venerdì 11 luglio 2014

Revival: Egitto 2006

In attesa di nuove strabilianti avventure, voglio raccontarvi due vecchi e importanti viaggi che ho fatto con il TdC quando questo blog non esisteva ancora. Il primo è una settimana in Egitto su una rotta poco battuta dal turismo di massa, l'altro un tour del Marocco che mi ha fatto incontrare Alison, Nicola ed Erin (che racconterò in un altro post).
Ma cominciamo dall'Egitto, partenza 28 aprile 2006. Ho ripescato le foto che troverete nell'album e il quaderno su cui scrivevo tutto a penna prima di aprire Semm de passacc, reperti preziosi che da buona autistica conservo ancora. Ecco gli estratti della prima missione all'estero di Barbuna e TdC con qualche commento di oggi che segnalerò come cdo.

Il Cairo
Arrivare è stata un'impresa. Questo viaggio sembrava nato sotto una cattiva stella: prima gli attentati a Dahab ad alzare la tensione, poi lo sciopero dei mezzi il giorno della partenza, il traffico e infine il volo Alitalia cancellato (mai più volato con Alitalia da allora, cdo.). All'inizio siamo stati imbarcati regolarmente, poi, mentre accumulavamo ritardo, si sono spente le luci. Problemi al computer di bordo e immaginavamo il comandante che premeva ctrl+alt+canc sul cruscotto dell'aereo. Alla fine ci rimandano al terminal e alle 3 del mattino ci portano in un albergo: si parte la mattina dopo. Il volo è tranquillo e appena arriviamo sopra l'Egitto restiamo senza fiato alla vista del Nilo dal finestrino. Era enorme, uno spettacolare nastro d'argento posato su una terra arsa dal sole. Atterraggio pessimo, divento verde, ma alla fine siamo a Il Cairo!
vista dalla stanza
All'aeroporto siamo stati accolti da Riad che sarà il nostro autista in questa città antichissima e decisamente folle. Gentilissimo ci ha offerto acqua e biscotti per riprenderci dal volo e pensare che è stato lui, mandato dall'ostello che avevamo prenotato, ad aspettarci in aeroporto dalla sera prima. E' abbastanza anziano da sapersi muovere con sicurezza nel traffico sregolato di queste strade affollate, brulicanti di mezzi, persone, asinelli, galline. Una vera fogna a prima vista, eppure, a guardare meglio, si ritrova la magia dell'antico splendore. Sono i particolari, le finestre di certi edifici, i minareti, i colori dei tessuti, le decorazioni dorate, le pietre ancora non soffocate dalla modernità che conservano la suggestione fiabesca di una metropoli vista nei film e sui libri. C'è ancora l'affascinante città dei faraoni sotto uno strato di cemento e smog. mi perdo nel sogno di come fosse un tempo...
Arriviamo al Sara Inn Hostel, al settimo piano di un vicolo non lontano dal Museo Egizio. Si arriva alla reception con un ascensore a porte aperte scassatissimo. E' tutto colorato di tappeti e profuma d'incenso. Dopo una doccia crolliamo sfiniti sul lettone della nostra stanza. E' il nostro primo viaggio insieme: Sergio avventuroso e socievole, io timida e curiosa. E' stata dura arrivare, ma siamo felici nella nostra stanza affacciata su una stradina piena di fili e parabole che corrono tra finestre che nascondono misteri.
Al risveglio, Assim, proprietario del Sara Inn che si chiama così in onore della figlia, ci invita a cenare con lui. Pesce, riso, verdura e un pane squisito fanno da sfondo a un'interessante chiacchierata. Non abbiamo programmato nulla e gli chiediamo consigli per la nostra settimana egiziana. Dedicheremo due giorni a visitare il Cairo e i siti archeologici nei dintorni accompagnati da Riad e Ani, un ragazzo che studia italiano all'università e ci farà da guida storica. Poi partiremo per l'oasi di Bahariya dove è nato Assim perché ci ha assicurato che è un luogo favoloso dal quale potremo fare escursioni nel Sahara. Siamo emozionati, l'avventura comincia!

Saqqara e Giza
Sono così colpita, emozionata e affascinata da Giza che Saqqara, seppur storicamente importantissima, mi pare poca cosa. Sono stata al cospetto della grande piramide di Cheope, unica superstite delle sette meraviglie del mondo antico, l'ho toccata, sono salita su quei blocchi alti quanto me. E' perfetta! Meravigliosa in tutto il suo  millenario splendore. Maestosa! Quel panorama così familiare perché visto mille volte sui libri, dal vivo toglie il fiato! Non importa se di fronte alla Sfinge c'è un fast food, non importa se dietro le piramidi passa la tangenziale: ci sono anch'io! Ani ci raccontava la storia ufficiale, ma io non facevo che ripensare ai libri di Graham Hancock e li raccontavo a Sergio. La piramide di Cheope fa sfigurare ogni altra costruzione, le sue forme sono precise, i suoi lati lisci e perfetti mentre quella di Chefren è mal conservata anche perché i primi archeologi per entraci hanno fatto saltare una porzione di parete con la dinamite. Idioti!
sulla Grande Piramide
La Sfinge è un altro monumento misterioso e magico, stupenda anche se non ci si può avvicinare molto. Certe foto sono tipicamente da turisti, ma non potevo non farmi immortalare in questi luoghi che per me hanno un significato particolare.
Tutto questo ha ovviamente offuscato il sito di Saqqara, visitato la mattina, che comunque è interessante. Ani ci ha spiegato, pure troppo diffusamente, i riti che si tenevano nel complesso sotto la piramide a gradoni, madre di tutte le altre. Tra gli altri un rito con cui Zoser, re furbetto della prima dinastia, decise di celebrare il rinnovo del suo regno anziché venire ucciso a trent'anni come si usava all'epoca. Prima di dirigerci a Giza abbiamo anche visitato la tomba di un nobile egizio: una meraviglia di bassorilievi colorati a perdita d'occhio in ogni corridoio, un vero libro illustrato sulla vita di quel tempo, uno spettacolo di geroglifici.
E' divertente come Ani cambi tono quando siamo al cospetto di un monumento. Fino a un attimo prima ride e scherza da vero compagnone, poi diventa improvvisamente serio e professionale e recita il suo discorso imparato a memoria cominciando sempre con "E ora ci troviamo...". Ha memorizzato ogni descrizione parola per parola, tanto che se lo interrompi con una domanda impazzisce. (ci fa ridere ancora oggi, cdo.)

La cittadella e il Museo Egizio
Grandi bellezze viste un po' di corsa. La grande Moschea della Cittadella è stupefacente con quel soffitto blu decorato con migliaia di stelle d'oro. La parte islamica del Cairo è quella tenuta meglio, sembra una pagine di Le mille e una notte. La zona copta è meno bella, ma va visitata perché Ani ci tiene a recitare le sue descrizioni da manuale farcite di "se stesso" messi a caso, come quando si riferiva a Cheope come "il faraone se stesso". Fa sempre ridere, ma è così serio in quei momenti che è meglio non contrariarlo.
Il Museo Egizio è straordinario, ci vorrebbe un giorno solo per quello. La sala di Tutankhamon ci ha letteralmente rapiti. Mi ha fatto venire i brividi immaginare di essere l'archeologo che ha portato alla luce quel tesoro favoloso insieme alle sue leggende e alle voci di sinistre maledizioni.
Poi c'è la sala delle mummie dove puoi guardar in faccia gente che ha tremila anni! Strepitoso! In ogni corridoio, in ogni sala, in ogni angolo dove ti giri c'è qualcosa che ti toglie il respiro. E che emozione vedere dal vivo la statuetta dello scriba che stava nelle foto sul sussidiario delle elementari! Varrebbe la pena di venire al Cairo solo per questa visita.

Bahariya
Siamo partiti dal Cairo con Mizo, figlio di Assim, un ragazzino taciturno cresciuto tra il deserto e la metropoli. Viene con noi per farsi qualche giorno con gli amici beduini e si occupa di organizzarci gli spostamenti. L'autobus che prendiamo con lui si rompe che non siamo ancora usciti dalla città e i giapponesi lo fotografano. Quello che arriva in sostituzione sembra messo anche peggio. Tutto scassato, ovviamente senza aria condizionata e uno sportellino di ferro che traballa pericolosamente sopra la testa dell'autista. Il mio sedile è meno scassato di quello di Sergio quindi ogni tanto ci scambiamo di posto perché il viaggio è lungo. La strada per l'oasi è una strisciolina di asfalto nero in mezzo al nulla, da ogni finestrino si vede solo sabbia. Durante la sosta sono andata la bagno. Io e un piccolo gruppo di turiste siamo rimaste a fissare la turca ricoperta di mosche finché il bisogno di fare pipì ha preso il sopravvento. (lì ho visto anche per la prima volta le donne musulmane togliersi i veli per rinfrescarsi e ho scoperto che sono truccatissime e piene di gioielli, cdo.)
Dopo cinque ore di viaggio appare l'oasi e tutto diventa verde. Palme, erba e fiori circondano le strade sterrate e colorano un paesino con capanne di fango e miseria. Mi sento fortunata e a disagio.
l'autobus
Un giovane spericolato, amico di Mizo, ci preleva con una jeep alla fermata dell'autobus insieme a una coppia di australiani, Edith e Craig, diretti come noi al campo base da cui partiremo per le escursioni. Il campo è costituito da dieci capanne di fango e bambù intorno a una veranda comune che fa da sala da pranzo. Adorabile! I bagni son in comune come in campeggio, ma sono puliti. Pranziamo con gli australiani e sul tavolo passa un cucciolo di scorpione tutto bianco che evitiamo di disturbare. Edith e Craig sono di Perth e stanno facendo un giro di sei mesi in Africa, da sud a nord. Io e Sergio ascoltiamo le loro storie a bocca aperta e rosi dall'invidia. Nel pomeriggio, l'autista spericolato ci ha fatto saltare sulle dune con la jeep fino a un laghetto salato. Dopo il tramonto, doccia, cena e a letto presto che domani comincia l'avventura vera!

Il deserto
Edith dice che gli egiziani sono biologicamente indietro di tre ore, quindi per loro la mattina presto è mezzogiorno quando finalmente partiamo. Il piano era di dirigersi al Deserto Bianco dove passare la notte sotto le stelle, poi gli australiani sarebbero tornati al campo mentre io e Sergio avremmo proseguito con Mizo e i suoi amici beduini addentrandoci nel Sahara per un'altra notte.
Lungo la strada ci siamo fermati in due siti molto interessanti. Prima la Crystal Mountain che è una formazione quarzo luccicante. Archi, rocce, cascate, tutto di quarzo bianco e rosa che si poteva raccogliere a manciate, ma va lasciato al suo posto per i prossimi visitatori. Poi il Deserto Nero che un'immensa distesa di piccoli fossili nerissimi, valanghe di conchiglie venute dal tempo in cui lì c'era il mare. Impressionante!
Infine raggiungiamo la meta, il Deserto bianco e restiamo incantati. Bisogna vederlo per capire. Il vento ha scolpito migliaia di forme di gesso bianco come la neve, una magica foresta di pietra su un tappeto di sabbia di borotalco. Onde, alberi, animali, tutto scolpito nel bianco. Non ci sono parole per quello che la fantasia della natura ha creato in questo luogo. Mentre Mizo e i suoi amici preparano l'accampamento per la notte, noi passeggiamo in questo paesaggio fiabesco. Al tramonto il cielo diventa rosa, le rocce azzurre e la sabbia blu. Si cena intorno al fuoco chiacchierando, si dorme su tappeti con tante coperte colorate sotto miliardi di stelle sfavillanti. Mi sveglio a vedere l'alba con Craig mentre Edith e Sergio dormono ancora ed è lei, a sorpresa, a vincere la gara di chi russa più forte. Troviamo sulla sabbia le impronte di una volpe del deserto che ci ha fatto visita di notte. Dopo pranzo ci separiamo, io e Sergio proseguiamo inoltrandoci nel deserto di dune che assomiglia sempre più a quello nei documentari. Viaggiamo sulla terronissima jeep guidata dall'uomo con le mani più grande mai viste, ha le dita come salsicce e lui stesso è grande come un orso. Non abbiamo capito il suo nome, sta sempre in disparte, ma è un guidatore e meccanico esperto che ci salva quando il nostro mezzo si insabbia più di una volta. Poi c'è Mizo che è partito dal Cairo senza bagagli e indossa ancora gli stessi vestiti, meno male che il clima è così secco che nonostante il caldo non si suda! Infine Nasser che cucina in una pentola posata direttamente sul fuoco e ride sempre raccontando aneddoti su altri turisti, in particolare i suoi scherzi ai giapponesi.
il deserto bianco
Dopo aver incontrato un albero enorme, una piccola oasi con il bazar di una vecchia prostituta, una cantina scavata nella roccia dove i romani conservavano il vino, una sosta alle sorgenti calde, le pause per le preghiere e un campo di angurie, arriviamo alla meta, cioè lontano da tutto in mezzo a un vero oceano di sabbia. Altissime e soffici dune modellate dal vento si stagliano contro un cielo intensamente azzurro. Esploriamo, scaliamo, giochiamo mentre il campo per la notte prende forma e loro rifiutano il nostro aiuto. Di notte ci illuminano il fuoco e la luna mentre Nasser prepara un tè alla menta forte come un liquore per Sergio che non sta tanto bene. La bevanda lo guarisce quasi all'istante, misteri del deserto. Chiacchieriamo con questi uomini così diversi da noi, così interessanti e spiritosi da cancellare ogni pregiudizio. Nasser ha la faccia di un assassino, invece è una persona gentilissima ed è un piacere conversarci insieme.

Con il ritorno al Cairo si chiudeva la prima avventura di Barbuna e TdC, giovani e inesperti. Come si dice, ne è passata di acqua sotto i ponti da allora. Sono ancora in contatto con Edith e Craig che oggi hanno tre figli, ma viaggiano ogni volta che ne hanno occasione. 
Qui trovate tutte le foto anche se allora non avevo una gran macchina fotografica. Chissà se il Sara Inn esiste ancora e se il simpatico Assim manda ancora i suoi ospiti alla scoperta di quei luoghi sperduti a ovest del Cairo.

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