giovedì 25 giugno 2015

Come sono diventata una viaggiatrice

Kalimantan 2013, comincia a piovere
Ho sempre avuto il senso pratico e l'agilità di un quadrello di marmo.
Quando in cortile si facevano i giochi a squadre, io ero l'handicap: una squadra aveva il sole negli occhi, l'altra aveva me; una squadra giocava in salita (perché la rete di pallavolo era il cancello dei box) e l'altra aveva me. Insomma, ho sempre usato meglio la penna che le scarpe, ho l'animo artistico.
Poi un giorno, mi sono ritrovata nella giungla del Borneo, sotto un temporale, con l'acqua alla vita e uno zaino fradicio sulle spalle. Com'è successo?
Hannibal Lecter chiedeva a Clarice come cominciamo a desiderare, le spiegava che il desiderio nasce da ciò che osserviamo ogni giorno. Quindi, cosa ho osservato tanto da far nascere il mio desiderio di viaggiare? Documentari e libri d'avventura, gente con le valigie nelle stazioni che aspettavano un treno per chissà dove, aerei che passavano in cielo. Voglio partire anch'io, voglio vedere quei luoghi con i miei occhi, voglio vivere le avventure dei reporter e dei personaggi nei libri, pensavo.
All'epoca del mio primo viaggio intercontinentale, i voli avevano prezzi esorbitanti e io uno stipendio misero. Viaggiare è anche sacrificio, così, l'imbranata del cortile ha cominciato a risparmiare, su tutto, e alla fine è partita. 
Basta un piccolo passo, il primo, poi ci si rende conto che è possibile vivere come nei libri. Il mondo è bellissimo, è lì che ci aspetta, a un solo passo di distanza tra il nostro quotidiano e un desiderio. Fatto quel primo passo, non mi sono più fermata e, anzi, ho cominciato a correre in giro per il pianeta. Paura, pigrizia, mancanza di soldi: tutti ostacoli superabili.
Oggi esistono voli e alloggi low cost, con un po' di oculatezza si arriva anche lontano, ma non è necessario fare migliaia di chilometri. Un viaggio è un viaggio anche se scendi alla prossima fermata del treno, basta farlo con lo spirito giusto.
Da lontano, dalla sicurezza delle nostre casette, ci facciamo scoraggiare da mille timori infondati, da mille pregiudizi inculcati da cattiva o scarsa informazione. I pericoli che si corrono viaggiando, sono gli stessi che ci aspettano sotto casa, quindi non ha senso temere di esplorare il resto del mondo. Certo, se prenoti un volo per una zona di guerra sei un pirla, ma mi riferisco all'immotivata diffidenza verso culture diverse e ambienti selvaggi.
Quando sei là, nel luogo che da casa ti sembrava irraggiungibile, scopri che la vita è molto più semplice di quanto ti aspettassi: la gente ti capisce anche se parli male la sua lingua; un tragitto scomodo può portarti a una meta di tale bellezza da farti dimenticare la fatica; osservare un animale selvatico, libero nel suo ambiente naturale, è un'emozione impagabile; assaggiare i piatti tipici ti introduce alla cultura locale; perdersi in un Paese straniero diventa occasione di incontri e scoperte; chiedere consiglio agli abitanti del luogo è molto più istruttivo e interessante che consultare una guida; sostenere la salvaguardia della natura e trattarla col massimo rispetto è un gesto che la natura ricambia con la meraviglia.

Marocco 2007, alba nel Sahara
Quando mi hanno chiesto che diavolo c'era da vedere nel deserto, ho capito di avere di fronte una persona dalla mente più ristretta di un caffè del distributore automatico. Vai! Vai a vedere quanto è bello il deserto con le sue forme e i suoi colori, con le notti stellate e le impronte di animaletti nella sabbia, quanto è bello svegliarsi tra le due e bere un tè alla menta, mentre sorge il sole. Oppure resta a casa a guardare la tv, al sicuro, finché non ti colpisce un meteorite.


Insomma, quella che non prendeva un pallone nemmeno se glielo tiravano in faccia, è cresciuta, è diventata più esperta e si è spinta oltre i propri limiti. A casa, mi viene il fiatone dopo otto scalini, ma in viaggio posso camminare per ore nella giungla, nel deserto, su un vulcano, senza sentire la fatica perché incantata dallo splendore che mi sta intorno. Sì, mi sono capitati un sacco di incidenti, grazie alla mia goffaggine, ma cosa sono una caviglia dolorante, un po' graffi e tagli, qualche livido, gli indumenti pieni di fango e un paio di sanguisughe nella maglietta, se poi mi porto dentro i ricordi di straordinarie avventure?  

sabato 13 giugno 2015

Uganda e Guyana, paesaggi da scoprire

Questo 2015, a parte la bellissima esperienza con le Cavallette in Kenya, sarà un po' povero di viaggi a causa di altre spese programmate. Per consolarmi, però, sto già raccogliendo le idee per l'anno prossimo e, tra le innumerevoli ispirazioni che mi offre il pianeta, ce ne sono due che voglio condividere: Uganda e Guyana. Come sempre, scelgo mete che mi permettano di osservare la natura selvaggia in tutto il suo splendore e si tratta di viaggi all'insegna dell'avventura.

Uganda. Incantata dalle foto del viaggio di nozze di un'amica, ho scoperto questo meraviglioso scorcio d'Africa. 
Pensando all'Uganda, mi vengono subito in mente i gorilla, animali splendidi e misteriosi che si muovono tra le ombre di una fitta foresta. Si trovano nel Bwindi Impenetrable National Park che ospita la metà dei pochi Gorilla di Montagna rimasti sulla terra. I gorilla del parco, chiamati "gorilla Bwindi", sono divisi in gruppi, vivono in completa libertà e sono controllati dai progetti di ricerca della comunità scientifica.
Questo parco è anche considerato un paradiso per gli amanti del birdwatching perché vi si trovano ben 348 specie di uccelli. Se non bastasse, ci sono 120 specie di mammiferi, 202 specie di farfalle, 163 specie di alberi, 100 specie di felci, 27 specie di rane, camaleonti e gechi.
L'Uganda offre ai viaggiatori una gran varietà di paesaggi da esplorare, modellati dalla storia geologica della zona: montagne, laghi, fiumi, cascate, giungla equatoriale e savana. 
La catena montuosa di Ruwenzori, per esempio, è nata da un unico blocco di crosta terrestre sollevato da forze titaniche e le sue cime superano tranquillamente i 4mila metri, separando l'Uganda dal Congo.
La Fossa Albertina, invece, è il ramo occidentale della Rift Valley, la cicatrice che attraversa l'Africa per migliaia di chilometri, dalla Siria al Mozambico. Questa gigantesca spaccatura tra le placche tettoniche, osservata anche in Kenya, ha separato individui della stessa specie che si sono evoluti dalla preistoria in maniera differente perché si adattassero alle diverse condizioni dei due versanti: uno umido e piovoso, ricoperto di foreste; l'altro più secco, caratterizzato da savana e prateria. Gli antenati della giraffa che troviamo nella savana, al di là della fossa Albertina sono più piccoli, più adatti a vivere nella foresta e assomigliano a grossi cervi.
Un viaggio tra le riserve protette dell'Uganda può, quindi, portarci dai trekking in montagna a escursioni in barca sul Nilo Bianco, dalle isole nel Lago Vittoria ai safari fotografici nella savana dei parchi.
Il Kibale National Park è famoso perché ospita la più alta varietà e concentrazione di scimmie dell'Africa orientale, ma anche uccelli e numerosissime farfalle. Il Queen Elizabeth National Park include la foresta di Maramagambo e parte del lago Edward. Il paesaggio comprende savana, foresta pluviale, paludi e numerosi coni e crateri vulcanici. La fauna è costituita da coccodrilli del Nilo, ippopotami, elefanti, leopardi, leoni, scimpanzé, facoceri, bufali e antilopi kob. Qui i leoni hanno la particolare abitudine (osservata solo in pochissime altre zone dell'Africa) di arrampicarsi sugli alberi.

Guyana. Al di là dell'Atlantico, un'altra foresta ha attirato la mia attenzione. Vi avevo già parlato del fascino dell'Amazzonia, ma non avevo mai pensato di entrarci da altri Paesi, se non seguendo il classico percorso dal Brasile. La Guyana, per esempio, un'ex colonia contesa tra inglesi e olandesi, oggi repubblica indipendente, può essere un'interessante alternativa.
In una puntata di River Monsters ho scoperto lo sperduto villaggio di Rewa e, facendo qualche ricerca sul web, ho trovato un eco-lodge(strutture per il turismo eco-sostenibile alle quali mi sono già affidata in altri Paesi) gestito proprio dagli abitanti del villaggio, tra i fiumi Rewa e Rupununi. 
È raggiungibile solo in barca, come il Rimba in Borneo, e offre una serie di attività per gli amanti della natura selvaggia: dal birdwatching alle camminate, dalle gite in canoa a piccole crociere sui fiumi alla scoperta di giaguari, tapiri, capibara, armadilli, caimani, tartarughe giganti, puma, anaconde e una gran varietà di uccelli colorati. 
Si può esplorare un'area forestale completamente disabitata dove gli animali non temono l'uomo ed è quindi più facile avvistarli. È inoltre possibile visitare il villaggio per conoscere gli usi e la cultura della popolazione amerinda della zona.

Sono due viaggi piuttosto costosi, la Guyana per il volo e l'Uganda per gli ingressi ai parchi, ma, citando un'amica (che però parlava di comprare un paio di scarpe) meglio uno molto bello che dieci di bassa qualità.
Quindi, qualche mese di cinghia stretta e poi via verso nuove strabilianti avventure!

venerdì 5 giugno 2015

Disavventure e belle sorprese

Ci sono molti modi di viaggiare:in auto, in treno, in aereo, a piedi, in moto, in bicicletta, con la fantasia e attraverso i racconti di altri viaggiatori. Vi ho parlato spesso dei libri di viaggio che mi sono piaciuti e mi hanno ispirato, ma ce ne sono due, nella mia personale biblioteca, che mi hanno fatto venire voglia di coinvolgere altri viaggiatori in un gioco di ricordi.


“Era meglio se stavo a casa!” e “Dove sono finito? Storie inaspettate da luoghi inaspettati” sono raccolte dei racconti di viaggio di scrittori, giornalisti e avventurieri che trattano due diversi temi: il primo è un'antologia di disavventure ed esperienze disastrose; il secondo è una collezione di momenti di “disorientamento” per la bellezza, la stranezza o la particolarità di un luogo o di una situazione incontrati durante un viaggio. Mi sono divertita molto nel leggere queste esperienze di sciagure e belle sorprese, così ho pensato a quali, tra i miei ricordi, avrebbero potuto far parte di queste due raccolte e, allo stesso tempo, mi è venuta voglia di sentire altre storie del genere.

Ho quindi pensato di raccontare i miei due momenti e invitare altri viaggiatori a raccontarmi i loro. Mandatemi i vostri ricordi per “Era meglio se stavo a casa!” e “Dove sono finito?” all'indirizzo simopassacc@gmail.com , magari corredati da una foto e, se avete un blog, aggiungete il vostro link. Pubblicherò un post (o più di uno se dovesse servire più spazio) con tutte le vostre disavventure e belle sorprese in modo da continuare il gioco di ricordi cominciato con questi libri.
In attesa delle vostre storie, ecco le mie.

“Era meglio se stavo a casa!” Devo dire che mi è capitato raramente di pensarlo perché, anche nei momenti peggiori, un viaggio è sempre un'emozione irrinunciabile. Sono quasi stata trascinata via dalla corrente di un fiume a Sumatra, mi sono slogata una caviglia cadendo da un marciapiede a Bali mentre stavo per partire per l'Australia, sono stata in pronto soccorso ad Adelaide per un'infezione, ho letteralmente nuotato nella foresta del Borneo durante un acquazzone con l'acqua alla vita e lo zaino fradicio sulle spalle, ma niente di tutto questo mi ha fatto apprezzare meno quelle mete. 
Un momento, però, in cui davvero non vedevo l'ora di andarmene è stato durante una notte a Medan nel 2010, prima del volo da Sumatra a Bali. Quella è stata una notte infernale, trascorsa in una piccola stanza d'albergo in un sottoscala senza finestre, con un caldo insopportabile, la tv del custode alla reception (al di là della parete del letto) che andava a tutto volume nonostante le nostre lamentele, la camera sudicia che puzzava di muffa, un bagno impossibile da descrivere. Pregavo che arrivasse presto l'alba per andarmene in aeroporto. Preferisco mille volte dormire nel fango della giungla che nella sporcizia di città. Per fortuna, è stato solo per una notte e non ho pensato a fotografare quel luogo da incubo per mostrarvelo: volevo solo scappare!

“Dove sono finito?” Nel 2013, atterrati in Kalimantan, la parte indonesiana dell'isola del Borneo, io e il TdC abbiamo trovato Ponco, la nostra guida locale, ad attenderci in aeroporto. Per raggiungere la nostra sistemazione in mezzo alla giungla, ci aspettava un lungo percorso sul fiume, ma la barca non era ancora pronta. Per passare il tempo, Ponco ci ha proposto di fare tappa al matrimonio di un suo amico. Immaginate noi due, in arrivo da 14 ore di volo dall'Italia, dopo una notte a Jakarta e un altro volo, in sandali e occhiaie, già sudati per il clima tropicale, imbucati a un matrimonio musulmano tra sconosciuti. La festa era aperta a tutto il villaggio e alle 11 del mattino il buffet di piatti tipici era già aperto. Siamo stati accolti con grande gentilezza e ospitalità da donne in abiti bellissimi e uomini eleganti che, però, non facevano caso al nostro abbigliamento, forse perché era già abbastanza strano trovare degli occidentali alla cerimonia. Anzi, ci hanno trattati da vip, visto che la coppia, insieme ai genitori degli sposi, ha insistito per farsi fotografare con noi sul palco. Nella foto palesemente ci stiamo domandando Dove sono finito?


mercoledì 3 giugno 2015

Roma: gladiatori, maghi e ingegneri nucleari

vista dai Fori Imperiali
Eccomi di ritorno da un lungo e intenso weekend a Roma, la città eterna. Ovviamente, in tre giorni io la Nico, compagna di viaggetto, non siamo riuscite a vedere tutto quello che offre questa storica metropoli, ma qualcosina da raccontarvi ce l'ho.
Mettetevi comodi.
Mentre il treno alle 11.15 entrava nella stazione Termini, mi ha telefonato il mio ex capo francese, Thibaut, che ormai vive a Roma da oltre due anni ed è anche per incontrare lui che abbiamo scelto questa meta. Ci chiede se abbiamo impegni per pranzo e la risposta è stata: "No, ma vogliamo assolutamente mangiare pasta cacio e pepe".