sabato 25 maggio 2024

L'isola assassina

io & la mia libraia
I viaggi, mi piace sognarli, prepararli, viverli, ricordarli e parlarne. Con la mia libraria del cuore Francesca, si chiacchierava di Australia e del viaggione 2010, prima con il TdC e poi con mio fratello e il Berna, ho tantissimi ricordi. Dico che si chiacchierava perché la sua libreria non ha niente a che vedere con i grandi magazzini dove lavorano commessi anziché librai. Elsa è accogliente come un salotto, infatti ci sono diversi divani e poltrone, invita a esplorare i tavoli e gli scaffali pieni di storie, come quelle romantiche soffitte dove si scovano tesori dimenticati. Francesca è generosa nel condividere la sua passione e le sue conoscenze, per questo è un piacere fermarsi a parlare con lei di qualsiasi argomento e sapete quanto mi piacciono le persone sensibili e competenti. È un personaggio anche lei. Mi ha procurato Picnic a Hanging Rock di Joan Lindsay, romanzo inquietante su un fatto misterioso accaduto nel 1900 in questa località a nord di Melbourne. Il libro mi è piaciuto tantissimo, ma non posso dirvi altro perché qualunque piccolo particolare citassi sarebbe un imperdonabile spoiler. Dovete leggerlo, soprattutto se, come me, siete stati in Australia perché è proprio l'ambientazione a renderlo speciale e credibile.

Ah l'Australia, che isolona stupefacente! 

Sia nel senso di sorprendentemente bella, sia nel senso di ma Madre Natura era fatta di LSD quando si è inventata questi animali? Il canguro e il wallaby che si spostano saltando e tengono i piccoli in tasca, il wombat che fa la cacca a cubetti, il koala che stupra le femmine e dorme tutto il giorno perché mangia solo eucalipto e non ha lo stomaco adatto per digerirlo, l'ornitorinco che sembra fatto con gli avanzi di altri animali, l'echidna che era uno dei miei preferiti sull'Enciclopedia degli animali e i pinguini fata che dormono solo tre minuti alla volta per paura dei predatori e muoiono d'infarto se illuminati di notte (per vederli, io e il TdC avevamo torce a luce rossa soffusa che non li disturba e dovevamo stare in silenzio assoluto) e l'opossum australiano che si trova più spesso morto lungo le strade che vivo in natura. Poi c'è tutta la fauna marina che mi sono goduta alla Grande Barriera Corallina. A parte l'ornitorinco che è timido, ho visto tutti gli altri e anche di più.

I paesaggi sembrano dei dipinti, i colori sono così intensi che perfino con la vecchia macchina fotografica che usavo allora risultano sgargianti. Essendo un continente, anche se per la maggior parte desertico, i panorami sono variegati e così ho visto l'arido outback e la lussureggiante foresta tropicale, le spiagge da cartolina e le scogliere scenografiche della Great Ocean Road, ma anche Shell Beach che, come si intuisce dal nome fantasioso, è costituita da miliardi di miliardi di piccole conchiglie bianchissime. E il cielo! Probabilmente dipende dalla latitudine, ma il cielo sembrava sproporzionato rispetto alla terra. Era tanto, tanto da farmi sentire schiacciata sotto il suo peso turchese. Indimenticabile la stellata ad Airlie Beach, mai viste tante stelle nemmeno nel deserto del Marocco. 

La gente è tanto amichevole che anche al telegiornale parlano in slang e, cosa che mi ha colpito personalmente, tutti i clienti salutano le cassiere al supermercato. Per legge, ogni punto panoramico e ogni spiaggia deve avere spazi liberi e pubblici perché non sarebbe giusto farne godere solo ai ricchi. Nei parchi cittadini ci sono barbecue a gas e tavoli da picnic a disposizione di tutti gratuitamente e, stupitevi, nessuno ruba le bombole e chi li usa poi li lascia perfettamente puliti per chi verrà dopo. Gli australiani in realtà non esistono, sono tutti immigrati da altri continenti, i veri australiani sarebbero gli aborigeni anche se sono rimasti quasi senza terra e senza identità Ma è proprio dagli aborigeni che viene il minimo di storia australiana, una complessa e affascinante mitologia trasmessa oralmente con canti e poesie che narrano come la creazione dell'Australia abbia avuto origine da una serie di sogni che si continua a sognare. Non è bellissimo? Eppure i monumenti dedicati agli eroi nazionali raffigurano Bon Scott degli AC/DC e Steve Irwin, per carità, entrambi stimatissimi anche da me, ma per un europeo il centro storico di Sydney o Melbourne è una vera barzelletta. Non hanno nemmeno un piatto tipico! Grigliano tutto e basta, e lo sport nazionale è il Footy, nomignolo con cui chiamano l'Australian Football League. In sostanza si tratta di trenta persone in canottiere colorate buttate in mezzo a un campo erboso decorato con tante linee che non si capisce dove devi stare. Senza regole comprensibili, questi bei ragazzoni cresciuti a canguro grigliato giocano a qualcosa che sembra un misto di rugby, basket e calcio. Quando la cara Erin ha portato me e il TdC a vedere una partita a Melbourne, esultavamo quando lo facevano gli altri, senza capire quale squadra avesse segnato il punto, anche perché, tornando a quanto sono amichevoli gli australiani, i tifosi di entrambe le squadre si siedono mischiati e condividono le vettovaglie portate da casa, visto che non si sa neanche bene quanto duri una partita. Poi, a proposito di picnic, vi ricordate quando con Sté e il Berna ci siamo fermati a mangiare in un grazioso praticello accanto a un torrente nell'outback? Quando ci siamo accorti che quelle belle rocce ordinate erano lapidi e un tizio ci spiava da un camper, siamo scappati. Infine, non posso non citare la visita al Principato di Hutt River: quattro case in mezzo a un arido nulla nell'ovest e un tizio, - nel 2010 era un simpatico vecchino con cui mi sono fatta fotografare nella sala del trono, chissà se è ancora vivo - che un giorno ha dichiarato guerra all'Australia per ottenere l'indipendenza. Poiché, secondo la legge, se l'Australia non ti risponde entro 60 giorni hai vinto la guerra a tavolino, Hutt River è diventata un principato e ne ho il timbro sul passaporto. Che isola magnificamente folle!

Ma c'è un enorme MA che incombe su questa terra meravigliosa.


Sarà perché ci si trova a testa in giù con la gravità che ci tiene appesi al pianeta per le caviglie e il sangue va al cervello provocando allucinazioni e smarrimento; sarà perché il cartello Prairie abitanti 9 (e pure sperduti nell'outback) giustifica che almeno uno vada fuori di testa e diventi serial killer; sarà che gli aborigeni, visto come sono stati trattati, avranno comprensibilmente lanciato qualche maledizione; sarà che mettere il segnale Attenti ai coccodrilli nel giardino del campeggio e non illuminarlo di notte è un po' una scommessa sulla vita di noi turisti poveri; sta di fatto che in Australia, tutto vuole ucciderti. Dalle piante velenose alle meduse che sono più temute degli squali, dagli insetti ai già citati serial killer, dalle scogliere che franano sotto la Great Ocean Road ai fulmini (Darwin è la città dove cadono più fulmini nel mondo intero) fino ai road train che non sono in grado di frenare, c'è una varietà di modi di morire su quest'isola che stupisce ci sia ancora vita.

Ho sperimentato in prima persona l'incantesimo di questa natura sconvolgente che inebria e spaventa, che ubriaca per la varietà di panorami che appaiono all'improvviso dopo lunghe strade desolate come un continuo colpo di scena. Per noi che veniamo da un mondo totalmente diverso, così affollato e chiassoso eppure ordinato e ordinario, la vastità e unicità della natura australiana è un colpo fortissimo per ognuno dei nostri sensi e per la mente e per lo stomaco. Il tramonto su Shell Beach, a piedi nudi sulle dune di conchiglie, con il mare liscio come uno specchio che diventa scuro in pochi, ma lunghissimi istanti. Il silenzio subacqueo in cui fiorisce la Grande barriera corallina illuminata dal sole e poi oscurata dalle nuvole. La Via Lattea perfettamente chiara come un sentiero di vetri rotti colorati nel cielo notturno di Airlie Beach. I leoni marini che surfano nelle onde azzurre e poi si trascinano a riposare sulla spiaggia di un bianco abbagliante. I wallaby che scendono la sera dalle rocce di Magnetic Island e prendono delicatamente pezzi di carota dalle nostra mani. E avrei altri diecimila momenti come questi da elencare, chiari nei miei ricordi come se mi trovassi ancora lì, che fatico a spiegare a parole e che ancora mi sembra incredibile aver vissuto. Andate a rileggere i post di allora e a rivedere le foto che, vi ricordo, sono precedenti alla mia bellissima reflex Nikon eppure stupende.


Conoscendo tutto questo, non ho alcun dubbio sulla soluzione del mistero di Picnic a Hanging Rock e ha fatto benissimo il primo editore a suggerire all'autrice Joan Lindsay di eliminare l'ultimo capitolo che, nel manoscritto originale, spiegava l'accaduto nel dettaglio. Non c'era alcun bisogno di dirlo, non servono - e non basterebbero - parole: è ambientato in Australia!


Nota: Grazie, Francesca, per avermelo consigliato! E siccome è una maga nel suggerire il libro adatto all'umore, agli interessi, alla personalità di ognuno, fatevi un giro da lei a Elsa Libreria Creativa in via Carlo Rota 11 a Monza. Leggere è il mezzo più economico per viaggiare ed è anche quello che ti porta più lontano, nello spazio e perfino nel tempo.

giovedì 9 maggio 2024

Progetto Uganda fallito

Il progetto 2025 per cui ho cominciato a risparmiare riguarda il parco nazionale Bwindi Impenetrable Forest dove è possibile seguire le tracce delle famiglie di gorilla protette e trascorrere un'ora ad osservarle nel loro magnifico ambiente. Purtroppo, questo viaggio è fallito prima di cominciare. 

Sonia
Il prezzo dell'ingresso, da luglio 2024, sarà innalzato a 800 dollari a persona. Considerando che per un giorno di trekking si devono trascorrere almeno quattro giorni in Uganda perché da Entebbe, dove arrivano i voli internazionali, servono nove ore di strada per raggiungere il parco e bisognerà pur dormire da qualche parte prima e dopo, i costi aumentano rapidamente. In sostanza, la soluzione più economica (volo, albergo, trasporto via terra, pasti, ingresso, guida) verrebbe a costare oltre duemila Euro a persona. So che ne varrebbe la pena e lo ricorderei per tutta la vita, ma con la stessa cifra si fanno 10 giorni di parchi in Kenya o due settimane in Indonesia. Voglio davvero spendere tanto per un'ora con i gorilla? Probabilmente me ne pentirò e rimpiangerò per sempre di non averlo fatto, già mi commuovo al solo pensiero di vedere questi meravigliosi primati a pochi metri da me in una splendida foresta, però penso anche che potrei spendere meglio quei soldi. Dopo aver conosciuto certe realtà a Sumatra, mi sentirei davvero egoista a investire 800 dollari in un'ora di svago solo per me quando con la metà ho trascorso tre giorni con Alert sostenendo la protezione degli elefanti e i progetti per lo sviluppo delle comunità locali.

Fra & Fra

I miei compagni di viaggio, Fra&Fra e Sonia, sono d'accordo perché sono persone stupende e anche povere come me. Rimandiamo a quando i prezzi caleranno o vinceremo la lotteria. Quindi, per il 2025 torneremo insieme in Indonesia. La Fra e Sonia rivedranno volentieri gli orangutan del Borneo e per Francesco sarà la prima volta; poi aggiungeremo un po' di giorni a Sumatra che per tutti loro è una nuova meta, trascorrendo anche una notte a Rantau Jaya Makmur per provare i loro servizi di ecoturismo e dargli la nostra opinione.

Onestamente, sono soddisfatta di questa soluzione e fiera dei miei compagni per la loro comprensione e disponibilità. In fondo, una vita non basterebbe comunque a vedere tutte le meraviglie del mondo, vivremo le avventure che potremo permetterci e sarà fantastico in ogni caso.

martedì 7 maggio 2024

Pagine di taccuino

Alla fine di ogni viaggio, una quantità di frasi, piccoli aneddoti che non hanno trovato spazio nei post, rimangono appuntanti sui quadernini che mi porto sempre dietro. Sono pensieri brevi e notiziole, non sufficienti a scriverci un articolo, ma che mi piace conservare per non dimenticarli.

Per esempio, Eddie mi ha detto che il 21 aprile, giorno del mio compleanno, in Indonesia è festeggiato in onore di Raden Ayu Kartini, nobildonna indonesiana che già a fine Ottocento lottava per i diritti delle donne e promuoveva l'istruzione femminile. Una vera eroina locale, oggi ammirata anche dagli uomini in un Paese a maggioranza musulmana. Il 21 aprile era anche il compleanno di Kartini e nel 1964 il presidente Sukarno lo dichiarò festa nazionale come "Hari Kartini" il giorno di Kartini. Questa coincidenza mi è piaciuta tantissimo e me la sono appuntata. Grazie, Eddie, per avermene parlato. D'ora in poi mi ricorderò che il mio compleanno è anche la festa delle donne indonesiane.

Un altro breve appunto riguarda il volo da Jakarta a Bandar Lampung con Air Asia Indonesia. Come vi ho detto, è stato brevissimo ed ero un po' preoccupata per il maltempo che in genere fa sobbalzare gli aerei e il mio stomaco, oltre a rendere difficoltose le manovre per via del vento che durante i temporali cambia direzione all'improvviso. Invece, l'atterraggio è stato delicatissimo, uno dei migliori della mia lunga carriera di passeggera. Uscendo, mi sono trovata a percorrere il corridoio del piccolo aeroporto insieme al co-pilota e ne ho approfittato per fargli i complimenti per l'atterraggio morbido. La sua risposta: -Oh è stato un caso, non mi riesce mai- mi ha fatto sgranare gli occhi, allora lui è scoppiato a ridere: -No, scherzo! Solo il meglio per i nostri passeggeri.- Umorismo da aviatori. Hey, bello, io mi sono guardata ventidue stagioni di Indagini ad alta quota, ti vedo se non estendi i flap!

Sempre sul taccuino di quest'anno mi sono segnata le indicazioni dal Gatra Ubud Inn al negozio di collane in vetro riciclato e la posizione del minimarket dove ho comprato due penne perché non è stato facile trovare della cancelleria. Mi appunto anche qui per la prossima visita a Sumatra di portare penne, matite e quaderni per i bambini dei villaggi che hanno sempre bisogno di materiale per la scuola, ma non è sempre una priorità nei miseri bilanci delle famiglie.

Poi c'è un breve aneddoto che mi ha fatta sentire ancor più local. Una sera a Bali, dopo cena, sono passata davanti alla bottega di una signora e mi sono fermata perché mi piace comprare dai negozietti nelle vie meno frequentate dai turisti perché tutto costa meno e i piccoli commercianti hanno più bisogno. Riesco a dirle in indonesiano che voglio tre banane (fino a tre so contare), la signora sta per darmele, ma poi mi dice qualcosa, suona come un avvertimento e la frase contiene una parola che riconosco makan, mangiare. Ah, ho capito: quelle banane non sono buone da mangiare, sono quelle che si danno alle scimmiette di Monkey Forest! Grazie, signora, stavo per andare incontro a un mal di pancia e lei è stata così onesta da avvisarmi anziché prendersi i soldi e stare zitta. Il mio indonesiano stentato comincia a migliorare. Terima kasih!

Ecco, anche per i prossimi viaggi riserverò un post finale a quei brevi appunti che andrebbero persi. Sono minuscoli ricordi che mi farà sorridere rileggere in futuro, quindi sono contenta di aver inaugurato questa nuova tradizione personale.






sabato 4 maggio 2024

Dove andremo a finire

Nelle fioriere sul mio balcone coltivo solo piante infestanti, menta e ciclamini, perché non necessitano di alcuna cura e sopravvivono alla mia pigrizia. Semino solo erba gatta per Bio, ma anche quella poi cresce da sola, nonostante non si capisca più in che stagione siamo.  Le zanzare estive incontrano le cimici invernali e si menano, sostenendo ognuna che sia il proprio periodo di competenza. Cappotti e canottiere condividono l'armadio fianco a fianco.

Peris mi ha mandato questo video ripreso sull'autobus con cui va al lavoro: le vie di Nairobi, che già sono impraticabili per il traffico, trasformate in fiumi con tanto di onde. Ma vi immaginate attraversarle sul van di Junior?


Dan mi scrive deluso dopo un'altra giornata a discutere con le autorità statali del Way Kambas e la polizia locale. Parlavano di migliorare la collaborazione per proteggere la foresta e gli animali, ma quelli gli hanno chiesto fondi per finanziare l'attività. -Ma il parco appartiene a voi o ad Alert?- ha risposto. Chi lavora per la conservazione di questo ambiente prezioso non è apprezzato e supportato come meriterebbe, anzi è ostacolato da burocrazia e corruzione, perfino sfruttato perché le autorità vedono le associazioni ambientaliste come fonti di donazioni per finanziarsi quando quei fondi dovrebbero venire dal governo. Mi è dispiaciuto sentirlo tanto scoraggiato, capisco la sua frustrazione perché so quanto impegno mette con i suoi ragazzi nei progetti di sviluppo sostenibile e li vedo rischiare la vita ogni volta per spegnere gli incendi con i pochi mezzi a disposizione. Cerco di tirargli su il morale ricordandogli che le nuove generazioni sono più sensibili riguardo la natura, lo dimostrano i giovani di Rantau Jaya Makmur con il loro piano per l'ecoturismo, gli studenti che visitano il Way Kambas (anche se mi hanno raccontato che un bambino di città ha chiesto quale fosse l'albero delle patatine fritte) e i movimenti giovanili in tutto il mondo. Certo, ci vorrà ancora qualche anno prima che siano loro a governare, ma intanto facciamo del nostro meglio. Per consolarlo, gli ho mandato la foto di Penelope e Lucio con le magliette di Alert che ho comprato per loro e la didascalia "The next generation is coming!" Finalmente, mi ha risposto con una faccina sorridente. Non perdiamo la speranza, malgrado i nostri piccoli sforzi appaiano insignificanti di fronte al disastro globale, c'è un elefantino zoppo che conta su di noi e basta questo perché ne valga la pena.


A questo proposito, mi vengono in mente le storie di Mister Bonari sul bracconaggio. La fondazione per la protezione dei rinoceronti, come vi ho già detto, ha facoltà di arrestare i bracconieri e consegnarli poi alla stazione di polizia locale. Mi ha raccontato che per portare i criminali fuori dal parco devono inventarsi piani da film di spionaggio perché hanno paura di attraversare i villaggi da cui provengono che potrebbero insorgere in difesa dell'arrestato. Anche le pene previste non sono un gran deterrente: un anno di galera che può essere convertito in una multa. Pagano e tornano ad appiccare incendi e piazzare trappole. -Va cambiata la mentalità della gente- dice Mister Bonari -altrimenti non se ne esce.- A volte, riescono ad arruolare ex-bracconieri nella fondazione, pagandoli proprio per pattugliare il parco forti della loro esperienza nel lato oscuro; anche i ragazzi del progetto ecoturismo li impiegano come guide per i turisti nelle escursioni al Way Kambas e l'anno scorso vi ho raccontato il mio bell'incontro con l'ex-bracconiere che Alert ha aiutato ad avviare l'attività con le arnie per api. Peccato che non siano molti i delinquenti disposti a cambiare vita, nemmeno con il supporto di tutte le associazioni, perché sono privi di lungimiranza e voglia di lavorare onestamente, preferiscono il facile e immediato guadagno illegale, senza preoccuparsi che ai loro figli non resterà nulla per il futuro. Ma anche Mister Bonari vede una maggior consapevolezza nei giovani e, malgrado in tanti anni di servizio non abbia visto grossi miglioramenti nell'atteggiamento del governo, spera ancora nel cambiamento.

Vorrei poter fare di più, anche se ho pochi soldi e impiego un'ora a piantare tre alberi. Vorrei farlo per gli alberi e gli animali, vorrei farlo perché questi ragazzi meritano supporto e rispetto, vorrei farlo per non sentire più Dan triste e scoraggiato. Sulle pagine del mio amato National Geographic trovo tanti reportage su questo tipo di battaglie, ce ne sono in tutto il mondo, per le foreste e per gli oceani, per i pesci, gli uccelli e i mammiferi, per le comunità che con la natura convivono in armonia da sempre, penso agli Indios in Amazzonia che vengono uccisi per il loro attivismo sulla conservazione, o all'omicidio di Dian Fossey, mentre le sue colleghe Jane Goodall (che ha da poco compiuto 90 anni) e Biruté Galdikas continuano a lottare e insegnare che siamo parte dell'ambiente, non padroni, come ho imparato da Piero Angela fin dai tempi di Quark. E, tralasciando le celebrità, sono fiera di tutti i miei amici che contribuiscono in mille piccoli modi con la loro attenzione.

Certo, siamo troppi al mondo per pretendere che il pianeta ci sostenga senza danni, ma ridurre il nostro impatto è possibile, partendo dalle piccole cose quotidiane. Che sia per vero amore per la natura, per principio, per voglia di ribellione o anche solo perché va di moda, l'importante è che qualcosa si muova nella giusta direzione. Così Penelope e Lucio, quando avranno la mia età, potranno ancora godere delle meraviglie che ho vissuto io.




mercoledì 1 maggio 2024

Barbinstagram

Dopo aver reagito come Ozzy per troppo tempo

sono riuscita a crearmi un profilo Instagram! 



Devo ancora imparare a usarlo, quindi abbiate pazienza e non aspettatevi grandi interazioni, ma col tempo potrebbe integrare questo bel blog. 
Per adesso, seguo Alert, Elsa Libreria Creativa e i miei compagni di viaggio Fra&Fra.
Sarò pronta a utilizzarlo come si deve per il prossimo viaggio, ho tutto il tempo.

sabato 27 aprile 2024

La hostess centometrista e la bambina vomitata

Si poteva pensare che l'avventura fosse terminata con i giorni a Ubud, invece, il viaggio di ritorno mi ha riservato altre sfide. 

La prima era farmi bastare la batteria del telefono fino a casa per poter avvisare mio fratello a quale uscita di Malpensa trovarmi. Per timore che spegnendolo non si sarebbe più riacceso, l'ho tenuto in modalità aereo da quando mi è stato restituito carico dal tecnico a Sumatra. Tranne l'ultimo giorno quando l'ho collegato al wifi del Gatra per fare il check in online sulla app di Qatar Airways e la mattina della partenza indicava il 71% quindi ce l'avrei fatta tranquillamente. Comunque al Nokia 3310 queste cose non succedevano, per dire. 

7 pacchi di caffè un cappellino da Alert
Nella calda e silenziosa alba di Ubud, il tassista era addirittura in anticipo di un quarto d'ora, siamo partiti alle 5.45 e, dopo un viaggio di chiacchiere per tenerci svegli a vicenda, mi ha lasciata all'ingresso dell'aeroporto alle 7. Insomma, senza traffico, è bastata poco più di un'ora e avevo tutto il tempo di fare colazione. Ho consegnato la mia valigia, sperando che tutto il caffè imbarcato non facesse scattare qualche allarme alla dogana, ho superato i controlli di sicurezza e me ne sono andata in giro per negozi per ammazzare il tempo fino all'apertura dal gate, ascoltando musica e guardando gli aerei atterrare e decollare dalla terrazza per fumatori che è tutta colorata di murales con le maschere della mitologia balinese. Forse sono io che ci faccio caso di più, ma mi sembra che i viaggiatori solitari siano in aumento negli ultimi anni, soprattutto donne. A Sumatra i ragazzi mi hanno detto che è molto raro, infatti la prima volta erano stupiti che fossi sola, ma ho constatato che a Bali la tendenza è molto più diffusa. Forse perché percepita come isola sicura e pacifica, sicuramente più comoda per alloggi e spostamenti rispetto a Sumatra, Flores o il Kalimantan. Quando andavo a cena, trovavo diversi tavoli con persone che mangiavano da sole, per lo più guardando il cellulare, io invece leggendo un romanzo sulla detective del Botswana Precious Ramotswe e scrivendo a matita sul mio blocchetto da viaggio gli appunti per i prossimi post del blog. Sono rara tra i rari! Comunque, che fossero i surfisti di Kuta o gli appassionati di arte e yoga di Ubud, sul mio volo per Doha c'erano tante persone spaiate, come me.

Le nove ore di volo passano tranquillamente tra un pasto e un pisolino e ho anche finito di leggere il romanzo. Quando il comandante annuncia la discesa per l'atterraggio, mi rendo conto che siamo un po' in ritardo e, sapendo che l'aeroporto di Doha è grande quanto una città, mi auguro che il gate del volo per Milano sia vicino a quello in cui sto per arrivare perché, facendo due calcoli, mi restano appena trenta minuti per prenderlo. Mi domando anche se gli addetti ai bagagli faranno in tempo a trasbordare la mia valigia di caffè. Sottovalutavo l'efficienza dello staff di Qatar Airways perché appena entrati nel terminal ci troviamo davanti un tizio con un cartello che riporta il numero del volo per Malpensa e quello del gate. Una volta radunati i passeggeri che dovevano prenderlo, ci dice: -Seguite la mia collega- e indica questa bella hostess nel tailleur bordeaux della compagnia e ballerine nere che ci urla: -Non perdetemi di vista!- e parte di scatto lungo il corridoio come una centometrista alle olimpiadi. Io e una dozzina di altri passeggeri ci lanciamo all'inseguimento in un turbinio di borse, zaini, un neonato appeso al collo della madre e il padre con il passeggino piegato sotto braccio. In pole position, avendo probabilmente i bagagli a mano più leggeri, ci siamo io e due anziane signore vestite da escursioniste, quindi più allenate di me alla camminata veloce. Una mi affianca e commenta il passo da gazzella della hostess che ci apre anche la strada tra la folla del terminal: -Caspita, come corre!- e io, col fiatone, rispondo: -Lo fa per noi: dopo nove ore seduti, ci fa bene un po' di movimento.- La signora ride e mi rendo conto che io, lei e l'amica indossiamo tutte una felpa rosa, anche se il mio più pallido del loro fucsia sfacciato: faccio ufficialmente parte del club viaggiatrici anziane. Al controllo di sicurezza dei bagagli a mano, la hostess ci fa saltare la fila e ci aspetta oltre i tornelli. Almeno, mentre passano i nostri zaini ai raggi x, riprendiamo fiato e chiedo alla hostess se faccio in tempo ad andare in bagno, mi risponde che ce n'è uno vicino al nostro gate, ma adesso dobbiamo sbrigarci. Arriviamo all'area imbarchi C che ha dieci gate, il nostro, naturalmente, è il 9-2, cioè dobbiamo correre fino al 9 poi scendere le scale e cercare il 9-2. Siamo tutti sfiniti quando ci mettiamo in coda con gli altri passeggeri che erano arrivati comodamente da coincidenze precedenti. Il gate è già aperto, ma stanno aspettando un pullman perché ne è appena partito uno pieno, quindi volo in bagno perché in tutto questo ci manca solo che mi faccia la pipì addosso. E meno male che l'ho fatto perché l'aeroporto di Doha è davvero enorme: in pullman dal gate all'aereo c'erano venti minuti di strada, mi sono domandata se l'avessero parcheggiato in Iraq! Be' alla fine ce l'abbiamo fatta: mi sono seduta al mio posto, con accanto due cinesi che hanno dormito tutto il tempo, si svegliavano solo per i pasti e non sono neanche andati in bagno. I vicini perfetti. Ma non è mica finita qui.

Due file più avanti, nel settore centrale dell'aereo, c'era una mamma con due bambine piccole che tutti i passeggeri ormai sapevano chiamarsi Martina e Camilla visto che per cinque ore la madre non ha fatto altro che richiamarle per una cosa o l'altra. Durante l'avvicinamento a Malpensa, la piccola Martina si vomita un po' sulle scarpe e un po' sulla sorella che, comprensibilmente, comincia a piangere schifata. La madre si adopera per pulirle alla meglio con le coperte dell'aereo, ma stiamo atterrando e non ci si può alzare. In qualche modo riesce a calmare Camilla che tra i singhiozzi chiede: -Ma in macchina possiamo tenere i finestrini aperti?- e la madre: -Sì, ma poco perché siamo in autostrada.-

Finalmente l'aereo parcheggia al terminal e ci prepariamo a scendere. Normalmente, i passeggeri del settore centrale scendono divisi nei due corridoi laterali, quindi la madre prende per mano Martina, che era seduta in mezzo, e manda Camilla in fila nell'altro corridoio, raccomandandole di fermarsi ad aspettarle fuori dall'aereo. In realtà, soprattutto vista la situazione, nulla le vietava di far scendere entrambe le bambine dal suo lato insieme a lei, anche perché ci sono duecento persone su questo volo e sarebbe stato un attimo perderla di vista. E infatti, quando tocca a me scendere, trovo la madre alla porta che chiede alla hostess se ha visto passare un bambina bionda. La supero e imbocco il corridoio che porta al ritiro bagagli. Dopo una curva, vedo Camilla, con il suo zainetto macchiato del vomito dalla sorella, che cammina tra la gente verso l'uscita piangendo: senza accorgersene aveva superato il punto d'incontro con la madre. La raggiungo, la fermo e la tranquillizzo: -Guarda che tua mamma ti aspetta più indietro, alla porta dell'aereo. Vieni che ti accompagno da lei.- quindi la prendo per mano e rifaccio il percorso al contrario. Guardatemi: io che, è risaputo, non amo i bambini aiuto una ragazzina sconosciuta in difficoltà, mentre almeno cento di quelle persone che mi guardano male quando dico che i bambini non mi piacciono le sono passate accanto senza neanche curarsi che fosse sola e in lacrime. Pensavano solo ad arrivare per primi a ritirare i loro bagagli perché se ti rubano la valigia è una tragedia, ma una bambina non tua che si perde non vale cinque minuti del tuo tempo. Incredibile! Facendomi strada contromano tra i passeggeri che scendevano ancora dall'aereo, l'ho riconsegnata a quel genio di sua madre che spero abbia imparato, per la prossima volta, che sarebbe meglio far uscire entrambe le figlie dallo stesso corridoio con lei. Camilla si getta tra le sua braccia, la signora mi ringrazia e io penso che le è andata di lusso che l'abbia trovata io che, in fondo, sono una brava persona e in giro c'è troppa brutta gente.

Anche palloncini e torta arrivati a casa
Ormai allenata alla camminata veloce dalla hostess di Doha, raggiungo con inaspettata agilità il nastro dei bagagli, afferro la mia valigia gialla e blu che spicca tra dozzine di trolley grigi e mi dirigo all'uscita, sperando sempre che non mi fermi un doganiere per  il caffè. Mi dice bene e finalmente sono fuori! Chiamo mio fratello e la Simmy per comunicargli che sono all'uscita 9, ma io li sento e loro non sentono me. Cazzo, non funziona nemmeno il microfono del cellulare! Per fortuna non erano lontani e mi avvistano, grazie alla mia felpa rosa da anziana. -Non abbracciatemi che puzzo di tredici ore d'aereo e vomito di bambina!-

Trovo la macchina piena di palloncini colorati con la scritta buon compleanno e la Simmy tira fuori perfino una torta fatta da lei con tanto di candelina da soffiare! Non che si sia mai avverato uno dei desideri dei miei quarantotto compleanni precedenti, ma vedi mai che il quarantanovesimo sia quello buono. 

Avevo lasciato Monza con 28 gradi e sono tornata che ce ne sono 10, ma quanto sono stata via che è di nuovo inverno? La cosa buona di questo clima è che ho passato la notte nel mio letto, sotto la coperta di pile con Bio addosso che mi scaldava e ha fatto le fusa tutta la notte.

Bentornata, Barbuna.




giovedì 25 aprile 2024

Indonesia '24 tutte le foto

Finalmente potete ripercorrere la mia avventura con le foto dei paesaggi, degli incontri, degli animali e della pappa a questi link. Godetevele!

Susukan Baru con installazione cameratrap – piantumazione (incluso video della mia imbarazzante inabilità a zappare) – pattugliamento


RantauJaya Makmur Village con progetto ecoturismo – raccolta ortaggi per il pranzo – preparazione dolce di cassava – installazione divieti


Compleanno 1 con il mercato – il vecchio millenario balinese

Compleanno 2 con gli elefanti di ERU

Compleanno 3 con serata al lodge – foto varie del lodge





mercoledì 24 aprile 2024

De passacc a Ubud

Sulla via del ritorno, ho tenuto da parte due giorni a Bali, da dove partirà il mio volo per casa. Una fermata relax (un'ora di massaggio 8 Euro), lavanderia per il sacco merda (che per la notte ho lasciato davanti alla porta come deterrente per eventuali ladri), acquisto di regali per famiglia, amici e pure per me.

Dall'aeroporto di Denpasar a Ubud sono due ore di taxi se, come me, si arriva nell'ora di punta. Il volo da Bandar Lampung aveva mezz'ora di ritardo, quindi si è fatto buio durante il tragitto. Con il taxi bloccato nel traffico immobile di Jalan Hannoman, ho chiesto di farmi scendere all'imbocco di un vicoletto che porta in Jalan Sugriwa, proprio al mio b&b. Naturalmente, non appena scaricata la valigia, ha cominciato a piovere ed eccomi a correre trascinandomi dietro la valigia che con le ruote sull'asfalto del vicolo faceva più rumore dei tuoni. Sì, avrei potuto restare nel taxi e aspettare di fare il giro, ma ci avrebbe messo mezz'ora e io AVEVO FAME! Erano le sette di sera passate e il mio ultimo pasto era stata la colazione al lodge alle otto, sui voli low cost non servono i pasti, quindi ero affamata e niente mi ferma quando sono affamata, neanche un temporale tropicale.

la mia stanza
Alloggio al Gatra Ubud Inn che ho scoperto l'anno scorso perché la camera era in offerta ed è diventato il mio preferito. Le ragazze che si alternano alla reception aperta 24 ore sono tutte gentilissime. Ho chiesto, come l'anno scorso, una camera al piano superiore perché hanno i balconcini che affacciano sui tetti del paese. Mi piace che, come all'Ecolodge, non ci sia niente di plastica in camera: l'acqua è in una brocca e i bicchieri sono di vetro e si può prendere gratuitamente in reception un thermos di acqua calda per farsi tè o caffè in camera. Puoi chiedere la pulizia della stanza e il cambio biancheria quando vuoi, ma non c'è lo spreco della pulizia giornaliera se non necessaria. C'è il servizio lavanderia e il taxi per l'aeroporto. Le camere sono spaziose e pulite, con wifi e sia aria condizionata che ventilatore a soffitto. Avrebbe solo bisogno di rinnovare i bagni perché i rubinetti sono un po' arrugginiti, ma per il resto è tutto in ordine. Unica pecca: il laghetto con i pesci nel giardino. Non sono uccelli in gabbia, ma non è bello ugualmente. Comunque, ogni volta che torno, trovo che Ubud stia virando sempre più sul sostenibile e vegano, come dimostra la quantità di ristoranti e bar con le scritte vegan e l'attenzione nei menù per i prodotti biologici e locali, l'abbigliamento con più cotone e meno sintetico, diversi negozi che vendono oggetti fatti con materie prime riciclate. Deve essere perché nel tempo è diventata la capitale dello yoga e questo ha portato una maggiore cura per la salute di spirito, corpo e ambiente. Mi piace.

In questa atmosfera rilassata, dove convivono il fascino tradizionale delle cerimonie induiste quotidiane e il fighettismo turistico, passeggio tranquillamente da sola anche la sera. Ormai qui mi oriento perfettamente e ho i miei posti preferiti dove far compere, mangiare, rifugiarmi nelle ore più calde, godere della pacifica vista sulle risaie. Solo due cose mi fanno paura: i marciapiedi (vedi questo post) e i motorini. Attraversare la strada è un'abilità che si acquisisce con l'esperienza, si riconoscono subito i pedoni avvezzi alle vie di Ubud e quelli che invece tentano l'impresa per la prima volta. I primi, di cui dopo anni posso dire di far parte anch'io, sanno entrare in sintonia col flusso del traffico e infilarsi nel momento giusto per approdare sull'altro lato in scioltezza; i secondi, be', puoi andare a pranzo, fare un pisolino e ritirare il bucato in lavanderia, li ritroverai nello stesso punto che sporgono timidamente un piede e subito lo ritirano al primo colpo di clacson senza neanche capire da dove sia arrivato. Non sono i balinesi a spaventarmi, bensì i turisti con gli scooter a noleggio perché li vedi accelerare e frenare senza motivo, guardarsi intorno come se non distinguessero più la destra dalla sinistra, attraversare incerti gli incroci, lanciandosi al seguito della massa per poi fare inversione all'improvviso, sbandare se un altro veicolo li sorpassa e sussultare a ogni colpo di clacson. Sono sopraffatti dalle locali regole della strada e per questo pericolosi, i pedoni sono l'ultimo dei loro pensieri. Va detto che esiste un'eccezione: il TdC. Essendo di Cinisello, fin dalla prima volta a Bali si è integrato perfettamente in questa viabilità folle e considerate che all'epoca abbiamo girato tutta l'isola solo con la cartina generica presa gratis all'ufficio turistico e le indicazioni degli abitanti. Oggi, i surfisti palestrati in infradito e le tik toker in shorts (che non mi spiego come siano sempre belle, truccate e pettinate con questo caldo umido e non sudano neanche!) guidano i motorini noleggiati con una mano, mentre con l'altra tengono il cellulare per guardare Google maps.

temporale in arrivo dal mio balconcino
Ieri notte c'è stato un temporale molto violento, i tuoni erano così forti che tremava tutta la camera e sentivo la pioggia scorrere come un fiume nel vicolo dietro il mio albergo. Nel buio spezzato dai fulmini immaginavo la piccola isola di Bali sormontata da quella terribile tempesta ruggente. Per estensione, Bali è un quarto della Sicilia, mentre Sumatra è grande tre volte l'Italia, tanto per darvi un'idea di quanto sia multiforme l'Indonesia. Poi ho immaginato anche la Simmy che urlava, teme i temporali più di Bio e non ha neanche il nascondiglio sotto il letto. A me, se sono al riparo, le tempeste piacciono molto e pensate che la scienza sarà presto in grado di portarci su Marte, ma non ha ancora un'idea precisa su come funzionino i fulmini. Ah i misteri della natura!

Comunque stamattina pareva non fosse successo nulla: il sole splendeva, le strade erano asciutte e l'aria sapeva di ferro da stiro per la quantità di pioggia evaporata, mescolata al profumo di incenso delle offerte agli dei posate davanti a ogni casa e negozio. Il buongiorno balinese.

Ho preparato la valigia per l'ultima volta. Domani, alle 6 del mattino, mi aspetta il taxi per l'aeroporto.

Arrivederci, Indonesia!

Selamat Jalan

Il giorno dopo il compleanno, dovevo spostarmi a Bali da cui sarei poi tornata in Italia. Non fidandomi dei voli interni che spesso vengono cancellati se non ricevono abbastanza prenotazioni, mi sono tenuta due giorni liberi tra Sumatra e il volo internazionale, tanto per stare tranquilla. Ma sarei rimasta volentieri al Way Kambas, a svegliarmi nel bel giardino del lodge e bere un ottimo caffè aspettando i miei amici per una nuova avventura nella natura, nel fango, tra gli alberi e gli animali. Mi dispiaceva perfino non essere più svegliata alle cinque del mattino dal richiamo del muezzin dalla moschea di paese, per poi girarmi dall'altra parte e continuare a dormire e sognare cullata dal suo canto cadenzato.

Invece, la sveglia del 22 aprile è stata triste. Dovevo partire dal lodge alle 9 per essere in aeroporto per tempo, Dan e Eddie sono arrivati alle 8.30 e ci siamo seduti ad aspettare Hari. Dan mi ha portato le magliette di Alert per i bimbi di Elisa e vedendo la borsa ho esclamato: -Spero non sia altro caffè!- Me ne aveva regalati tre pacchi quando sono arrivata, poi Eddie me ne ha regalati altri cinque per il mio compleanno. Sono tutte diverse varietà del caffè locale che mi piace tanto, quello che ci prepariamo perfino nella foresta quando riposiamo all'ombra dei capanni di Alert, quello che abbiamo scroccato al villaggio del progetto ecoturismo, quello ci ha preparato la guida di ERU nella torretta prima che arrivassero gli elefanti. È un caffè che sa di avventura anche quando me lo preparo a Monza.

Gli abbracci in aeroporto sono particolarmente struggenti perché stai salutando qualcuno che sarà a grande distanza da te, non come salutare un amico che sta a quattro ore di treno, l'aereo ti porta lontano lontano. Hari ha creato il gruppo whatsapp SIMO's friends con le bandiere di Italia e Indonesia così il team e io possiamo condividere le foto e, soprattutto, mi dice: -Avvisaci quando arrivi!- Una premura tutta italiana, come chiedere sempre se hai mangiato.

Dan mi dice sempre che sono per lui una sorella fin dal primo giorno di otto anni fa quando abbiamo cominciato a lavorare insieme. Mi augura di stare sempre bene e al sicuro, così potrò tornare da loro. Tranquillo, ho l'energia magica del millenario balinese. 

È brutto andarsene, ma poi penso che a casa mi aspettano Bio, la mia famiglia, i miei amici e mi siete mancati tutti tantissimo. Nei momenti più belli avrei voluto che foste con me per godervi le stesse emozioni, immaginavo i vostri commenti in certe situazioni, il sarcasmo di mio fratello e del Berna, la Simmy che rifiuta i caffè se no non dorme, l'eccitazione di Penny e Lucio, lo sconcerto di Altea nel vedermi metter le mani in bocca a un elefante, la Fra e il Fra che esclamano kiberu!, Sonia con il ventaglio da master per il caldo, Elisa che condivide i frittini con me. Mentre quando rientravo la sera puzzando di ogni odore del mondo ero contenta che foste a un oceano di distanza. 

Spero solo che in dogana non mi arrestino per tutto il caffè che ho in valigia!


Sera di compleanno

Dopo la meravigliosa giornata con gli elefanti, mi sono fatta la doccia, ho installato il whataspp per pc con cui sto comunicando in questi giorni e ho cenato, sempre ripensando a quei momenti, con le proboscidi che raccoglievano delicatamente la frutta dalle mie mani. Che emozione impagabile!

Alle otto e mezza sono arrivati i ragazzi con le bibite, inclusa una birra per me, e Hari con gli splendidi dolci vegani preparati da sua moglie. La torta, in particolare, era bellissima, una vera opera d'arte, quasi dispiaceva tagliarla. 


Ma non mi sono dispiaciuta per molto, visto che, appena spenta la candelina che Hari ha impiegato un po' a posizionare tra le risate generali, non ho esitato a divorarne una bella fetta.




Quanto era buona! Sotto era un budino di cacao amaro, sopra frutta fresca in gelatina e crema di latte di cocco. L'avrei mangiata tutta, ma sono stata buona e l'ho condivisa con la squadra, ne ho perfino tenuta da parte una fetta nel frigo del lodge per Dan che avrei visto il giorno dopo. Non si può dire che non sia generosa.


A Yahya ed Edo piace cantare e hanno anche delle belle voci. Mi hanno chiesto di fargli una lista di canzoni italiane da ascoltare e ho dovuto pensarci un po' per trovare qualcosa che potesse piacergli considerata la musica che mettono quando viaggiamo in auto. Ho cominciato a scrivere una lista e ho anche lanciato una sfida: la prossima volta che vengo qui, dovrete aver imparato almeno una di queste canzoni. Edo preferisce il rock, mentre Yahya è più per il romantico melodico, allora per Edo ho messo in lista Bennato (che si chiama pure come lui), Vasco e Ligabue, mentre ero sicura che Yahya avrebbe adorato Giorgia. Hanno accettato la sfida e la vinceranno facilmente perché, come prevedevo, Yahya ha cominciato ad ascoltare Quando una stella muore su Youtube con il testo a ripetizione e dopo tre volte già la cantava bene. Allora gli ho fatto ascoltare Mina e tutti: -No, no, questa è troppo difficile.- Ah ecco, con Mina non fate più gli sboroni!

Quando si è fatto tardi, ho dovuto salutare tutti perché la mattina dopo Hari e Dan mi avrebbero portata in aeroporto. È sempre straziante lasciarli, ormai mi sento parte della squadra, anzi, Dan dice che sono di famiglia per loro. Ogni volta che torno a Sumatra, mi insegnano qualcosa e, anche se mi ringraziano continuamente per il mio supporto, mi sento sempre in debito per l'affetto e la gentilezza che mi dimostrano e pure per le risate quando mi prendono in giro.

Le loro auto e motorini si allontanano, si sente ancora la canzone di Giorgia dal cellulare di Yahya, mentre a me gira in testa la vecchia Save tonight di Eagle-Eye Cherry

Well, we know I'm going away
And how I wish, I wish it weren't so
So take this wine and drink with me
Let's delay our misery

Save tonight
And fight the break of dawn
Come tomorrow

Tomorrow I'll be gone 

martedì 23 aprile 2024

Puzzando di elefante e felicità

La mattina del mio compleanno, Dan è venuto farmi gli auguri al lodge, ma anche a dirmi che aveva un impegno in famiglia e non poteva venire con me dagli elefanti. Da bravo leader, però, aveva già programmato la giornata e istruito i ragazzi perché si occupassero di me. Dan e Hari sono i due che parlano bene l'inglese, ma anche Hari mi avrebbe raggiunta al lodge solo la sera perché ingaggiato da clienti per il birdwatching. Quindi era tutto nelle mani di Eddie che non ha un inglese fluente, ma non è timido e quindi ci prova lo stesso, al limite si aiuta con il traduttore di Google e, senza il supporto di Dan, anche gli altri sarebbero stati costretti a fare pratica. Comunque, alla fine, ci siamo sempre capiti con il nostro misto di inglese, indonesiano e italiano, anzi ormai parlano più italiano che inglese. C'era anche Yahya, saputo che era il mio compleanno ha voluto partecipare anche se era uno dei suoi giorni liberi. Incredibilmente ha lasciato il posto di guida a Edo, mettendo da parte il suo orgoglio di miglior autista del team, e si è seduto dietro con Eddie e Sarpin, a me il posto d'onore davanti e siamo partiti.

Eddie ha preso il suo ruolo di vice leader molto sul serio ed è determinato a far bella figura per farmi trascorrere il compleanno che sognavo, come gli ha caldamente raccomandato Dan. Mentre ci immettiamo sulla via provinciale, mi ripete il piano, forse per ripassarlo anche lui: prima andremo al mercato locale, dove abbiamo appuntamento con la guida di ERU (Elephant Response Unit); poi lungo la strada per il Way Kambas, attraverseremo un altro piccolo villaggio balinese e faremo visita al loro capo spirituale; poi sosta per il pranzo a casa di Tony di Ecolodge, anche se lui è ovviamente al lavoro ci sarà la famiglia; dopo mangiato, andremo a uno dei posti di guardia di ERU dove incontrerò gli elefanti; infine, rientro al lodge, dove avrò il tempo di riposarmi e cenare prima che arrivino gli altri con la mia torta vegana preparata sempre dalla moglie di Hari.

Mi spiace non ricordare il nome della guida di ERU perché è stato davvero disponibile e gentile per tutto il giorno. Ci immergiamo con lui nell'ombra del mercato dove l'odore più forte è quello del pesce e consegno la mia Nikon a Edo dicendogli: -Oggi sarai il mio reporter.- e lui: -Ok, today I follow you.- Il mercato, per evitare il caldo, apre all'alba, quindi arrivando alle 10 molte bancarelle sono già vuote e chiuse. Ci fermiamo al banco di una vecchina sorridente che vende dolci. Eddie mi indica quello vegano, avvolto in una foglia di banano e me lo compra perché lo assaggi. Un po' troppo zucchero per i miei gusti, ma buono. A un altro banco, acquistiamo banane, canna da zucchero e anguria per gli elefanti e poi, vuoi non comprare un bel cuoppo di frittini?



Prossima tappa: la dimora balinese dove ci accoglie un ometto minuto che avrà mille anni, secco e sottile come una pergamena che ha ben superato la vecchiaia, è entrato nell'antichità. Ha gli occhi vispi e il sorriso allegro, ci invita a sedere nel suo bel giardino offrendoci acqua e bibite fresche. Chiama il nipote, un ragazzino dal viso dolce, a fargli da interprete e si siedono insieme di fronte a me. La moglie non c'è perché sta poco bene, ma mi dicono che insegna danze tradizionali, mentre lui è la guida spirituale induista e fa anche sculture e intaglia il legno. Eddie gli dice che sono vegana perché sa che lo è anche lui. Infatti il vecchino mi fa cenni di approvazione, dice che fa bene al corpo e allo spirito, vedi mai che arrivo a mille anni come lui. Eppure anche nel suo giardino c'è una voliera con tanti uccelli richiusi, come se ne trovano in molte case balinesi ed è una cosa che mi fa male al cuore, ma ovviamente non dico nulla. Quando prenoto un alloggio a Bali, guardo sempre la galleria fotografica per controllare che non ci siano voliere o gabbie. Se ami il canto degli uccelli, non comprare una gabbia, pianta un albero!

Eddie chiede che il vecchino mi racconti come è nata questa comunità balinese a Sumatra. È una storia molto triste, dice: nel 1963 a causa della violenta eruzione del vulcano Agung, 65 famiglie balinesi sono fuggite dall'isola per rifugiarsi qui. Il governo li ha aiutati solo per tre mesi e loro non avevano nulla, stavano morendo di fame, così hanno cominciato a cacciare. -Una volta, qui era tutta giungla- continua, e per sopravvivere hanno dovuto disboscare per poter coltivare, abbandonando la caccia. Tutta questa storia è raccontata nelle figure intagliate da lui stesso negli stipiti di una porta, Mi mostra una brutta cicatrice e l'osso del suo gomito destro saldato male dopo una frattura: è stato un elefante durante quel triste periodo, mi racconta, ma si è salvato chiedendo all'elefante di risparmiarlo perché i suoi figli erano ancora piccoli e l'elefante l'ha capito. -Sono animali molto intelligenti e sensibili.-

Nel frattempo, si è unita a noi anche la figlia, una bella donna dai lineamenti delicati, tipici balinesi. Parla un buon inglese e mi chiede dei miei viaggi a Bali. Dice che ho fatto bene a trascorrere il Nyepi a Ubud perché più autentico, lì seguono ancora le regole tradizionali, mentre nel sud dell'isola, zona turistica, spesso non rispettano nemmeno il giorno del silenzio solo per accontentare gli stranieri. Il vecchino dice qualcosa e il nipote traduce: -Mio nonno vorrebbe chiedere agli dei di trasferirti un po' della sua energia positiva per il tuo viaggio, chiede se accetti.- Certo che sì.


Il millenario solleva la mano destra e chiude gli occhi, mormora qualcosa sottovoce, poi rivolge il palmo verso la mia mano aperta e continua. Tutti osservano in silenzio e scattano foto. Edo e Sarpin in questi giorni mi hanno fotografata in continuazione, pure mentre mi soffiavo il naso. Non solo per me, vogliono anche avere materiale per Alert, per mostrare le varie attività ai futuri volontari da reclutare o ai visitatori che vogliono contribuire per una giornata.. Dopo qualche minuto, il vecchino apre gli occhi e mi domanda: -Senti di averla ricevuta? Senti caldo o freddo?- Oddio, ci sono 33 gradi all'ombra, ma per non deluderlo dico di sentire una specie di elettricità ed è soddisfatto. Anche Yahya vuole provare e il vecchino acconsente girandosi verso di lui per ripetere il rituale. La figlia è scettica sui poteri del padre, ma lo asseconda. Io trovo affascinante questa spiritualità profonda, anche se non sono religiosa, forse quello che provo quando sono in mezzo alla natura, tra gli alberi, o guardo negli occhi un animale, è la mia connessione con la spiritualità.

Ci congediamo dalla famigliola balinese e andiamo a consumare i nostri pranzi al sacco e i fritti.

Più tardi, ci dirigiamo al Way Kambas. Lasciamo l'auto e proseguiamo a piedi sotto un sole implacabile, anche se a est ci sono grosse nuvole in arrivo. Raggiunto un piccolo molo, ci imbarchiamo per attraversare il fiume che segna il confine tra il parco e i villaggi.

La barchetta non ha l'aria robusta, ma il tratto è breve. Col nostro peso, l'acqua sfiora il bordo. Eddie ha un po' paura perché non sa nuotare, allora lo rassicuro: -Tranquillo, io so nuotare, ti salvo io!- che fa ridere tutti perché il mio giovane amico non è esattamente snello, è più di corporatura tradizionale, come direbbe la signora Ramotswe dei libri. Poi chiedo a Edo se ci sono coccodrilli (tra l'altro scopro che qui chiamano coccodrilli i playboy) e preciso: -Eddie, guarda che se ci sono i coccodrilli devi morire, non ti salvo più.- Ridiamo tanto che quasi ci ribaltiamo, ma approdiamo sulla riva opposta senza difficoltà. Edo mi porge la mano perché la sponda è ripida e scivolosa per il fango, Sarpin fotografa. Possono dire a Dan di essersi presi cura di me.



All'ombra del posto di guardia, una torretta di legno affacciata su un canale interno del fiume, parliamo e fotografiamo il magnifico panorama, mentre la guida mi spiega che arrivano branchi anche di 45 elefanti che vogliono attraversare il confine del parco per mangiare qualche prelibatezza dei campi vicini, come il riso. Per questo, gli elefanti salvati dalle trappole o feriti che curano nei centri ERU vengono addestrati dai mahout a rispondere al comando di arretrare e, una volta tornati nei branchi selvatici, sono in grado di guidarli indietro se necessario, in modo che non vengano uccisi dai contadini. Altre volte, usano i razzi di segnalazione sparati in aria per spaventarli in modo che non attraversino il canale. Dan mi ha raccontato che ERU è l'unità che tratta meglio gli elefanti, altri centri li maltrattano per ammansirli o li tengono legati tutto il tempo solo per mostrarli ai turisti. Per questo, anche l'ultima volta che sono stata qui, ha insistito per avere i permessi d'ingresso al parco nelle aree gestite da ERU. Non è stato facile perché i dipendenti del parco sono spesso corrotti e spingono i turisti verso le zone da cui traggono profitto, proprio dove gli elefanti sono tenuti peggio. Mentre progettavamo questo viaggio, avevo risposto a Dan che in caso non glieli avessero rilasciati, avrei rinunciato a vedere gli elefanti pur di non alimentare quel pessimo sistema. Per fortuna, anche grazie all'intercessione di Ecolodge, è riuscito a ottenere questo ingresso per me. Cantika, il cucciolo salvato dalla trappola di cui vi ho parlato in un altro post, si trova in un altro centro ERU, quindi non potrò vederlo, ma la guida mi dice che si sa riprendendo bene. A farmi gli auguri di compleanno, un mahout porterà Melly, una femmina di 25 anni, con il suo piccolo, Rubado, che ha un carattere un po' ribelle, quindi quando li portano in giro insieme, lo legano alla mamma perché non si allontani col rischio di finire in trappola anche lui, ma nel centro stanno liberi. Nell'attesa che arrivino le nuvole per smorzare questo sole bruciante, facciamo merenda sulla torretta. I ragazzi mi prendono in giro: -Simo, oggi quante fette d'anguria mangerai?- Non è certo colpa mia se è buonissima, è lei che mi istiga!

Facciamo anche una breve passeggiata lungo l'argine e condivido la mia acqua con Eddie ed Edo perché l'hanno lasciata nella torretta che è a 50 metri da noi, ma sotto il sole sembrano 50 chilometri. A un certo punto scorgiamo Melly e Rubado che arrivano dall'altro lato del canale, guidati dal loro mahout. Sono bellissimi! Melly si sdraia in una pozza per rinfrescarsi e si lascia lavare e grattare dal suo guardiano. Li seguo per un po', poi li precediamo alla torretta.

Intanto, alle spalle dell'argine, vediamo arrivare un altro elefante. Il suo mahout lo chiama Joe, nome completo JoeBush perché quando è nato, 17 anni fa, in un centro ERU, il presidente americano Bush era in visita in Indonesia. Attraversa il canale e si unisce agli altri due.

Dalla torretta, i ragazzi gli lanciano le bucce d'anguria che gli elefanti si contendono con le proboscidi. Io, con la mia solita destrezza, fallisco metà dei lanci. Saranno i pesci a mangiare le mie bucce. Meglio attraversare il canale dal ponticello di legno e avvicinarsi. Portiamo il sacco della canna da zucchero e le banane con noi, ne passiamo un po' al mahout di Joe e io comincio a dare il resto a Melly e Rubado. Sono golosi e felici di questa merenda, ma gliene porgo un pezzo alla volta. Rubado si abbufferebbe, continua a porgermi la proboscide anche se sta già stringendo una banana, Melly fa lo stesso con la canna da zucchero. -Un pezzo alla volta!- gli dico in italiano -Se no vi ingozzate.- e mentre la tenera Melly abbassa la proboscide e fa un passo indietro, il ribelle Rubado insiste finché la mamma lo riprende. Devo dire al millenario balinese che gli elefanti capiscono anche me. Sono stupendi, starei ore a imboccarli. -Guarda gli occhi di Melly, com'è felice!- mi dice Edo. La canna da zucchero è uno dei loro cibi preferiti, oggi è festa anche per loro.


A un tratto, i ragazzi tirano fuori due fogli sui quali hanno stampato Buon compleanno Simona Colombo in bahasa e in inglese per gli immancabili foto e video di gruppo a cui tengono tanto. 



È ora di riprendere la barchetta e rientrare, ci avviamo lungo il sentiero illuminati da un bellissimo tramonto decorato di nuvole.

 


Io sono tutta sbausciata dalle proboscidi, inzaccherata di fango e banana, so di sudore e di elefante: sono il ritratto della felicità!

Della serata, vi racconterò domani. Per adesso, pensate agli elefanti.

domenica 21 aprile 2024

Campionessa di anguria

Oggi è il mio compleanno e sono riuscita a installare whatsapp sul pc

GRAZIE A TUTTI PER GLI AUGURI, VI VOGLIO BENE! 

Ho festeggiato con gli elefanti, ma ve lo racconterò domani. Adesso leggete della stupenda seconda giornata con Alert.

Malgrado il caldo, la notte dormo benissimo e pensate che questo Ecolodge non ha l'aria condizionata, ma solo ventilatori. La mia camera è abitata da tanti carinissimi gechi che mi proteggono dalle zanzare. Così, quando alle 6 del mattino il manager ha bussato per svegliarmi con un timido good morning, ero perfettamente riposata.

Alle 7, con Edo alla guida, partiamo per Rantau Jaya Makmur un villaggio sul lato del Way Kambas che dà sul mare a più di tre ore di distanza da noi. Dan vuole farmelo visitare perché Alert sta portando avanti con il capo villaggio un progetto di sviluppo dell'ecoturismo. Metà del percorso scorre velocemente tra battute sui cd di gruppi pop indonesiani che Edo ci sta facendo ascoltare e discorsi sulle conseguenze dei cambiamenti climatici. Dan mi dice che i contadini non sanno più bene quando seminare perché la stagione delle piogge e quella secca non si alternano più con la precisione di una volta e la loro durata è diventata imprevedibile. Si rischia di perdere il raccolto seminando nel momento sbagliato.

Lasciata la bella strada asfaltata, prendiamo una traversa piena di buche, dossi, tratti sterrati resi viscidi dal fango e pozzanghere che sembrano laghi. Sarà così fino a destinazione. Edo è così impegnato nella guida che gli passo l'acqua e l'accendino quando vedo che cerca un modo di raggiungerli. -Basta che me lo chiedi- gli dico -Visto che sono seduta davanti, sono la driver assistant!- I ragazzi dietro scoppiano a ridere, ridono un sacco quando dico queste cazzate, un po' come la Simo quando qualcuno dice scorreggia. Attraversiamo un villaggio fondato da un gruppo di balinesi, infatti in ogni giardino riconosco i tipici templi di famiglia, alcuni piccoli, altri esagerati. -Costa più il tempio che la casa!- commenta Dan, ma siamo tutti d'accordo che sono bellissimi con i loro decori arzigogolati e i colori sgargianti. Mi viene in mente il Nyepi e chiacchieriamo delle usanze delle diverse isole.

Infine arriviamo a Rantau Jaya Makmur sul fiume che sfocia in mare e segna il confine del Way Kambas. Il paesino è povero, ma bello, con le casette in fila lungo la via principale, i giardini ordinati, pieni di fiori, e una splendida vista sul parco nazionale. Ad accoglierci ci sono un ranger del parco e il giovane Andre, uno dei ragazzi che hanno in gestione il progetto di ecoturismo perché il capo villaggio, saggiamente, vuole coinvolgere tutti, ma investe soprattutto sulla nuova generazione che farà da traino al resto della comunità. Ci sediamo con loro e altri due ragazzi del progetto su un tappeto all'ombra del portico di una casa tutta bianca, dove ci offrono acqua, tè freddo e caffè macinato al momento. Mentre Edo si riposa dopo aver guidato senza sosta su una strada tremenda e Sarpin prepara la macchina fotografica per documentare l'incontro, Dan e Eddie mi fanno da interpreti. Il governo investe solo in Giava e Bali, le altre isole devono cavarsela da sole con risorse limitate, ma hanno voglia di crescere. Questo grazioso paesino ha grandi ambizioni, perciò Alert è decisa a dare il proprio contributo, sia economico che, soprattutto, di esperienza perché lo sviluppo sia sostenibile. Il governo fatica persino a rilasciargli i permessi per portare i turisti nel parco ed è una cosa senza senso perché se la gente impara a guadagnare legalmente dalla natura, la proteggerà di conseguenza e gratuitamente, sentendola parte fondamentale della propria vita.

il capo villaggio
Il capo villaggio si unisce a noi, un adorabile vecchino che arriva in moto, e mi saluta con tanto calore perché Alert ha destinato a questo progetto una buona parte delle mie donazioni e sono quindi considerata una benefattrice locale. Dan mi dice che adora quest'uomo perché si impegna davvero per la sua gente ed è molto serio e collaborativo. Mi racconta anche che sprona, e cazzia, questi ragazzi perché imparino il più possibile da lui, sono il futuro della comunità. Li incoraggia anche ad approfittare della mia presenza per far pratica con l'inglese, come fece anni fa Marcel coi suoi quando mi sono unita ad Alert. Mi chiedono consigli e dritte su cosa si aspetta di trovare un visitatore, di quali servizi avrà bisogno, come pianificare le attività e prendono appunti sulle mie risposte. Discutiamo a lungo e io, quando si tratta di viaggi, parlerei per ore. L'idea che viene fuori è quella di fare dell'intero villaggio una sorta di albergo diffuso: alcune famiglie metteranno a disposizione le camere per dormire, nella casa di fronte si farà colazione, nel giardino di quella accanto ci saranno i tavoli per la cena, un'altra famiglia si occuperà della lavanderia, altri abitanti (inclusi ex bracconieri) faranno da guide per le escursioni nel parco e così via. In questo modo, i turisti avranno anche la possibilità di interagire con gli abitanti e conoscerli tutti sentendosi parte della comunità, cosa che invoglia a tornare. Gli ho anche chiesto di limitare il più possibile l'uso della plastica, sostituirla col vetro o la carta ogni volta che possono, qui non hanno ancora i sacchetti biodegradabili. Gli ho detto di pensare anche alla vendita di souvenir e prodotti locali, anche dedicati ai bambini perché i genitori spendono più volentieri per loro che per se stessi. E poi creare dei pacchetti di soggiorno specifici per famiglie, coppie o turisti avventurosi in modo da avere itinerari e attività già pianificati a seconda della durata della visita. Inoltre, è sempre bello sapere dove vanno a finire i propri soldi, quindi includere nel pacchetto una quota di donazione indicando a quale progetto sarà destinata. Servirà tempo perché i soldi non bastano mai, ma un passo alla volta ci arriveranno e loro sono pieni di entusiasmo, sono sicura che avranno successo.

Intanto è quasi ora di pranzo e mi propongono di andare a raccogliere insieme gli ingredienti nei campi dietro la casa. Mi presentano ogni pianta, imparo che della pianta di cassava - un tubero tipo una patata oblunga - con i rami rossi sono commestibili sia la radice che le foglie, mentre di quella con i rami bianchi solo le foglie che raccogliamo per l'insalata. Mi invitano a estrarre il tubero dalla terra e io, quando c'è da sporcarsi, sono sempre pronta. Poi mi mostrano come pelarla e dopo la bollitura me la fanno schiacciare in un grosso pestello di pietra insieme a scaglie di cocco, sale e zucchero di canna. Alla fine viene fuori un denso purè dolce che mangeremo per dessert. Da quel momento in poi mi vanterò tutto il giorno di aver lavorato la cassava dalla terra al piatto. Cannavacciuolo sarebbe fiero di me e mi distruggerebbe con una pacca sulla schiena.

Ci spostiamo nel porticciolo alla foce del fiume dove pranziamo tutti insieme in una splendida atmosfera. È lì che scopro che con una parte delle mie donazioni Alert ha finanziato la realizzazione dei cartelli di divieto per caccia, pesca, sversamento inquinanti, deforestazione che proprio oggi verranno installati nel porto. Mentre i ragazzi li montano, noto che c'è perfino il mio nome! A sinistra ci sono il logo di Alert, quello del Way Kambas e quello della provincia, a destra: supported by Simona Colombo. Sono imbarazzata per tanto onore, ma sono anche orgogliosa. Andre mi chiede se può girare un breve video nel quale mi ringrazia per la donazione per condividerlo su Instagram e farsi pubblicità e io accetto. Da grande attrice, nel video fingo di capire il suo discorso in indonesiano e quando mi ringrazia, rispondo correttamente sama sama. Vorrebbe taggarmi, ma poiché sono anziana non ho un profilo Instagram, mi segno di farlo non appena tornerò a casa.


A dimostrazione che ormai nel villaggio sono una rockstar, mi si avvicina un signore chiedendomi se gentilmente posso farmi una foto con sua moglie e la sua bambina. Come rifiutare?

La celebrità non fa per me, mi imbarazzo troppo, però è bello sapere di aver fatto qualcosa di buono per queste persone, quindi non capisco perché il karma mi abbia rotto il telefono.

Nel pomeriggio, mi godo l'ombra e una dolcissima anguria con Dan, Eddie, Andre e Andy nella palafitta sul fiume. I ragazzi mi chiedono di fare un altro video, questa volta in italiano che poi sottotitoleranno, sulle mie impressioni riguardo il progetto per invitare altri a contribuire. Faccio anche questo, a me non costa nulla e loro ne hanno bisogno per raccogliere fondi. Nel frattempo, mi sono mangiata ben nove fette di anguria per sopravvivere al caldo e scherzo scimmiottando i mei video: -Hello, I am Simona, the watermelon champion.- Dan ride così tanto che vuole girarlo davvero così mi fingo seria e ripeto la frase mentre mi riprende e, per fare la splendida, comincio a contare le bucce di anguria in indonesiano, solo che so contare solo fino a tre: satu, dua, tiga. Ecco il risultato:




Sappiate che abbiamo continuato a ridere per le tre ore del viaggio di ritorno.

Adesso, quando la gente di passaggio sul fiume leggerà il mio nome sotto i divieti dirà: ah, Simona Colombo, la campionessa di anguria!