martedì 30 aprile 2013

Hey hey hey, na na na na

Meno di dieci giorni alla partenza (per rispolverare l'itinerario leggete qui) e mi son venuti un po' di pensieri.

Abitiamo un piccolo pianeta frutto di fortunatissime coincidenze, praticamente abbiamo vinto alla lotteria cosmica. Siamo protetti da una sottile atmosfera che permette la vita e da un campo magnetico che devia i mortali venti solari, ci troviamo alla giusta distanza dal sole perché l'acqua mantenga lo stato liquido e un sacco di altre belle cose.

L'universo là fuori è un luogo estremamente violento e noi siamo terribilmente fragili. Se ti teletrasportassi su un pianeta alieno non avresti nemmeno il tempo di bestemmiare, prima di essere polverizzato. Stelle lontane potrebbero morire da un momento all'altro e non lo sapremmo perché il cielo che osserviamo è il passato, la luce che vediamo ha impiegato migliaia di anni ad arrivare ai nostri occhi, dunque il luogo da cui è partita potrebbe già non esistere più. Una stella che esplodesse a un milione di anni luce da noi potrebbe colpirci, e se una scarica di raggi gamma ci investisse (no, non diventeremmo tutti Hulk) spezzerebbe la barriera di ozono che protegge il nostro pianeta dalle radiazioni solari e friggeremmo come patatine.

Passeggiamo sul filo del rasoio sorretti da uno straordinario equilibrio di forze, ma l'uomo è in grado di modificare anche una sola delle condizioni che consentono la vita, anche di una misura infinitesimale, provocando un disastro planetario. Siamo una razza di sciagurati e al tempo stesso dovremmo avere l'intelligenza di capirlo.

La natura ha i suoi cicli, i suoi modi di riparare ciò che si rompe o che non funziona, muta, si evolve, si rigenera e cancellerà anche noi che non siamo altro che un istante nelle ere geologiche, ha le sue leggi, superiori alle nostre, precise e infallibili. Riuscirà anche a digerire i danni che le arrechiamo, ma ci sono cose che abbiamo distrutto per sempre, per esempio non rinasceranno gli animali che abbiamo sterminato fino all'estinzione.

La natura, però, ha generato anche noi, quindi non possiamo essere un errore nonostante ci comportiamo da figli ingrati. Non riesco ancora a capire il nostro ruolo nel quadro generale.

Me: “Scusi Signora Natura, perché ha creato gli esseri umani?”

Natura: “All'inizio mi sembravano carini.”

Me: “E poi?”

Natura: “Guardi, ho provato di tutto: la peste, gli uragani, il Vesuvio... ma se ti distrai un attimo son sette miliardi, manco i bacherozzi! La prossima volta provo con gli zombi...”

Ormai siamo diventati troppi perché il pianeta sopporti il nostro modo di vivere, quindi, in un modo o nell'altro, ci estingueremo, che si tratti di una catastrofe naturale, di una malattia o dell'esaurimento delle risorse, non possiamo durare ancora molto in queste condizioni.

La Terra è la nostra casa. Per secoli e secoli l'abbiamo sporcata, consumata e rovinata. Ora che sta cadendo a pezzi sotto i nostri occhi siamo di fronte a una scelta: ristrutturarla o cercarne una nuova.

Ristrutturarla implica parecchio lavoro e la collaborazione di sette miliardi di inquilini. Ognuno dovrebbe spolverare, riparare, pulire e mantenere in buone condizioni la propria stanza perché la ristrutturazione funzioni, ma tutto questo comporta un impegno che la pigra umanità non ha voglia di assumersi.

L'alternativa di cercare una nuova casa, d'altra parte, è troppo costosa. Non possiamo permetterci viaggi interstellari per tutti, non solo economicamente, ma non siamo pronti nemmeno a livello tecnologico, e non sapremmo nemmeno dove dirigerci di preciso. Colonizzare altri pianeti è fuori dalla nostra portata e, onestamente, non penso nemmeno che lo meritiamo.

Se la vita di un uomo durasse duecento anni, questo curerebbe l'ambiente per se stesso. Invece è egoista verso le future generazioni. A nessuno importa dei figli e dei nipoti che erediteranno un mondo sempre più povero e sporco, all'uomo importa solo di godersi la sua breve vita. Questo è il risultato: non puoi bere l'acqua del fiume perché è inquinata, non puoi mangiare un frutto senza lavare via i pesticidi, non puoi vedere le stelle se vivi in città, non puoi giocare per strada, non puoi camminare scalzo.

Poi c'è la nostra prerogativa migliore: la guerra. Fondamentalmente è una boiata, anche se nella storia ha fatto progredire la tecnologia più di ogni altra motivazione, tutto ciò che è stato inventato a scopi militari ha poi trovato utilissime applicazioni nel quotidiano, ma serve per forza una guerra per farci aguzzare l'ingegno? Dovrebbe bastare una sana sfida, tipo a chi arriva primo sulla Luna o chi diventa indipendente dal petrolio prima degli altri, con lodi al vincitore e condivisione dei vantaggi con il vinto. Perché siamo, invece, così stronzi? A parte le ovvietà per cui i conflitti fanno vittime innocenti, impoveriscono i popoli e ingrassano i ricchi e tutte le altre belle parole, non mi viene davvero in mente una guerra giust. Ci scontriamo per ignoranti rivalità, ognuno vuole prevalere sull'altro e dimostrare che la sua bomba è più potente, la sua religione più giusta, il suo portafoglio più gonfio, la sua maglietta più bella e piscia più lontano. Infine, ma non meno importante dal mio egoistico punto di vista, a causa delle guerre io non posso viaggiare in un sacco di Paesi che vorrei visitare.

Oh siam proprio una bella razza! La razza superiore, quella intelligente! È davvero intelligente concepire amenità come la guerra, la schiavitù o lo stupro, gettare i neonati nei cassonetti e privare interi popoli delle libertà più elementari, tollerare la crudeltà, lo sfruttamento, la spazzatura che riempie il mondo, la distruzione della natura. Un essere intelligente non è questo, perciò l'uomo è scemo, o perlomeno lo è maggioranza degli uomini e, senza dubbio, sono scemi gli uomini di potere.

Tutto questo per dirvi che non dovrete stupirvi se non farò ritorno dal viaggio che sto per cominciare: preferisco stare con gli orangutan ad aspettare la fine del mondo.


Hey hey hey, na na na na
When the universes collide
Hey hey hey, na na na na
Son, don't get caught on the wrong side
   - Gogol Bordello

martedì 9 aprile 2013

Viaggiare pellavvero

I viaggiatori sono tutti legati tra loro come membri di una bizzarra famiglia. Hanno in comune la lontananza da casa e il desiderio di scoperta non solo di luoghi, ma anche di esperienze e persone. Appena ci si trova intorno a un tavolo si fanno un sacco di domande, si scambiano consigli e si raccontano avventure e disavventure incrementando la reciproca curiosità e alimentando la voglia di viaggiare ancora. Quando due motociclisti si incrociano per la strada alzano la mano per salutarsi. Sono estranei, indossano i caschi, vanno in direzioni opposte eppure si salutano perché fanno parte della stessa tribù, condividono qualcosa che gli automobilisti accanto a loro non conoscono. Questo accade anche ai viaggiatori: raramente ne incontrerai uno che non ti sorrida e non abbia voglia di parlarti. Così abbiamo conosciuto Alison, Nicola, Erin, Paul, John, i ragazzi della gang australiana west coast, Hannes, Bodhi, Mario (che ride come una scimmia) e tutti gli altri diventati amici speciali perchè hanno condiviso con noi momenti indimenticabili.
Viaggiatori, non turisti.
I turisti sono cafoni perché considerano il viaggio un investimento per cui devno essere trattati come ospiti di riguardo e pretendono che tutto si adatti alle loro esigenze personali. Il viaggiatore invece si adatta al luogo e alla cultura che incontra, possiede lo spirito positivo degli antichi esploratori, è aperto alle novità e alle diversità, agli imprevisti e agli incontri.
Il viaggiatore sa anche apprezzare la solitudine: si lascia andare alle maree dei pensieri, si rifugia in un libro al sicuro, scrive e fotografa per conservare i momenti importanti, contempla un paesaggio ridimensionando la percezione di sé.
Gli indigeni, e con questo non immaginate dei tizi in gonnellino di paglia con un osso tra i capelli, ma semplicemente gli abitanti del luogo, in genere mal sopportano i turisti limitandosi ad essere educati perché portano guadagni. Hanno, invece, una sorta di istinto materno nei confronti dei viaggiatori e sono ben disposti ad aiutarli e consigliarli. Sul serio l'ho provato di persona più di una volta.
Cresciamo con questo planisfero appeso in classe alle elementari, con l'Europa al centro. Quello è il tuo mondo: tu al centro e il resto troppo lontano. Lontano, diverso e quindi pericoloso. Le notizie che ci arrivano dagli altri Paesi sono spesso distorte, l'immagine che abbiamo in testa di luoghi mai visitati è piuttosto diversa dalla realtà, sia nel bene che nel male. Quando nella vetrina di una cartoleria australiana ho visto appeso il loro planisfero, quasi non riconoscevo il mondo con l'Oceania al centro. Mi sono resa conto di quanto il punto di vista influenzi la nostra percezione delle cose. Allora ho pensato che vale per tutto: cambiare il punto di vista ci fa vedere altri aspetti di ciò che crediamo di conoscere. 
Non basta una vita intera per vedere e imparare tutto, ovviamente, ma mantenere la mente aperta ci permetterà di vedere più cose. Ho cominciato tardi a viaggiare perché per molto tempo non me lo sono potuto permettere, quindi mi ritengo ancora una principiante. Dalle mie parti è già strano partire in un periodo che non sia il convenzionale mese di agosto ed è quasi impensabile stare via più di tre settimane soprattutto all'estero. Quando però girovagavo tra il sud-est asiatico e l'Australia ho incontrato viaggiatori che erano giro da mesi o anni e lo trovavano perfettamente normale.
Oggi è facile andare ovunque in aereo e in macchina, ma penso a quando ci volevano mesi di navigazione e non c'erano strade. Avrei dovuto nascere in un'altra epoca, tanti luoghi sono stati rovinati o addirittura distrutti da allora e io non potrò più vederli. 
Si viaggiava seguendo le stelle e le stelle, un tempo, si vedevano perfettamente a occhio nudo. Io mi stupisco quando mi trovo sotto un cielo stellato come nel Deserto Bianco in Egitto o come ad Arlie Beach in Australia. Vedevo ogni cosa, la Via Lattea chiara come la scia di una barca e vedevo pianeti colorati e stelle cadenti. Ero ipnotizzata. Pensa che invece era normale ai tempi degli Egizi e dei Maya: vedevano una volta celeste completamente limpida e potevano usarla per orientarsi, per calcolare il tempo, per prevedere le piene dei fiumi, quando seminare e quando raccogliere, quando partire e come ritrovare la via di casa.
Quando viaggio, osservo senza lasciare impronte, cerco di stare con le persone del posto facendomi guidare da loro, ascolto le loro storie e i suoni della natura, voglio immergermi nello spirito del primo ospite. Prediligo le destinazioni meno frequentate, più difficili da raggiungere, più isolate perché non voglio trovarmi nessuno intorno mentre uso il mio superpotere dell'immaginazione. Riesco a viaggiare nel tempo e provare sensazioni antiche. 
Ah, l'era delle grandi esplorazioni! Mi sarei imbarcata su uno di quei velieri in rotta verso l'oceano sconosciuto. Probabilmente sarei morta per qualche malattia dovuta alla scarsa igiene e al cibo mal conservato, ma se fossi sopravvissuta avrei vissuto avventure così fantastiche che si fatica a raccontarle.
Immaginate come ci si sente ad avvistare un'isola che non era su nessuna mappa, ad essere il primo a mettere piede su quella spiaggia di borotalco e osservare il pennacchio di fumo che si leva dall'alto vulcano al centro della foresta. 
Immaginate di attraversare la giungla africana a piedi senza sapere quello che si nasconde tra la vegetazione e sentire un rombo lontano e andare in direzione di quel suono per poi trovarvi davanti le gigantesche Cascate Vittoria. 
Immaginate le tempeste nello stretto di Magellano, le onde che sollevano il vascello e la pioggia che vi sferza il viso e miracolosamente evitate le scogliere taglienti in mezzo a fulmini e schiuma di mare e finalmente raggiungete l'altro oceano mentre le nubi si diradano e il sole fa scintillare la nave bagnata. 
Immaginate di aprire un sentiero tra le montagne himalayane lottando con il gelo e l'altitudine. Immaginate di risalire il grande Rio delle Amazzoni inoltrandovi nella foresta più estesa del mondo abitata da insetti enormi e serpenti velenosi. 
Immaginate di essere il primo a vedere un ghepardo, un koala, un pinguino, immaginate di scoprire Macchu Picchu o Angkor o la tomba di Tutankamon.
Patty, la mia amica messicana, dice che quando è stressata va a Teotihuacan, solo mezz'ora in auto dalla sua casa a Città del Messico, sale sulla Piramide del Sole e pensa. Mi ha portato là nel 2004, dalla cima si vede tutta la piana circostante con i templi, gli osservatori astronomici di pietra e gli alberi. Ci va al tramonto, quando i turisti se ne sono andati, si siede su quelle pietre millenarie e pensa alle sue radici azteche.