ristorante sopra il nostro b&b a Nairobi ha una sezione dedicata ai piatti vegetariani e vegani.
Ma andiamo con ordine. Sul nostro volo Qatar erano disponibili decine di menù diversi e, un piatto vegetariano, te lo portano anche se non l'hai prenotato al check-in. Il cibo sugli aerei non è il massimo, si sa, ma il tizio seduto nella fila davanti a noi ha fatto una scenata perché primo e secondo sono serviti in un “piatto” unico, mentre lui voleva solo la pasta. Ha restituito il vassoio alla hostess e ha rifiutato qualsiasi alternativa lei gli proponesse, tenendo il muso come un bambino capriccioso.
Ciao dalla Fra
Dopo sei ore, le Cavallette sono atterrate a Doha dove, evitando accuratamente i ristoranti super lussuosi, abbiamo scoperto che per mangiare servono 5 euro oppure il corrispettivo in moneta locale, che sono 23... monete locali del Qatar (come si chiamano?). Con questo non intendo che il cibo sia a buon mercato, ma che abbiamo preso tutte un cappuccino di soia per 5 euro e, più tardi, Feddi ha mangiato un'insalata di pomodoro e cipolla accompagnata da quasi mezzo chilo di hummus per lo stesso prezzo, mentre io ho investito in una buona porzione di yogurt con muesli e miele sempre a 5 euro. Insomma, all'aeroporto di Doha il menu a prezzo fisso assume un nuovo significato.
Sul volo da Doha a Nairobi eravamo solo una dozzina di persone perciò, dopo il decollo, tra passeggeri e staff regnava un'anarchia rilassata. Ognuno si è preso un'intera fila di sedili, allargandosi come se fosse in business class e l'equipaggio, tranne i piloti ovviamente, si è riunito in fondo alla cabina a chiacchierare e bere come al bar. Perfino in quell'atmosfera, siamo riuscite ad avere un menù vegetariano e la salsa di cocco che accompagnava patate e fagiolini era davvero buona, come anche l'insalata di carote, sedano e noci.
Feddi in aereo, Barbi svenuta di nuovo
In tutto ciò, siamo atterrate a Nairobi nel tardo pomeriggio di oggi, sognando una doccia, una cena leggera e finalmente il riposo in un letto vero. All'aeroporto è venuto a prenderci un autista inviato dal b&b che ci aspettava con il cartello “Simo Barbi Colombo”, peccato non averlo fotografato. Non voglio giudicare la città dal poco che potuto osservare dai finestrini o dalle quattro parole scambiate con l'autista, ma gli scorci di Nairobi che abbiamo attraversato per giungere alla meta possono togliere l'appetito. È tutta incasinata, disordinata, rumorosa e sporca. Era l'ora di punta e il traffico non ne ha certo aumentato il fascino, ma dall'aeroporto al nostro alloggio non siamo riuscite a scorgere un solo edificio che non fosse fatiscente. Khweza, per fortuna, è molto carino all'interno e lo staff gentile e disponibile, però, non abbiamo nessuna intenzione di uscire a fare un giro nel quartiere. Onestamente, un po' ce lo aspettavamo, nessuno passa da Nairobi perché è una bella città, eppure ci siamo rimaste male perché abbiamo visto persone molto belle circondate da una quantità sconcertante di spazzatura.
Il mio primo pensiero è stato che, esclusi i Paesi del nord come per esempio Marocco ed Egitto le cui storie sono sempre state legate a grandi centri urbani dove si intrecciavano commercio e cultura, le città del resto dell'Africa non sono nate dalla storia e dagli abitanti del luogo, ma sono monumenti a tutto ciò che di sbagliato è stato fatto in questo continente dalle risorse straordinarie. Voglio dire che la cultura, le tradizioni, l'arte, artigianato di questi popoli sono di tipo tribale, nate nei villaggi, in mezzo alla natura: una metropoli è davvero l'ultima cosa che possa rappresentare la storia di questi popoli, ne celebra invece l'aspetto più misero.

Ok, siamo provate dal lungo viaggio e il nostro primo sguardo sul Kenya si è posato, probabilmente, sul suo lato peggiore. Ci rifletterò con più lucidità dopo aver recuperato il sonno perso da ieri. 
Domani alle 8, appena dopo colazione sulla terrazza del Khweza, abbandoneremo la città e comincerà il nostro viaggio nella natura che, al contrario della gente, non ci ha mai deluse.

P.s. Pubblico questo post senza rileggerlo perché sto crollando dal sonno, perdonate eventuali errori e frasi poco sensate.
Buonanotte, amici. 
Buonanotte, Nairobi.

domenica 1 marzo 2015

L'ottimismo di National Geographic



Domani sera, le tre Cavallette partiranno per il Kenya alla scoperta di alcuni tra i più bei paesaggi africani. Armate di curiosità e macchine fotografiche, vi racconteremo la nostra avventura più o meno in diretta, wifi permettendo.
Oggi viaggiare è facile per tutti, ma, come ho già detto, quello che fa la differenza tra un turista e un viaggiatore è lo spirito con cui si vive l'esperienza in un luogo nuovo.
Questo mi fa pensare agli articoli dell'unica rivista a cui mi sia mai abbonata: National Geographic. Ora vi sembrerà un post promozionale, ma voglio celebrare sul mio blog questa grande fonte d'ispirazione. Cos'ha di speciale? Articoli seri e interessanti insieme a foto spettacolari.
Tratta tutti gli argomenti che mi affascinano: scienza, storia e natura. Mi racconta luoghi e fatti attraverso le parole di grandi reporter che vivono esperienze in prima persona, avventurandosi dove altri non arrivano, calandosi nell'ambiente e nelle storie di cui scrivono e che fotografano, cercando di capire e approfondire il bene e il male del mondo in ogni suo aspetto. 
Questi giornalisti conservano lo spirito degli antichi esploratori, una curiosità senza pregiudizi, un'appassionata voglia di conoscere, il coraggio di portare alla luce anche la spazzatura sotto il tappeto.