|
io & la mia libraia |
I viaggi, mi piace sognarli, prepararli, viverli, ricordarli e parlarne. Con la mia libraria del cuore Francesca, si chiacchierava di Australia e del viaggione 2010, prima con il TdC e poi con mio fratello e il Berna, ho tantissimi ricordi. Dico che si chiacchierava perché la sua libreria non ha niente a che vedere con i grandi magazzini dove lavorano commessi anziché librai.
Elsa è accogliente come un salotto, infatti ci sono diversi divani e poltrone, invita a esplorare i tavoli e gli scaffali pieni di storie, come quelle romantiche soffitte dove si scovano tesori dimenticati. Francesca è generosa nel condividere la sua passione e le sue conoscenze, per questo è un piacere fermarsi a parlare con lei di qualsiasi argomento e sapete quanto mi piacciono le persone sensibili e competenti.
È un personaggio anche lei. Mi ha procurato
Picnic a Hanging Rock di Joan Lindsay, romanzo inquietante su un fatto misterioso accaduto nel 1900 in questa località a nord di Melbourne. Il libro mi è piaciuto tantissimo, ma non posso dirvi altro perché qualunque piccolo particolare citassi sarebbe un imperdonabile spoiler. Dovete leggerlo, soprattutto se, come me, siete stati in Australia perché è proprio l'ambientazione a renderlo speciale e credibile.
Ah l'Australia, che isolona stupefacente!
Sia nel senso di sorprendentemente bella, sia nel senso di ma Madre Natura era fatta di LSD quando si è inventata questi animali? Il canguro e il wallaby che si spostano saltando e tengono i piccoli in tasca, il wombat che fa la cacca a cubetti, il koala che stupra le femmine e dorme tutto il giorno perché mangia solo eucalipto e non ha lo stomaco adatto per digerirlo, l'ornitorinco che sembra fatto con gli avanzi di altri animali, l'echidna che era uno dei miei preferiti sull'Enciclopedia degli animali e i pinguini fata che dormono solo tre minuti alla volta per paura dei predatori e muoiono d'infarto se illuminati di notte (per vederli, io e il TdC avevamo torce a luce rossa soffusa che non li disturba e dovevamo stare in silenzio assoluto) e l'opossum australiano che si trova più spesso morto lungo le strade che vivo in natura. Poi c'è tutta la fauna marina che mi sono goduta alla Grande Barriera Corallina. A parte l'ornitorinco che è timido, ho visto tutti gli altri e anche di più.
I paesaggi sembrano dei dipinti, i colori sono così intensi che perfino con la vecchia macchina fotografica che usavo allora risultano sgargianti. Essendo un continente, anche se per la maggior parte desertico, i panorami sono variegati e così ho visto l'arido outback e la lussureggiante foresta tropicale, le spiagge da cartolina e le scogliere scenografiche della Great Ocean Road, ma anche Shell Beach che, come si intuisce dal nome fantasioso, è costituita da miliardi di miliardi di piccole conchiglie bianchissime. E il cielo! Probabilmente dipende dalla latitudine, ma il cielo sembrava sproporzionato rispetto alla terra. Era tanto, tanto da farmi sentire schiacciata sotto il suo peso turchese. Indimenticabile la stellata ad Airlie Beach, mai viste tante stelle nemmeno nel deserto del Marocco.
La gente è tanto amichevole che anche al telegiornale parlano in slang e, cosa che mi ha colpito personalmente, tutti i clienti salutano le cassiere al supermercato. Per legge, ogni punto panoramico e ogni spiaggia deve avere spazi liberi e pubblici perché non sarebbe giusto farne godere solo ai ricchi. Nei parchi cittadini ci sono barbecue a gas e tavoli da picnic a disposizione di tutti gratuitamente e, stupitevi, nessuno ruba le bombole e chi li usa poi li lascia perfettamente puliti per chi verrà dopo. Gli australiani in realtà non esistono, sono tutti immigrati da altri continenti, i veri australiani sarebbero gli aborigeni anche se sono rimasti quasi senza terra e senza identità Ma è proprio dagli aborigeni che viene il minimo di storia australiana, una complessa e affascinante mitologia trasmessa oralmente con canti e poesie che narrano come la creazione dell'Australia abbia avuto origine da una serie di sogni che si continua a sognare. Non è bellissimo? Eppure i monumenti dedicati agli eroi nazionali raffigurano Bon Scott degli AC/DC e Steve Irwin, per carità, entrambi stimatissimi anche da me, ma per un europeo il centro storico di Sydney o Melbourne è una vera barzelletta. Non hanno nemmeno un piatto tipico! Grigliano tutto e basta, e lo sport nazionale è il Footy, nomignolo con cui chiamano l'Australian Football League. In sostanza si tratta di trenta persone in canottiere colorate buttate in mezzo a un campo erboso decorato con tante linee che non si capisce dove devi stare. Senza regole comprensibili, questi bei ragazzoni cresciuti a canguro grigliato giocano a qualcosa che sembra un misto di rugby, basket e calcio. Quando la cara Erin ha portato me e il TdC a vedere una partita a Melbourne, esultavamo quando lo facevano gli altri, senza capire quale squadra avesse segnato il punto, anche perché, tornando a quanto sono amichevoli gli australiani, i tifosi di entrambe le squadre si siedono mischiati e condividono le vettovaglie portate da casa, visto che non si sa neanche bene quanto duri una partita. Poi, a proposito di picnic, vi ricordate quando con Sté e il Berna ci siamo fermati a mangiare in un grazioso praticello accanto a un torrente nell'outback? Quando ci siamo accorti che quelle belle rocce ordinate erano lapidi e un tizio ci spiava da un camper, siamo scappati. Infine, non posso non citare la visita al Principato di Hutt River: quattro case in mezzo a un arido nulla nell'ovest e un tizio, - nel 2010 era un simpatico vecchino con cui mi sono fatta fotografare nella sala del trono, chissà se è ancora vivo - che un giorno ha dichiarato guerra all'Australia per ottenere l'indipendenza. Poiché, secondo la legge, se l'Australia non ti risponde entro 60 giorni hai vinto la guerra a tavolino, Hutt River è diventata un principato e ne ho il timbro sul passaporto. Che isola magnificamente folle!
Ma c'è un enorme MA che incombe su questa terra meravigliosa.
Sarà perché ci si trova a testa in giù con la gravità che ci tiene appesi al pianeta per le caviglie e il sangue va al cervello provocando allucinazioni e smarrimento; sarà perché il cartello Prairie abitanti 9 (e pure sperduti nell'outback) giustifica che almeno uno vada fuori di testa e diventi serial killer; sarà che gli aborigeni, visto come sono stati trattati, avranno comprensibilmente lanciato qualche maledizione; sarà che mettere il segnale Attenti ai coccodrilli nel giardino del campeggio e non illuminarlo di notte è un po' una scommessa sulla vita di noi turisti poveri; sta di fatto che in Australia, tutto vuole ucciderti. Dalle piante velenose alle meduse che sono più temute degli squali, dagli insetti ai già citati serial killer, dalle scogliere che franano sotto la Great Ocean Road ai fulmini (Darwin è la città dove cadono più fulmini nel mondo intero) fino ai road train che non sono in grado di frenare, c'è una varietà di modi di morire su quest'isola che stupisce ci sia ancora vita.
Ho sperimentato in prima persona l'incantesimo di questa natura sconvolgente che inebria e spaventa, che ubriaca per la varietà di panorami che appaiono all'improvviso dopo lunghe strade desolate come un continuo colpo di scena. Per noi che veniamo da un mondo totalmente diverso, così affollato e chiassoso eppure ordinato e ordinario, la vastità e unicità della natura australiana è un colpo fortissimo per ognuno dei nostri sensi e per la mente e per lo stomaco. Il tramonto su Shell Beach, a piedi nudi sulle dune di conchiglie, con il mare liscio come uno specchio che diventa scuro in pochi, ma lunghissimi istanti. Il silenzio subacqueo in cui fiorisce la Grande barriera corallina illuminata dal sole e poi oscurata dalle nuvole. La Via Lattea perfettamente chiara come un sentiero di vetri rotti colorati nel cielo notturno di Airlie Beach. I leoni marini che surfano nelle onde azzurre e poi si trascinano a riposare sulla spiaggia di un bianco abbagliante. I wallaby che scendono la sera dalle rocce di Magnetic Island e prendono delicatamente pezzi di carota dalle nostra mani. E avrei altri diecimila momenti come questi da elencare, chiari nei miei ricordi come se mi trovassi ancora lì, che fatico a spiegare a parole e che ancora mi sembra incredibile aver vissuto. Andate a rileggere
i post di allora e a rivedere
le foto che, vi ricordo, sono precedenti alla mia bellissima reflex Nikon eppure stupende.
Conoscendo tutto questo, non ho alcun dubbio sulla soluzione del mistero di Picnic a Hanging Rock e ha fatto benissimo il primo editore a suggerire all'autrice Joan Lindsay di eliminare l'ultimo capitolo che, nel manoscritto originale, spiegava l'accaduto nel dettaglio. Non c'era alcun bisogno di dirlo, non servono - e non basterebbero - parole: è ambientato in Australia!
Nota: Grazie, Francesca, per avermelo consigliato! E siccome è una maga nel suggerire il libro adatto all'umore, agli interessi, alla personalità di ognuno, fatevi un giro da lei a Elsa Libreria Creativa in via Carlo Rota 11 a Monza. Leggere è il mezzo più economico per viaggiare ed è anche quello che ti porta più lontano, nello spazio e perfino nel tempo.