All'alba,
un branco di Nasica è passato sopra le nostre teste e sui tetti del
lodge, trovandoci già sveglie perché qui è talmente bello che
quasi dispiace perderselo dormendo, eppure abbiamo dormito benissimo
con la frescura della pioggia. Non potevamo immaginare un mattino più
splendido: l'aria limpida, il cielo azzurro intenso decorato da
nuvole bianche e il fiume. La pace delle prime ore del giorno, quando
la giungla è già attiva, ma indisturbata dalle persone, è tutta da
respirare. Passeggiamo in pigiama nei dintorni del lodge, seguendo
scimmie e farfalle, e ovunque posiamo lo sguardo ci viene da
sussurrare: «Che meraviglia!»
e dico sussurrare perché è spontaneo, per chi è sensibile,
inchinarsi davanti alla bellezza e usare il riguardo che meritano le
cose preziose e fragili.
Dopo
colazione, aspettiamo il klotok sul molo, godendoci la vista del
fiume liscio e perfetto come uno specchio. Non servono
parole, si sta lì a riempirsi gli occhi di stupore e a purificarsi
l'anima con pensieri leggeri e profondi insieme, sperando di
conservare il più a lungo possibile quell'incantevole sensazione di
appagamento.
Ci
imbarchiamo ancora una volta sulla nostra Rimba King, dove ormai ci
sentiamo a casa al punto di girare scalze, e Sonia e Feddi si
concedono anche un momento di yoga. Intorno al fiume, la vita è in
fermento ed è un piacere catturarne i dettagli con lo sguardo e
qualche foto.
Questa
volta, Eros ci porta a Pondok Tangui, un'altra stazione di
alimentazione dove Jungle Feddi, che la sera prima si guardava attorno terrorizzata dalle tarantole, si accuccia con noncuranza accanto al recinto che segna il limite di avvicinamento per i visitatori. Appena i ranger servono il pasto, gli alberi cominciano a muoversi ed è sempre emozionante intuire, ancor prima di vedere, l'arrivo degli orangutan. Il primo a banchettare è un maschio adulto, imponente, ma dall'aria placida, poi arrivano mamme e cuccioli. In questo gruppo c'è un piccolo vivace, curioso e un po' esibizionista che fa il bulletto con i più piccoli e ci guarda come se si aspettasse che lo divertiamo. Trovandoci noiosi, a un certo punto lascia la piattaforma e comincia a esercitarsi nell'arrampicata, passando di albero in albero sopra le nostre teste e proseguendo nei dintorni del sentiero. Non è ancora esperto e sicuro come gli adulti: fallisce qualche presa, rimane incastrato in un groviglio di rami, cerca la via migliore per tentativi.
Poi si ferma a fissare i nostri zainetti appoggiati alla panca e già immaginavo di dovergli lanciare una banana per farmeli restituire, ma quando Sonia, che era proprio sotto di lui, ha fatto un passo indietro per lasciargli spazio, il piccolo è risalito in cima all'albero. Avrà pensato che non valesse la pena abbassarsi al livello degli umani solo per curiosare in uno zaino.
Sazia a sufficienza, una madre ha lasciato la piattaforma per tornare nella foresta col suo cucciolo, ma non ha preso il sentiero laterale come tutti gli altri, si è guardata intorno e ha deciso di passare per l'angolo del recinto dove stava accucciata la nostra Feddi. Credo che gli animali si fidino istintivamente di lei, ne ho avuto la prova più volte negli anni: dai gatti alle balene, dalle scimmie alle civette, tutte le creature del pianeta, per quanto selvatiche, la riconoscono e le si avvicinano senza timore, la scelgono tra le altre persone perché ne percepiscono la natura dolce e gentile. Lei, emozionata all'avvicinarsi della coppia, ma attenta a non infastidirli, non si è mossa e ha trattenuto il sorriso di gioia che le sarebbe venuto spontaneo perché per tutti gli animali, eccetto l'uomo, mostrare i denti è un gesto aggressivo; ha perfino distolto lo sguardo nel momento in cui mamma e cucciolo le sono passati accanto perché fissarli li avrebbe messi in allarme. In certi momenti bisogna saper rinunciare, il rispetto viene prima di tutto, e sono sicura che la dolce orangutan ha apprezzato la delicatezza, mentre qualsiasi altro turista avrebbe cercato di toccarli o li avrebbe intralciati per una foto. Ecco il filmato dello straordinario incontro.
Poi si ferma a fissare i nostri zainetti appoggiati alla panca e già immaginavo di dovergli lanciare una banana per farmeli restituire, ma quando Sonia, che era proprio sotto di lui, ha fatto un passo indietro per lasciargli spazio, il piccolo è risalito in cima all'albero. Avrà pensato che non valesse la pena abbassarsi al livello degli umani solo per curiosare in uno zaino.
Sazia a sufficienza, una madre ha lasciato la piattaforma per tornare nella foresta col suo cucciolo, ma non ha preso il sentiero laterale come tutti gli altri, si è guardata intorno e ha deciso di passare per l'angolo del recinto dove stava accucciata la nostra Feddi. Credo che gli animali si fidino istintivamente di lei, ne ho avuto la prova più volte negli anni: dai gatti alle balene, dalle scimmie alle civette, tutte le creature del pianeta, per quanto selvatiche, la riconoscono e le si avvicinano senza timore, la scelgono tra le altre persone perché ne percepiscono la natura dolce e gentile. Lei, emozionata all'avvicinarsi della coppia, ma attenta a non infastidirli, non si è mossa e ha trattenuto il sorriso di gioia che le sarebbe venuto spontaneo perché per tutti gli animali, eccetto l'uomo, mostrare i denti è un gesto aggressivo; ha perfino distolto lo sguardo nel momento in cui mamma e cucciolo le sono passati accanto perché fissarli li avrebbe messi in allarme. In certi momenti bisogna saper rinunciare, il rispetto viene prima di tutto, e sono sicura che la dolce orangutan ha apprezzato la delicatezza, mentre qualsiasi altro turista avrebbe cercato di toccarli o li avrebbe intralciati per una foto. Ecco il filmato dello straordinario incontro.
Quando delle banane rimanevano ormai soltanto le bucce e gli orangutan erano svaniti per sentieri preclusi ai visitatori, si è presentato uno scoiattolo tricolore a ispezionare gli avanzi ed è giunta anche per noi l'ora di andare, camminando beate con i cuori carichi di nuovi splendidi ricordi.
La Rimba King ci portate lungo il fiume fino al molo di Pesalat, dove ci siamo fermati a pranzare e dei deliziosi piatti assaggiati in questi giorni vi parlerò in un post dedicato.
La Rimba King ci portate lungo il fiume fino al molo di Pesalat, dove ci siamo fermati a pranzare e dei deliziosi piatti assaggiati in questi giorni vi parlerò in un post dedicato.
Pesalat è un'area devastata da due grandi incendi alla fine degli anni novanta. Dal 2003 c'è un'associazione che si occupa di ripiantare gli alberi perduti e chiunque passi di qui può comprare il suo albero e piantarlo personalmente. Dopo una mezzora di cammino sulla passerella più scassata che abbiamo percorso - Eros ci ha raccomandato di restare al centro perché le assi potevano ribaltarsi di lato - siamo arrivati al vivaio dove il responsabile Udin ci ha raccontato del progetto, mentre da dietro la casetta che fa da ufficio sono spuntati due gatti tigrati, Lady e Crispy che si sono fatti coccolare e fotografare. Confermo quanto pensato della pantera al lodge: bella vita i gatti del Borneo.
Udin ci ha mostrato le varie piante disponibili, tutte originarie del posto, e ce ne ha elencato le caratteristiche: quanto impiegano a crescere, la loro funzione nell'ecosistema della giungla, quali animali se ne cibano e quali vi trovano riparo, le proprietà del legno, delle foglie e dei frutti. Alla fine, ognuna di noi ha scelto il proprio albero e siamo andate a piantarlo. Accanto a ciascuna piantina, abbiamo sistemato un cartello con la data, il nome della pianta, il nostro nome e nazione. Tornando verso la radura dove ci aspettava Eros, mi sono messa a leggere i cartelli ai piedi degli altri alberi, felice che gente da ogni parte del mondo sia venuta qui a ridare vita alla foresta. Siamo rimaste a fare quattro chiacchiere con Udin e a coccolare i gatti. Ho scoperto che è il figlio del precedente responsabile che avevo conosciuto nel 2013, quando piantai il mio primo albero in Indonesia, lo stesso anno, una settimana dopo avrei coperto Alert grazie a Hari e nel 2017 sarei entrata a far parte dell'associazione. Tutto è cominciato proprio a Pesalat e ora ci sono tornata con le Cavallette.
Ripreso il fiume, Eros ci ha chiesto se eravamo stanche e volevamo tornare al lodge oppure ci andava di tornare ad Harapan, la stazione di alimentazione dove eravamo state il primo giorno, che tanto era "di strada". C'è da chiederlo?
Puoi tornare mille volte nello stesso punto della giungla e non lo troverai mai uguale, infatti, ci aspettava un'esperienza sorprendente. In anticipo sull'orario in cui i ranger riforniscono la piattaforma, ci siamo sedute sulle panchine soffrendo per il caldo e le zanzare che fini a quel momento non ci avevano mai infastidito. Sonia ha estratto dallo zainetto un ventaglio e l'abbiamo guardata con ammirazione: è proprio Master!
D'un tratto, un possente maschio adulto è comparso nei pressi della piattaforma e, deluso che non fosse ancora apparecchiata, si diretto a grandi passi verso il pubblico, scavalcando una panchina e venendoci incontro per fermarsi appena prima del recinto. Io e le ragazze abbiamo cominciato ad allontanarci lentamente, trascinando via Jungle Feddi che ha un bizzarro senso del pericolo. Quando poi il grosso orangutan si è agitato di nuovo, salendo a gran velocità sui bassi rami proprio sopra le nostre teste, tutti i presenti sono scattati in piedi urlando e fuggendo verso il fondo della radura. Pessima reazione che avrebbe potuto irritare il bestione, fortunatamente insensibile all'isteria umana. Credo che la colpa sia stata anche delle guide che accompagnavano i vari gruppi, avrebbero dovuto far spostare la gente un po' prima, con calma, o almeno spiegare come comportarsi in presenza di un maschio importante non appena si è presentato alla piattaforma. Per fortuna, a lui interessavamo poco, è rimasto sul ramo a guardarci tanto per passare il tempo finché, all'arrivo dei ranger col cibo, è saltato giù ed è corso a mangiare. Sugli alberi nei dintorni, intanto, erano comparsi altri orangutan, ma sono rimasti in attesa, mentre quello che pareva il capo branco si scolava tutto il latte, poi si sono fatti avanti con cautela e, ottenendo il suo permesso, hanno partecipato al banchetto. Ci si è intrufolato perfino un macaco che pareva minuscolo in mezzo ai grossi cugini.
Udin ci ha mostrato le varie piante disponibili, tutte originarie del posto, e ce ne ha elencato le caratteristiche: quanto impiegano a crescere, la loro funzione nell'ecosistema della giungla, quali animali se ne cibano e quali vi trovano riparo, le proprietà del legno, delle foglie e dei frutti. Alla fine, ognuna di noi ha scelto il proprio albero e siamo andate a piantarlo. Accanto a ciascuna piantina, abbiamo sistemato un cartello con la data, il nome della pianta, il nostro nome e nazione. Tornando verso la radura dove ci aspettava Eros, mi sono messa a leggere i cartelli ai piedi degli altri alberi, felice che gente da ogni parte del mondo sia venuta qui a ridare vita alla foresta. Siamo rimaste a fare quattro chiacchiere con Udin e a coccolare i gatti. Ho scoperto che è il figlio del precedente responsabile che avevo conosciuto nel 2013, quando piantai il mio primo albero in Indonesia, lo stesso anno, una settimana dopo avrei coperto Alert grazie a Hari e nel 2017 sarei entrata a far parte dell'associazione. Tutto è cominciato proprio a Pesalat e ora ci sono tornata con le Cavallette.
Ripreso il fiume, Eros ci ha chiesto se eravamo stanche e volevamo tornare al lodge oppure ci andava di tornare ad Harapan, la stazione di alimentazione dove eravamo state il primo giorno, che tanto era "di strada". C'è da chiederlo?
Puoi tornare mille volte nello stesso punto della giungla e non lo troverai mai uguale, infatti, ci aspettava un'esperienza sorprendente. In anticipo sull'orario in cui i ranger riforniscono la piattaforma, ci siamo sedute sulle panchine soffrendo per il caldo e le zanzare che fini a quel momento non ci avevano mai infastidito. Sonia ha estratto dallo zainetto un ventaglio e l'abbiamo guardata con ammirazione: è proprio Master!
D'un tratto, un possente maschio adulto è comparso nei pressi della piattaforma e, deluso che non fosse ancora apparecchiata, si diretto a grandi passi verso il pubblico, scavalcando una panchina e venendoci incontro per fermarsi appena prima del recinto. Io e le ragazze abbiamo cominciato ad allontanarci lentamente, trascinando via Jungle Feddi che ha un bizzarro senso del pericolo. Quando poi il grosso orangutan si è agitato di nuovo, salendo a gran velocità sui bassi rami proprio sopra le nostre teste, tutti i presenti sono scattati in piedi urlando e fuggendo verso il fondo della radura. Pessima reazione che avrebbe potuto irritare il bestione, fortunatamente insensibile all'isteria umana. Credo che la colpa sia stata anche delle guide che accompagnavano i vari gruppi, avrebbero dovuto far spostare la gente un po' prima, con calma, o almeno spiegare come comportarsi in presenza di un maschio importante non appena si è presentato alla piattaforma. Per fortuna, a lui interessavamo poco, è rimasto sul ramo a guardarci tanto per passare il tempo finché, all'arrivo dei ranger col cibo, è saltato giù ed è corso a mangiare. Sugli alberi nei dintorni, intanto, erano comparsi altri orangutan, ma sono rimasti in attesa, mentre quello che pareva il capo branco si scolava tutto il latte, poi si sono fatti avanti con cautela e, ottenendo il suo permesso, hanno partecipato al banchetto. Ci si è intrufolato perfino un macaco che pareva minuscolo in mezzo ai grossi cugini.
Di nuovo, arriva l'ora di lasciare la magia della giungla, dove la vita non segue le regole dell'uomo e, se da un lato la grandezza della natura, qui dove è libera di esplodere in tutte le sue forme, ci fa sentire piccoli e ignoranti, dall'altro ci accoglie con amore ricordandoci le nostre origini e che tutti abbiamo un posto nell'universo.
Col sole che cominciava a calare, siamo
tornate al lodge per fare le valigie, molto a malincuore, tremendamente a malincuore, disperatamente a malincuore. Ma
dell'ultima sera in Kalimantan vi parlerò nel prossimo post, per ora fermiamoci in questa stupenda giornata con le foto che la raccontano.