Ultima puntata della mia avventura con Alert.
25 maggio 2017
Sto per lasciare la foresta e una manciata di persone così speciali che si incontrano raramente. Oggi saluto i miei amici con una lettera che lascio in ufficio perché la trovino quando sarò già via. Da loro ho ricevuto più di quanto sia riuscita a dare, eppure continuano a ringraziarmi e chiedermi di tenerci in contatto. E di tornare presto.
È impossibile non innamorarsi di questi ragazzi. Tutto ciò che hanno, lo danno alla foresta: il loro tempo sette giorni a settimana, le loro capacità, le loro ferie, spesso pure il loro stipendio. Perché solo ora pensano a un sito web e a farsi conoscere al di fuori dei villaggi intorno al Way Kambas? Perché il loro mondo inizia e finisce col parco. Non hanno mai guardato fuori perché occupati a sacrificarsi, anche se è un sacrificio che li rende orgogliosi e felici. Meritano di essere ripagati, riconosciuti, sostenuti.
Domani tornerò a Bali perché Eka mi ha detto che i voli interni sono sempre a rischio soppressione, come i nostri treni, ed è meglio tenere due giorni “cuscinetto” per essere certa di non perdere l'aereo che domenica sera mi riporterà in Italia. Penso che quella che arriverà a Malpensa lunedì mattina sarà una Simona a metà, forse anche meno. Il resto di me rimane qui, nella foresta.
Saluterò tutti, poi Dan e Budi mi accompagneranno in aeroporto, Yahya non può venire e ovviamente è depresso per questo. Volerò a Bali, l'isola dove questa avventura ha avuto inizio tre mesi fa, la porta d'ingresso e anche quella d'uscita. La cosa bella è che rimane una porta aperta.
26 maggio 2017
Ho lasciato i miei ragazzi. Stamattina alle sette ero in ufficio ad abbracciarli uno per uno. Chi parla meglio l'inglese ha speso qualche parola in più nel salutarmi, ma tutti ormai sanno dire Ciao, Simo, sorridendo e agitando la mano. Yahya non c'era, impegnato al parco, ma mi ha salutata ieri sera. «Take care of yourself» mi ha detto, scandendo le parole imparate a memoria per l'occasione e con un certo imbarazzo nel pronunciarle. Mi ha fatto una tenerezza infinita, mi chiedo se questi ragazzi ricevano abbastanza abbracci, li meriterebbero ogni giorno.
Dan e Budi mi hanno accompagnata in aeroporto, due ore di strada. Con Dan continuerò a lavorare al sito a distanza, che non è lo stesso che stare in ufficio insieme, a piedi nudi, a passarci tazze di caffè e battute. Alla fine ho dovuto salutare anche loro. Ci mancherai, Simo, torna presto. Ero commossa, ma non ho pianto, non riesco se qualcuno mi guarda. Ho pianto più tardi, nel bagno dell'aeroporto e ho avuto un attimo di panico prima di andare all'imbarco. Mi sono chiusa dentro pensando: ma perché li lascio? Io non voglio partire, non voglio salire su questo aereo, voglio lavarmi nel bagno rosa della signora Titin con la tinozza, voglio fare la spesa al mercato, voglio vivere nella foresta! Adesso telefono a Budi e mi faccio venire a prendere. È stato un minuto tremendo.
Al mio arrivo a Bali, Kadek mi è corsa incontro sul vialetto dell'ecolodge, felice di rivedermi. Piccolina, mi sembrava una bambola, temevo di romperla abbracciandola troppo forte. Ha voluto sapere del Way Kambas, anche lei conosce Hari e Alert, e le ho raccontato un po'. La sera, mi ha presentata a Cliff, un australiano anche lui qui da solo, dicendogli che scrivo e che sono stata a Sumatra a lavorare per la riforestazione. «Oh, una scrittrice che pianta alberi» ha detto Cliff, mentre mi stringeva la mano, e io: «No, sono una piantatrice di alberi che scrive.» Mi è venuto spontaneo rispondere così, ma non era una battuta, è ciò che vedo oggi nello specchio, e non ho ancora finito di scoprirmi.
Questa avventura, tutta, mi è servita per fare chiarezza, stare sola mi è servito per capire chi sono lontano dagli sguardi, dalle aspettative, dai giudizi degli altri. Sono una piantatrice di alberi che scrive, un'appassionata collezionista di stelle, un'inguaribile sognatrice, una creatura della foresta, e anche un disastro senza speranza.
Più tardi, mentre chiudevo la finestra della mia camera per la notte, mi sono accorta che sopra l'armadio c'era una piccola rana, magrolina, simpatica. Non sapevo come fosse finita lì, ma sapevo che doveva tornare in giardino e forse non trovava la strada. Impossibile afferrarla, faceva lunghi salti e si aggrappava perfino al muro. Ho aperto la porta, sperando di mandarla in quella direzione e che i richiami delle sue amiche tra l'erba le indicassero l'uscita. Niente, non ne voleva sapere. Per fortuna, durante l'inseguimento è saltata dentro il cestino della carta, così ho potuto portarla fuori e, finalmente, liberarla in veranda. Soddisfatta, mi sono messa a letto. Ma ho sentito un colpo alla porta, poi un altro. La ranetta stava tentando di rientrare. Mi è venuto da ridere: con tutto il giardino a disposizione, bussava alla mia porta. Forse si sentiva persa nel grande mondo e cercava un piccolo rifugio, in apparenza più sicuro, come facciamo tutti in fondo. Alla fine, però, la rana magrolina ha trovato la strada per il laghetto.
Il giorno dopo, il mio lungo viaggio si concludeva e, come nel più logoro cliché da romanzo, a Bali pioveva. Mancavano sei ore all'imbarco. Chiacchieravo con Kadek e le ragazze della cucina, raccoglievo le mie cose e chiudevo la valigia. Per l'ultima volta, mi sono seduta in veranda a guardare la pioggia, respirare l'odore di alberi bagnati, ascoltare ogni goccia che batteva sulle foglie, sull'erba, sui fiori. Pensavo: amo l'Indonesia, ogni sua isola e ogni persona che ho conosciuto qui.
Negli anni successivi, sono rimasta in contatto sia con Kadek (che sono tornata a trovare nel 2019 con le Cavallette) che con Dan e Hari. Qualche messaggio è arrivato anche da Budi e Yahya, ma la barriera dell'inglese ha limitato le conversazioni agli auguri di compleanno. Dan, invece, mi ha tenuta aggiornata costantemente sui loro progetti e sulle novità personali, io li ho sostenuti con qualche donazione ogni volta che potevo. Eka si è sposata ed è diventata mamma, continua a sostenere Alert, ma non è più nel team, come pure Eni. Ci sono molti nuovi volontari, tanti giovani e ne sono davvero felice. Dan non vede l'ora di farmeli conoscere.
Nel 2020, durante la pandemia, abbiamo perso Marcell ed è stato tristissimo, sui profili social di Alert e di Ecolodges Indonesia arrivavano messaggi di cordoglio da ogni parte dell'Asia e dell'Australia dove era molto conosciuto e stimato. Ha lasciato ai suoi ragazzi una grande eredità e loro onorano la sua memoria portando avanti il suo progetto ogni giorno. Sia Dan che Hari continuano a mandarmi foto delle loro vittorie (accordi con i villaggi per l'ecoturismo e l'agricoltura sostenibile, programmi con le scuole per l'educazione ambientale) e delle solite difficoltà (incendi, scorribande dei bracconieri) e intanto parliamo dei cambiamenti climatici e di quanto sarà bello lavorare di nuovo insieme.
Ora sapete tutta la storia e siete pronti a riprenderla con me a settembre.
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