lunedì 27 maggio 2013

Sempre di passaggio...

I vestiti zozzi di avventura girano nella lavatrice come i pensieri mi girano in testa alla fine di ogni viaggio. Mi viene un po' di nausea da rientro, tipo quella che colpisce più o meno tutti di lunedì quando devi tornare al lavoro (per questo ho preso un giorno in più di ferie: almeno evito un lunedì), ma più forte perché non sono stata via solo un weekend e perché faccio sempre fatica a staccarmi dall'atmosfera del viaggio per tornare alla solita vita trascorsa in attesa di partire ancora. L'unica cosa bella del ritorno è riabbracciare (metaforicamente perché  non sono troppo espansiva con la gente) famiglia e amici, cinque minuti dopo mi viene da vomitare per la malinconia. Forse, semplicemente, non dovrei fissare a lungo l'oblò della lavatrice che c'ho lo stomaco sensibile!
Ho già cominciato a fantasticare sulle prossime mete, ma ve ne parlerò poi quando inizierò le ricerche del caso, così vi renderò partecipi dall'idea iniziale al viaggio compiuto. Nel frattempo approfitto del ritorno alla buona connessione casalinga per caricare il video del TdC che fa lo shampoo all'elefantessa.
Lancio anche un'idea che mi è venuta mentre ero via, forse dettata dagli effetti collaterali del Lariam (ah, questa volta ho sognato che Alice Cooper voleva uccidermi e c'era Chuck Norris che doveva salvarmi e ci nascondevamo in uno di quei motel americani che nei film sorgono lungo strade sterrate del Texas. Non avrò la malaria, ma sto impazzendo lentamente...). L'idea è che potreste mandarmi via mail le vostre foto a tema "Semm de Passacc" tipo quella che ho fatto in Australia e che è la copertina di questo blog: scrivetelo sulla sabbia, con i sassi, con i fagioli, con i lego, come vi pare e mandatemi la foto che poi le metto insieme con movie maker e pubblico lo show sul blog. Stupitemi! 
In cambio io cercherò di scrivere più spesso, anche quando non sono in viaggio perché so che vi piace leggermi, anche se quando sono a casa mi dedico soprattutto alle decine di racconti incompiuti dai quali forse un giorno uscirà il romanzo del mio successo.
Adesso devo andare a guardare la centrifuga e poi stenderò approfittando di questa giornata di sole (siamo praticamente a giugno e fa freddo che pare novembre!), magari pomeriggio carico altre foto così Diego, che è  tenuto prigioniero dal sistema sanitario italiano, si svaga un po' in attesa che un dottore zoppo e drogato gli  riveli la causa dei suoi disturbi. Prova con il Lariam!



venerdì 24 maggio 2013

Piccole cose

Dal mio ufficio nel giardino del lodge vi scrivo gli ultimi pensierini su questa vacanza, aneddoti forse poco importanti, ma che voglio ricordare tra qualche anno quando verrò a rileggere queste righe e avrò dimenticato certi particolari.
In questi piccoli villaggi, anche se ci si trova alle porte di un parco nazionale che dovrebbe attrarre i turisti, quasi nessuno parla inglese, dobbiamo quindi ringraziare Ponco per le dieci parole di Bahasa che ci ha insegnato perché mescolandole in qualche modo riusciamo sempre a farci capire e ad essere gentili.
Non va usato però con la polizia. La mattina in cui siamo partiti per Canti, siamo stati fermati da due poliziotti ad un posto di blocco per un normale controllo e, mentre Driver accostava, Hari ci ha ordinato: “Non parlate indonesiano!”. Dopo aver guardato i documenti di tutti e quattro ci hanno lasciati andare e Hari ci ha spiegato che i poliziotti qui non parlano inglese così ce la siamo cavata senza domande, mica come a Bali che abbiamo perso mezza mattina in chiacchiere con tre poliziotti annoiati!
Il manager dell'ecolodge sembra evitarci, ogni volta che abbiamo bisogno di lui per avere qualche informazione ci dirigiamo alla reception giusto in tempo per vederlo allontanarsi in motorino. Intercettarlo è un'impresa così quando ci riusciamo lo seppelliamo con tutte le domande arretrate e forse lui ci odia.
Sul tabellone degli avvistamenti di fauna selvatica è segnato cobra sputatore e io mi sono immaginata la scena del serpente che sputa a Sergio e lui, da buon terrone, lo stende con una testata.
I Kacang sono palline di tapioca, arachidi, aglio che sembrano piccole uova e vengono vendute in sacchetti come le noccioline. Le abbiamo scoperte in Borneo e ora il TdC ne va matto e ne ha comprate anche da portare a casa.
Tra gli alberi intorno alla nostra stanza vive una coppia di scoiattolini neri che si prendono gioco dei gatti di passaggio scappando velocissimi tra i rami e sui tetti dei bungalow e facendo versetti che sembrano davvero risate.
Al Centro Elefanti c'era una famiglia di turisti locali che ha insistito per farci apparire nelle loro foto, come se fossimo un'attrazione o dei vip solo perché veniamo da lontano; invece nei negozietti del villaggio i bambini piccoli sono terrorizzati da Sergio mentre quelli un po' più grandi ci salutano e ripetono orgogliosi le quattro frasi in inglese che hanno imparato a scuola, come a Flores l'anno scorso.
Beh, poi ci sono ovviamente un sacco di altre piccole cose che  non ho scritto e che mi verranno in mente quando ve le racconterò di persona oppure tra un anno senza un vero motivo perchè è così che funzionano i ricordi: vengono ad abitare nella tua testa e poi fanno quello che gli pare.

Un giorno al Way Kambas

Bina la sensibile
Ieri mattina abbiamo avuto il permesso di visitare il centro per la protezione dei rinoceronti di Sumatra, un'area normalmente chiusa al pubblico in cui le persone che lavorano al progetto cercano di far aumentare la popolazione di questo mammifero quasi estinto. Ci siamo andati con il manager dell'ecolodge perché Hari non stava molto bene da quando siamo stati al Krakatoa.
All'ingresso del centro ci ha accolti un piccolo ometto con gli occhiali che ci ha spiegato per filo e per segno come si lavora alla salvaguardia dei rinoceronti. Mi ha fatto un'ottima impressione, molto professionale ed evidentemente appassionato al suo lavoro che non è per nulla semplice. Gentile e sorridente ci ha raccontato che al centro vivono al momento cinque rinoceronti provenienti da zoo e parchi safari di varie nazioni ai quali erano stati venduti dal governo o catturati illegalmente, ora riportati al loro habitat naturale al quale il progetto spera di poterli riabituare, al punto di riprodursi in libertà. Circa altri venti rinoceronti vivono nel parco, protetti e seguiti dai ricercatori e dai ranger del progetto, mentre la popolazione totale sull'intera isola di Sumatra conta solo duecento esemplari. Non è facile accrescerne il numero perché i rinoceronti sono animali molto sensibili e basta poco a farli ammalare o a impedire l'accoppiamento, in un anno è nato un solo cucciolo e si pensa di ricorrere all'inseminazione artificiale per scongiurare la scomparsa della specie.

mercoledì 22 maggio 2013

Missione foto n.2

Al Krakatoa con la maglia di Stromboli! (indossata solo il tempo di scattare la foto perché nera e a maniche lunghe)

Grazie a tutti per i commenti, è bello condividere con voi le nostre avventure e chi non ha ancora scritto non sia timido che siam tra amici!

Il diavolo alle quattro...

...e mezzo di mattina, l'ora in cui siamo partiti dall'ecolodge per questa escursione con Hari e il giovane autista di cui non ricordo mai il nome, quindi lo chiameremo Driver.
La notte è stata un po' agitata per il caldo, per troppi buoni caffè e per l'arrivo in serata al lodge di una rumorosa compagnia di motociclisti, una spedizione chiamata “Ring of Fire” che sta girando l'Indonesia, quindi alla partenza eravamo piuttosto rincoglioniti. Per raggiungere il porto di Canti da cui partono le barche per la riserva naturale del Krakatoa ci vogliono più di tre ore d'auto da dove ci troviamo e poi da lì sono due ore e mezza in mare se si va con una barca da pesca come la nostra, ci vuole un po' meno tempo e molti più soldi noleggiando un motoscafo. Abbiamo fatto colazione sul tetto della barca navigando tra i numerosi isolotti dello Stretto della Sonda che separa Sumatra da Giava. Superate diverse isole con belle spiagge e con un mare un po' mosso che ci ha tenuti tutti all'aperto perché con l'aria si soffre meno, si cominciava a intravedere la sagoma della nostra meta nella foschia dell'afa equatoriale.
La storia del Krakatoa è raccontata benissimo in una puntata di Ulisse in cui i mitici Piero e Alberto Angela sono aiutati nella narrazione da un'ottima ricostruzione dei fatti dell'epoca sotto forma di film, ma fin da bambina questo è stato il mio vulcano preferito perché già il suo nome mi metteva paura evocando il suono della crosta terrestre che si spacca per far uscire la terribile lava incandescente che era uno dei miei incubi peggiori. Creazione e distruzione insieme, catastrofe planetaria scatenata da una bella isola tropicale... che fascino!
Ora vi spiego un po' in breve: c'è una caldera sottomarina del diametro di circa 7 km che con le sue continue eruzioni di roccia e materiale magmatico ha formato nei secoli una grossa isola con tre coni vulcanici e uno di questi era il monte Krakatoa. Nell'agosto del 1883 l'intera isola è esplosa in una spettacolare eruzione che ha avuto conseguenze su tutto il pianeta. Dell'isola originale è rimasta una parte del monte Krakatoa e due isolotti allungati lungo la circonferenza della caldera. Dal 1925 circa, nel mezzo del vuoto lasciato dall'esplosione, una nuova isola è spuntata crescendo al ritmo di 10 metri all'anno ed è stata chiamata Anak Krakatau che significa appunto figlio del Krakatoa. Il figlioletto, oltre a crescere con un velocità impressionante, è parecchio vivace, infatti, mentre i resti del monte padre sono inattivi e ricoperti di una verdissima vegetazione, Anak Krakatau ha già eruttato diverse volte, l'ultima a settembre 2012 e nelle foto potete vedere la quantità di nuova terra che hanno prodotto i suoi ultimi colpi di tosse. La vegetazione è  quindi ridotta ad una striscia lungo la spiaggia perché viene continuamente distrutta dall'attività del pargoletto.
Più ci avviciniamo all'isola e più diventano chiare le fumarole sul camino principale e il grosso pennacchio di fumo che si leva dalla cima come da un'enorme nave a vapore. Sulla spiaggia c'è una casetta di legno che ospita i guardiani della riserva, questi non sono i sismologi che monitorano la situazione geologica della caldera, ma sono semplici guardie che vigilano sulla pesca illegale. I pescatori usano perfino l'esplosivo e il corallo delle barriere va in frantumi dopo aver impiegato migliaia di anni a crescere insieme a tutte le creature che ci vivono dentro e intorno. Con due di loro, ragazzini che parevano quindicenni, Hari e Driver siamo saliti per un sentiero che porta a circa metà altezza del vulcano perché non è prudente andare oltre, ma già arrivare fin lì sotto il sole di mezzogiorno (perché siamo i...) affondando i passi nella cenere nera e bollente lungo un pendio sempre più ripido, è un'impresa che mette a dura prova. Io sono arrivata a fatica, fermandomi due volte a riprendere fiato e bere. Si passa tra le rocce sparate fuori dal vulcano che lasciano grossi crateri lungo il fianco della montagna, alcune sono enormi e sono state lanciate con una tale forza da rimanere incastrate nel terreno come... come una catapulta! direbbe il nostro Pino Cammino che ha visto tutto.
Arrivati alla fine del sentiero si gode di una splendida vista sul cono principale, sulla caldera e le isole intorno, si vedono bene le fumarole verso la cima e si è circondati da rocce di ogni forma, grandezza e colore. Grossi pezzi di zolfo spaccati dalla violenza con cui sono impattati al suolo dopo essere stati scagliati in aria insieme alle pietre pomici e a pesanti rocce provenienti dagli strati profondi del pianeta. Camminare nella cenere mi ha ricordato la spettacolare salita serale a Stromboli, se vi capita andateci perché è un'esperienza indimenticabile.
Scesi dal monte, Sergio si è rinfrescato facendo il bagno tra le onde trasparenti che si allungano sulla sabbia nera, una nuotata in mezzo alla caldera. Verso la fine della spiaggia c'è un nido di tartaruga marina, il primo sull'Anak Krakatau e i guardiani l'hanno protetto dai predatori costruendo un piccolo recinto intorno alle uova, un cartello indica la data di deposizione così sanno quando togliere il recinto per lasciar andare le tartarughine al mare.
Abbiamo pranzato sulla spiaggia e poi siamo saliti di nuovo in barca per il lungo viaggio di ritorno. Prima di fare rotta su Canti, però, abbiamo fatto un giro intorno all'isola così abbiamo potuto osservare l'impressionante quantità di nuovo materiale eruttato l'anno scorso sull'altro versante rispetto al sentiero fatto a piedi. Dal mare la vista è sconvolgente, ma le foto qui non rendono l'idea.
Sono strafelice di aver finalmente incontrato Krakatoa e Anak Krakatau, è un sogno dell'infanzia che si avvera e fa niente se Sergio voleva buttarmi giù dalla barca maledicendomi per le dodici ore di viaggio che  ci siam sorbiti tra andata e ritorno per passare tre ore su un'isola pericolosa.
La vostra avventurosa National GeoBarbi è soddisfatta!

P.s. Abbiamo finalmente ottenuto il permesso di visitare il santuario dei rinoceronti, domani si va!
P.p.s. Riguardate gli album fotografici dei giorni scorsi perché ho aggiunto nuove foto, li trovate tutti nel link a destra photo de passacc.

lunedì 20 maggio 2013

Animali notturni e giovani alberi


La passeggiata notturna è stata emozionante. Il parco era già chiuso, ma un dipendente con le chiavi dei vari cancelli e sbarre disseminati lungo le strade carrozzabili, è venuto con noi, praticamente il parco nazionale era tutto nostro e cominciava a far buio. Abbiamo percorso alcuni tratti a piedi e altri in auto, intanto pensavo a come sarebbe stato avvistare una delle poche tigri rimaste, meno di trenta, aggirarsi tra gli alberi con il suo passo elegante. Purtroppo niente tigre, ma comunque eravamo in casa sua e altri animali si sono fatti osservare. Abbiamo visto, con il cannocchiale e la potente torcia di Hari, i grossi Siamang mettersi comodi a dormire sugli alberi più alti e poi, quando si è fatto più buio, un pipistrellino, un enorme scoiattolo volante aggrappato ad un tronco e uno più piccolo che ha volato sopra di noi da un albero a un altro, un felino che in inglese si chiama leopard cat, ma non so a cosa corrisponda in italiano, comunque è come il leopardo, ma più piccolo. La foresta di notte ha un fascino tutto particolare ed è stato bello esplorarla con le torce fantasticando su ogni movimento e fruscio e verso tra la vegetazione. Usciti dal parco abbiamo proseguito per un po' a piedi tra i campi per cercare di avvistare un animaletto notturno molto strano: il lori lento, con i suoi occhi giganti e siamo stati fortunati come potete vedere dalle poche foto che sono riuscita a scattare.
Siamo rientrati al lodge alle nove passate e le signore della cucina ci avevano aspettato per la cena. È curioso come ci servano ai pasti: una è addetta a reggere il vassoio e l'altra prende dal vassoio una cosa per volta e la posa sul tavolo. Qui si mangia benissimo e ci sono anche diversi piatti vegan per i nostri amici strani, come delle polpette di tofu e semini, tofu fritto con verdure piccantissime, verdure in brodo piccantissimo, germogli di soia con aglio e altre verdure piccantissime, zuppa vegetale piccantissima e anche in Kalimantan abbiamo mangiato zuppe favolose di mais, funghi e qualcosa simile alla cipolla però meno piccanti che qui.
Stamattina siamo andati con Hari a visitare il luogo dove con alcuni amici ha cominciato da un anno un progetto di riforestazione ispirandosi al lavoro svolto a Pesalat. Hanno fondato una piccola associazione che si chiama Alert con alcuni ranger del parco e altri amici dei villaggi vicini e hanno trovato sostegno da un'associazione australiana e una americana che si occupano di salvaguardia ambientale. Per raggiungere quella zona abbiamo passato un'ora sul mezzaccio fuoristrada su piste terribili invase dall'erba e da profonde pozze lasciate dalle piogge e Sergio è stato sul tetto insieme ad un ranger mentre io sono rimasta dentro con Hari e un altro ranger del progetto, è stato come sulle montagne russe, ma con in più gli schizzi di fango.
Hari e i suoi amici hanno costruito una casetta-quartier generale in una zona del parco che era stata distrutta da un incendio e da lì hanno cominciato a piantare nuovi alberi scegliendoli tra quelli più resistenti al fuoco, cioè che germogliano di nuovo dopo un incendio e quelli preferiti da scimmie ed elefanti perché vogliono che gli animali riprendano possesso dell'area. Questi ragazzi hanno costruito torrette di osservazione e tre volontari in turni di tre giorni vigilano sull'area restando a dormire nella casetta per proteggere il loro lavoro. Gli incendi sono causati soprattutto dai pescatori di frodo che si accampano lungo il fiume e poi lasciano accesi i fuochi su cui cucinano, altre volte sono roghi accidentali, ma comunque i ragazzi hanno questo fuoristrada attrezzato per spegnere i fuochi e appena avvistano qualcosa dalla torretta intervengono.  Quando una persona ama quello che fa, sa trasmettere la sua passione agli altri come Hari si illumina raccontandoci di questo progetto e di tutte le idee che ha per migliorarlo e ingrandirlo. Abbiamo piantato due alberi e lasciato un'offerta per dieci, a noi costa pochissimo, ma per la foresta è un aiuto importante e questi ragazzi stanno facendo un grande lavoro.
Al lodge eravamo soli quando siamo arrivati giovedì scorso, poi sono arrivati dei francesi anzianotti e super equipaggiati per le foto, ma non si vedono quasi mai perché partono all'alba per le loro gite e poi dormono il resto del giorno. Oggi sono arrivati anche due ragazzi americani, uno vive a Sumatra ovest e l'altro è in visita, sono molto simpatici, ma si fermeranno solo un paio di giorni e noi domani partiremo prima delle 5 del mattino per andare al Krakatoa! Yuppiiiii!
Qui le foto della passeggiata e del progetto Alert.

domenica 19 maggio 2013

Un elefante si dondolava...

Stamattina abbiamo visitato l'Elephant Center che si trova sempre all'interno del parco nazionale. Abbiamo portato con noi tanti pezzi di canna da zucchero raccolta nel giardino del lodge perché gli elefanti ne sono golosi, infatti quando i proprietari del lodge l'avevano piantata al di fuori delle mura del giardino, gli elefanti selvatici venivano a rubarla, ora le piante si trovano entro le mura, ma adesso sono io la minaccia! La canna da zucchero è buonissima, mi ricorda quando la compravamo spremuta in Cambogia per rinfrescarci dai giri in bici.

sabato 18 maggio 2013

Primi giorni a Sumatra

Il 16 maggio eravamo la mattina in Borneo e il pomeriggio a Sumatra, atterrati all'aeroporto di Bandar Lampung sotto la solita pioggia. In questi piccoli scali non ci sono navette dagli aerei al terminal, quindi alcuni omini distribuivano ombrelli ai passeggeri per ripararci fino al ritiro bagagli. Agli arrivi però non c'era nessuno dell'ecolodge Satwa ad accoglierci, così il TdC è andato al banco informazioni per telefonare. Un errore di comunicazione tra la sede di Bali che gestisce le prenotazioni e Satwa ci ha lasciati abbandonati in aeroporto spaventati da chi ci diceva per raggiungere il Parco Nazionale Way Kambas dove si trova il lodge ci volevano quattro ore d'auto: erano le 5 e qui alle 6 è praticamente notte fonda. Il taxi inviatoci da Satwa, invece, ne ha impiegate solo due così siamo arrivati per cena con il manager che non finiva più di scusarsi. Sembra un caso che ogni volta che arriviamo a Sumatra sia con il buio così dobbiamo aspettare il mattino per guardarci intorno e capire dove siamo finiti.

Missione foto n.1


Come scommesso con il mio fratellino, ecco la foto del TdC sulla panchina degli oranghi (forse proprio la stessa!) come sul National Geographic. Dieci euro?


venerdì 17 maggio 2013

Diario dal Borneo

La vostra attesa è finita: oggi abbiamo una connessione internet e vi regaliamo il racconto della settimana trascorsa in Borneo e in fondo il link a un po' di foto. Buona lettura!



giovedì 9 maggio 2013

Noi si va...

Oggi pomeriggio finalmente prenderemo il volo da Malpensa. Non importa se le previsioni meteo danno pioggia per i giorni in cui dormiremo in tenda, non importa se ho dimenticato di mettere qualcosa in valigia, non importa se devo digiunare fino al decollo se no vomito, non importa se durante la mia assenza Sté dimenticherà di bagnare i pomodori, non importa se fare la ceretta è peggio che andare dal dentista, non importa se avrò gli incubi da Lariam... si parte! Evviva!
Pensate che ormai per me sia routine prendere un aereo e andare a infangarmi lontanissimo, invece sono sempre emozionata come una bambina al compleanno, sono così felice che amici e familiari non possono fare a meno di essere contenti per me e mi chiedono di scrivere e fare tante foto per condividere i miei viaggi con loro (tranne Altea che pensa sempre che mi rapiranno e mi taglieranno la gola). Con il fedele eeeepc e la bella Nikon regalo di Sergio preparerò gli articoli e gli album fotografici, ma li vedrete pubblicati, forse più di uno alla volta, solo quando e se troverò una connessione internet. Abbiate pazienza, è il prezzo dell'avventura.
E' come cominciare a leggere un nuovo libro: incontrerò personaggi incredibili, visiterò luoghi sconosciuti, ci saranno avventurosi colpi di scena, pensieri futili e profondi, fastidiosi imprevisti e momenti splendidi che mi ripagano di tutto. Quei momenti valgono fatica e scomodità, valgono ogni centesimo risparmiato rinunciando a vestiti, scarpe, serate fuori e tutte quelle cose che per me non contano quanto l'esperienza di un viaggio. Per quei momenti continuo a partire e per voi continuo a raccontare.
Au revoir!