Ieri mattina abbiamo
avuto il permesso di visitare il centro per la protezione dei
rinoceronti di Sumatra, un'area normalmente chiusa al pubblico in cui
le persone che lavorano al progetto cercano di far aumentare la
popolazione di questo mammifero quasi estinto. Ci siamo andati con il
manager dell'ecolodge perché Hari non stava molto bene da quando
siamo stati al Krakatoa.
All'ingresso del centro
ci ha accolti un piccolo ometto con gli occhiali che ci ha spiegato
per filo e per segno come si lavora alla salvaguardia dei
rinoceronti. Mi ha fatto un'ottima impressione, molto professionale
ed evidentemente appassionato al suo lavoro che non è per nulla
semplice. Gentile e sorridente ci ha raccontato che al centro vivono
al momento cinque rinoceronti provenienti da zoo e parchi safari di
varie nazioni ai quali erano stati venduti dal governo o catturati
illegalmente, ora riportati al loro habitat naturale al quale il
progetto spera di poterli riabituare, al punto di riprodursi in
libertà. Circa altri venti rinoceronti vivono nel parco, protetti e
seguiti dai ricercatori e dai ranger del progetto, mentre la
popolazione totale sull'intera isola di Sumatra conta solo duecento
esemplari. Non è facile accrescerne il numero perché i rinoceronti
sono animali molto sensibili e basta poco a farli ammalare o a
impedire l'accoppiamento, in un anno è nato un solo cucciolo e si
pensa di ricorrere all'inseminazione artificiale per scongiurare la
scomparsa della specie.
Ogni giorno alcuni
rinoceronti vengono attirati in un piccolo recinto dove, mentre
mangiano frutta e verdura, vengono esaminati e controllati e poi
rilasciati nella foresta. Oggi nel recinto c'era Bina, una
rinocerontessa adulta dagli occhi dolci che dopo la sua razione di
premio, si strusciava sulle sbarre per farsi aprire, ma con molta
educazione, senza essere aggressiva o impaziente. Ci ha stupito il
suo passo leggero nonostante la mole imponente, una vera principessa
che si è avvicinata curiosa quando ho cominciato a fotografarla.
L'ometto si è scusato
perché avremmo visto soltanto Bina, ma per noi era già un
privilegio. Si cerca di non far entrare troppe persone in contatto
con i rinoceronti sia per non sconvolgere la loro routine sia per
motivi sanitari perché potremmo essere portatori di malattie che li
metterebbero ancor più in pericolo. Anche in questo progetto il
governo non investe nulla come accade in Borneo con la protezione
degli orangutan, si limita a concedere l'area di foresta in cui sorge
il centro mentre chi ci lavora vive solo delle donazioni di privati e
di associazioni straniere. L'ometto spera di poter ottenere dal
governo più terreni forestali per fornire ai rinoceronti maggiore
spazio del loro habitat originale, ma anche qui ovviamente bisogna
fare i conti con l'invasione delle palme da olio.
Ho sempre più la
sensazione che il governo di Jakarta non solo non valorizzi affatto
come ricchezza le profonde differenze tra le varie isole che
costituiscono l'Indonesia, ma non si preoccupi minimamente di
preservarle. Qui ogni isola ha una diversa storia, diverse
tradizioni, leggende, costumi, religioni e il manager dell'ecolodge
ci ha detto che, anche se il governo non lo ammette, ci sono ancora
tribù che vivono come nell'antichità praticando sacrifici umani; su
ogni isola vivono specie animali e vegetali uniche e ci sono angoli
così remoti che non si fatica a credere possano ancora nascondere
specie sconosciute, i paesaggi cambiano enormemente dalle foreste
alle spiagge, dagli alti monti vulcanici alle dolci colline, dai
villaggi fluviali alle risaie, dalle giungle del nord alle zone più
aride verso l'Australia, a migliaia di isolotti disabitati sparsi tra
due oceani.
Gli abitanti di ogni
isola amano la propria terra e vorrebbero proteggerla, se solo
potessero permetterselo, se solo Jakarta mettesse la serenità e la
bellezza dell'Indonesia sopra il semplice profitto da sfruttamento
senza regole. Michele, che ha vissuto parecchio in Indonesia, ci ha
detto una volta che quando capita una catastrofe, tipo un terremoto,
gli ordini di auto di lusso a Jakarta schizzano alle stelle perché
stanno per arrivare gli aiuti internazionali che i politici intascano
sempre volentieri. Se vogliamo però essere onesti, la trave
nell'occhio, ce l'abbiamo noi perché la maggior richiesta mondiale
di questo olio di palma economico e di infima qualità arriva
dall'Unione Europea e così ritorno sempre al solito discorso.
Sono contenta di aver
visto Bina perché ne restano pochi della sua specie e mi ha fatto
sorridere vederla agitare il codino corto sul grande culone quando ha
visto arrivare anguria e carote. Sono contenta di averla vista prima
che scompaia insieme alla sua foresta.
Lo shampista di elefanti
Nel pomeriggio siamo
tornati nella zona degli elefanti per quella che doveva
essere una semplice passeggiata per tirare l'ora di cena e invece è
diventata un'esperienza fantastica.
Stavamo osservando alcuni
addetti che portavano gli elefanti a fare il bagno nel laghetto del
parco quando uno di loro, Dany, si è avvicinato a Sergio e, mentre
la sua elefantessa Rini salutava con la proboscide, ha cominciato a
chiacchierare con noi, uno dei pochi che parla inglese da queste
parti. Ad un certo punto ha chiesto a Sergio se volesse entrare in
acqua con lui a lavare Rini, un attimo di esitazione perché non
aveva un cambio di vestiti a portata di mano, ma poi ci siam detti
“Quando ti ricapita un'occasione così?” e l'autista del lodge
che ci accompagnava ha detto che non c'era problema a bagnare un po'
i sedili dell'auto, quindi il TdC è montato su Rini e io mi sono
messa a fare foto e video del bagnetto. Dany, ha fatto passare
davanti Sergio a grattare bene la testa della vecchia elefantessa che
si immergeva e riemergeva contenta. Dopo lo shampoo, i tre si sono
diretti al prato dove gli elefanti vanno a mangiare e Dany ha chiesto
anche di dargli una mano con la cena. Rini soffre di parassiti
intestinali quindi sta prendendo delle medicine e ha bisogno di
integratori cioè delle polpettone giganti fatte di riso, cocco,
piselli e mais che lui e Sergio appallottolavano da un sacchetto e
mettevano poi direttamente in bocca all'elefantessa golosa. Che
scena! Potete vederla in queste foto insieme alle altre della
giornata.
Ormai manca poco al
ritorno in Italia, ma come sempre io prenderei l'aereo per un'altra
isola, per un altro continente e una nuova avventura. Magari un
giorno...
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