domenica 22 ottobre 2023

Benvenuti al sud

Questo lungo weekend a Napoli è stato organizzato per dimostrare a mia cognata Simona che Napule è mille culure, non solo Gomorra con la pizza buona.

L'appuntamento era alle 5.30 di sabato mattina in piazzetta Bonatti (leggendario alpinista ed esploratore) e il viaggio verso sud è cominciato a piedi con mio fratello e la Simo in direzione della stazione di Monza che mi evoca brutti ricordi da pendolare, ma non stavo andando al lavoro quindi cuore e zainetto erano leggeri. Mi ha stupito quanta gente ci fosse in giro all'alba di sabato e anche sul treno per Milano. Là abbiamo trovato Sonia e preso il Frecciarossa che ci avrebbe portati a destinazione in tempo per pranzo. 


Per girare a piedi Napoli, Google Maps diventa inaffidabile, ti fa girare su te stesso e ti spinge in inutili deviazioni quando potresti andare dritto, così ci abbiamo messo un po' a trovare il bed & breakfast che avevamo prenotato. Il posto è accogliente, solo quattro camere intorno a una saletta per la colazione in Piazza  Bovio accanto alla fermata della metro e all'università. Lasciamo gli zaini, prendiamo le chiavi e usciamo a esplorare il centro storico. Dopo una pizza discreta, non buona quanto quelle assaggiate a Napoli nei miei viaggi precedenti, passeggiamo tra i caffè e i negozi di souvenir su e giù per Spaccanapoli e dintorni. C'è un sacco di storia da scovare in ogni angolo mentre sopra le nostre teste sventolano ancora gli striscioni per la vittoria dello scudetto della scorsa stagione calcistica. Fermandoci in un bar troviamo due cartelli che ci confondono: uno appeso in alto indica che si può lasciare il famoso caffè sospeso, cioè pagarne uno per chi non se lo può permettere; un altro avviso accanto alla cassa dice Non si fanno sospesi. Quindi chiediamo spiegazioni al barista: "Sì, si può lasciare il caffè sospeso. L'avviso sulla cassa è per i clienti, vuol dire che non facciamo credito." Allora gustiamo i nostri buoni caffè napoletani e ne lasciamo uno sospeso, poi ci dirigiamo al Duomo per visitare la cappella dedicata a San Gennaro. Sulla strada ci imbattiamo in Vegan Art dove fanno panini e pasticceria vegana. La Simo è talmente emozionata per la scoperta che si avvicina al banco e chiede: "Avete dolci vegani?" e lo sguardo del commesso è un misto di sorpresa e compassione mentre risponde: "Sì, è tutto vegano qui" come diceva evidentemente l'insegna. Rideremo di questa scena per tutto il weekend, povera Simo. Comunque, i dolci di Vegan Art sono strepitosi.

Visitati Duomo e cappella con lo sfarzo delle loro decorazioni, torniamo in centro e conduco il gruppo verso una chiesa che per la sua semplicità mi aveva colpito e affascinato durante le mie altre visite: San Lorenzo. La volta in legno del soffitto e le pareti quasi spoglie, ai miei occhi, creano un'atmosfera molto più spirituale e pacifica rispetto ad altre chiese in cui gli ornamenti abbondano e distraggono, anche se bisogna considerare che certi quadri, affreschi e statue sono opera di grandissimi artisti e hanno un enorme valore.

Da San Lorenzo, ci infiliamo in via San Gregorio Armeno, nota come la via dei presepi sulla quale si affacciano le botteghe che producono e vendono statuine, casette, paesaggi e accessori per allestire il Natale in casa. La Simo era in cerca della statuina di Antonino Cannavacciuolo e ce n'erano di diverse dimensioni nelle varie vetrine insieme a tanti altri personaggi famosi e alle riproduzioni dei mestieri tradizionali, dal pizzaiolo con tanto di forno a legna illuminato alla lavandaia con i panni stesi di vera stoffa. Ci aggiriamo curiosi indicandoci a vicenda gli oggetti che ci colpiscono e scopriamo un cortile dove un cartello dice Qui potete comprare la felicità: le sfogliatelle! Ne fanno anche due versioni senza latte e uova e quindi ci precipitiamo a comprarle, alcune da consumare subito e altre da portar via. Peccato che due giorni dopo, controllando sul sito della pasticceria, mio fratello abbia scoperto che contenevano comunque lo strutto per cui non solo non erano vegane per noi, ma nemmeno vegetariane per Sonia. La felicità è durata poco quanto le sfogliatelle sbranate entro sera e si è trasformata in delusione. Addio sfogliatelle! 

A proposito di opere d'arte, avevamo prenotato la visita al celebre Cristo Velato per le 18 e nel frattempo ci siamo dilettati a filmare un cantante improvvisato su un balcone che calava un cestino per le mance legato a uno spago, fotografare murales e curiosare tra i banchetti di libri e fumetti in offerta nella via delle librerie e ci fermiamo a bere un aperitivo. Sté e la Simo prendono uno Spritz Maradona, blu come la maglia del Napoli, io prendo una granita perché fa un caldo pazzesco malgrado le previsioni meteo e Sonia una limonata, ma il barista le chiede se la vuole a cosce aperte. Le nostre espressioni interrogative lo spingono a spiegare che a cosce aperte è la posizione in cui si fa la popò, quindi alla limonata aggiungerebbero un cucchiaino di bicarbonato se è per digerire. Stiamo imparando anche lo slang locale. Arriviamo giusto in orario per la visita al Cristo Velato che vale sempre il biglietto come pure le altre sculture nella sala.

La sera, risaliamo dal b&b verso il centro lungo via Mezzocannone che, dall'odore di marjuana proveniente dai gruppi di giovani che affollano i locali della zona universitaria, è in realtà un cannone intero e pure bello grosso.  Mi sorprende l'aspetto anni Novanta dei ragazzi su questa strada: indossano le magliette delle rock band che ascoltavo io alla loro età e le ragazze portano gli anfibi, le calze a rete e il trucco della mia gioventù. Che viaggio nel tempo nello spazio di una via!

La mattina dopo, la colazione al b&b comincia alle 8.30 che ci sembra tardissimo per tutto quello che abbiamo in programma, ma ci adattiamo e la proprietaria ci anche comprato delle brioches vegane confezionate. Scendiamo in metropolitana e compriamo biglietti integrati metro-Circumvesuviana perché siamo diretti agli scavi di Pompei. Essendo domenica, non ci sono i pendolari che con il loro disagio hanno reso la linea vesuviana famosa per i ritardi, la scarsa pulizia, la manutenzione ferma all'Ottocento e l'inefficienza generale. Aspettiamo soltanto 30 minuti il nostro treno che comunque è pieno di turisti e senza aria condizionata. La sauna in piedi dura mezz'ora e finalmente scendiamo all'ingresso della meraviglia archeologica di Pompei. Esploriamo il sito con una mappa, ma senza guida perché ricordo abbastanza le spiegazioni già ascoltate alla mia prima visita e del fantastico libro di Alberto Angela. Il bello di Pompei è che non si tratta delle rovine di qualche edificio o monumento, ma di un'intera città bloccata nel tempo all'epoca dell'impero romano. Ci si trova immersi in un tempo lontanissimo, visto solo nei film e nei documentari, ed è incredibile passeggiare dove passavano i carri dei mercanti, affacciarsi al bancone di una locanda dove mangiavano e bevevano gli abitanti, visitare la lavanderia, il forno, il negozio, il bordello dove lavoravano, salire le gradinate dei teatri, dei templi, delle terme o entrare nella villa di una ricca famiglia con i pavimenti a mosaico, le sculture e gli affreschi che vengono da un passato letto sul sussidiario delle elementari. Posare i passi sulle stesse pietre calpestate da persone di 20 secoli fa è emozionante ed è più facile immaginare le loro vite rispetto alla visita di un museo. E poi c'è la storia dell'eruzione vulcanica più famosa del mondo che ha sepolto e conservato tutto questo. Il sole era caldissimo per ottobre e abbiamo camminato in lungo e in largo per ore, incuriositi da tutto, e alla fine eravamo distrutti. Pompei va vista almeno una volta nella vita e lo stesso vale per Ercolano che, seppur vittima della stessa catastrofe, ha una storia molto diversa e mi è piaciuta tanto quando ci sono stata. Purtroppo, questa volta non avevamo il tempo di fare la seconda tappa del viaggio nell'impero romano e siamo tornati direttamente a Napoli mentre il cielo si annuvolava.

Abbiamo pranzato in una trattoria vicino a Castel Nuovo dove la pizza era finalmente all'altezza del luogo come pure la pasta. Il cibo è fondamentale, soprattutto per me e la Simo che diventiamo nervose quando siamo affamate. Considerando che erano le tre del pomeriggio quando ci siamo seduti a tavola, potete immaginare quanto fosse importante alzarci soddisfatte e così è stato. Pronti per continuare la visita di Napoli. 

Dalla fortezza di Castel Nuovo ci siamo diretti a Piazza del Plebiscito passando per la Galleria Umberto I dove appena il giorno prima un ragazzo, per festeggiare il suo compleanno, ha esploso alcuni colpi di pistola. Si è poi scoperto che era un'arma ad aria compressa, ma immaginate di trovarvi lì e non saperlo: panico! Attraversiamo la piazza illuminata dai raggi sole che bucano le nuvole scure e percorriamo il lungomare fino a Castel dell'Ovo, ma vista del Vesuvio sul golfo è offuscata da grosse nuvole, il tempo sta cambiando. Tornando verso via Toledo, ci imbattiamo in un vecchio palazzo della Regione Campania che sconvolge la Simo. Per lavoro, occupandosi di pratiche ammnistrative per ristrutturazioni e cantieri, ha a che fare con la burocrazia sui permessi e i regolamenti edilizi, così, trovandosi davanti a quel mostro di violazioni ha dovuto fotografarlo. Ogni singola finestra aveva il proprio motore del condizionatore appeso alla facciata, cavi voltanti pendevano dal tetto tra i balconi in improbabili allacciamenti fuori da ogni norma. "Voglio venire a vivere qui!" è stata la sua reazione perché il suo lavoro sarebbe molto più semplice, mentre da noi per un centimetro di finestra in più ti ammazzano di sanzioni. 

Da via Toledo, ci addentriamo nei Quartieri Spagnoli che per forestieri come noi sono la perfetta rappresentazione di come immaginiamo Napoli da casa. Io se penso a Napoli penso ai film in bianco e nero, ai bambini in calzoncini e Sofia Loren, ai pescherecci e Totò, poi al Vesuvio e all'Impero Romano e poi all'arte, la pittura, il teatro, la pizza. Napoli è  viva e creativa anche nell'arte di arrangiarsi. Solo alla fine della lista metto criminalità e Camorra che, invece, hanno rovinato la reputazione di una splendida città. Ci arrampichiamo sulle vie in salita, tra motorini e trattorie, negozi, panni stesi e caldaie montate sulle facciate dei palazzi che racchiudono i vicoli rumorosi e affollati fino a raggiungere una minuscola piazzetta dove campeggia il murale dedicato a Maradona con la faccia dipinta su una finestra che non si può più aprire per non rovinarne l'effetto. Dove altro nel mondo accade una cosa del genere?

Rientrando la sera al b&b con tanti chilometri nelle gambe che mi fa male pure la schiena, ci imbattiamo in un ubriaco sdraiato a terra che sembra il cosplayer del Cristo Velato e ci trasciniamo a letto scassati quanto lui seppur perfettamente sobri.

La mattina di lunedì piove. Sonia e mio fratello comprano due ombrelli da un venditore ambulante, quello di Sonia si rompe davanti a lui e glielo cambia. Facciamo un ultimo giro del centro, qualche acquisto veloce e compriamo anche qualcosa da mangiare per il viaggio in treno a un fast food da asporto all'angolo di via Mezzocannone che fa anche i classici fritti napoletani (arancini, frittatina di pasta, crocchette) in versione vegan. Ordiniamo tutto. Salutiamo il centro mentre la pioggia si fa più forte e prendiamo la metropolitana per la stazione e quando arriviamo, mentre corriamo sotto la pioggia, Sonia mi fa anche il pessimo scherzo di farmi credere di aver dimenticato il pranzo sulla metro, stavo per piangere, invece l'aveva passato a mio fratello che aveva l'ombrello più grande. Non si scherza sul cibo! Aspettiamo impazienti il Frecciarossa perché il profumo che esce dal sacchetto è così delizioso che sbaviamo e comunque è l'una. Saliti a bordo, cominciamo a mangiare ancora prima che il treno parta. In due giorni e mezzo, siamo diventati più napoletani dei locali.

Dopo quattro ore e mezza di pisolini, letture e giochi di carte, arriviamo a Milano e salutiamo Sonia al volo perché il treno per Monza è già in partenza sei binari più in là. Mentre eravamo via, è finita la lunga estate che ci ha bollito quest'anno e, mentre aspettiamo l'autobus perché io e la Simo siamo ancora doloranti per le camminate del weekend per farla a piedi fino a casa, mi viene da dire: "Che freddo, qui al nord!"

Qui trovate tutte le foto.

P.s. grazie, Elisa, per essere riuscita a occuparti di Bio anche se ti ho lasciato le chiavi sbagliate e sei dovuta passare dal box ogni volta!

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