domenica 26 maggio 2019

Pioggia sulla giungla


Svegliarsi nella giungla con il suono e il profumo della pioggia è qualcosa di indimenticabile. Aprire la porta della stanza e vedere le piante che luccicano bagnate intorno a te ti fa sentire felice di essere al mondo, in quel luogo e in quel momento.
Dopo aver sofferto il caldo durante la notte perché ci rifiutiamo di sprecare l'energia dei pannelli solari per l'aria condizionata, la frescura portata dall'acquazzone ci ha riempite di energia.
La Rimba King ci aspettava al molo alle 7.30, ma ci siamo alzate prestissimo – la Fra era in piedi dalle cinque a esplorare i dintorni – per fare colazione con calma e anche perché la sera prima siamo vergognosamente crollate appena dopo le nove. D'altra parte, il ritmo naturale delle nostre giornate dovrebbe andare dall'alba al tramonto e non abbiamo fatto altro che ritrovare la sintonia con la natura, quell'equilibrio istintivo che la vita di città sconvolge. Ci siamo prese il tempo di goderci la pioggia passeggiando lungo le passerelle di legno che dalle camere arrivano al ristorante e di ritrovare il gatto-pantera passato a darci il buongiorno e ad alleviare la nostalgia dei nostri gatti di casa.
Ci siamo imbarcate puntuali dopo colazione e l'aria fresca si è fatta pungente quando la barca è partita, perciò Eros ci ha offerto delle coperte. Io, da brava anziana, ho molto apprezzato e mi ci sono avvolta nella mia poltrona di vimini, sentendomi la regina della foresta.
Anziché disturbarci, la pioggia ha reso il panorama ancor più suggestivo, in fondo è così che si presenta la giungla nei romanzi d'avventura. Ci siamo godute pienamente l'ora e mezza di navigazione mattutina immerse nella pace della natura, pensando anche all'importanza della pioggia per tutte le forme di vita che, qui sotto il cielo, la ricevono in regalo per dissetarsi e crescere. 


Lungo il percorso ci siamo fermati ad ammirare un grosso branco di scimmie Nasica che faceva colazione sugli alberi accanto al fiume. Queste scimmiette dal pelo bicolore, chiaro sul petto e rosso sul dorso, con il loro nasone per cui vengono anche chiamate scimmie con la proboscide e gli occhietti espressivi, sono abili acrobate e compiono salti spettacolari da un ramo all'altro perfino con i cuccioli stretti al ventre. Ripreso il viaggio, ci siamo inoltrati in un ramo minore del Sekonyer, che restringendosi per un lungo tratto prima di riaprirsi, ci ha fatte sentire ancor più avvolte dal verde delle piante e più vicine alla foresta.
L'acquazzone si è affievolito proprio quando siamo giunte a destinazione, sbarcando al molo di Camp Leakey. Di questo centro di ricerca e recupero degli orangutan salvati dal bracconaggio e da situazioni di cattività, vi ho già parlato altre volte, come della sua fondatrice Biruté Galdikas, per esempio qui. È un luogo dove ci si occupa di conoscere e proteggere le meraviglie che noi Cavallette siamo venute a osservare, quindi la visita è cominciata dal piccolo museo dove sono conservati alcuni cimeli del periodo in cui Biruté venne ad abitare in una capanna nella giungla per cominciare a studiare gli orangutan selvatici nel loro ambiente. Grazie all'interesse del mondo scientifico per la sua ricerca e l'arrivo di ulteriori finanziamenti (tra cui quello della National Geographic Society), quella capanna è diventata Camp Leakey e il parco circostante una riserva naturale protetta. Una sala del museo è dedicata agli alberi genealogici delle famiglie di orangutan dell'area e ai membri di ogni generazione vengono dati nomi con la stessa iniziale del nome dato alla madre. Abbiamo anche scoperto che, oltre ad avere quasi il 97% del DNA in comune, condividiamo con gli orangutan un altro curioso aspetto "sociale": mentre le femmine passano dall'adolescenza alla maturità, i maschi passano prima per una fase di sub-adulti. Vi lascio a considerazioni e battute che abbiamo fatto anche noi.
Ci sono poi fotografie, testi, statistiche sulla vita di questi bellissimi primati e sulla fragilità del loro habitat con la lista delle principali minacce: incendi (appiccati dai bracconieri per agevolare la caccia), deforestazione (causata dall'avanzare delle piantagioni di palma da olio e altre coltivazioni tutt'altro che sostenibili), mutamenti climatici che sconvolgono i cicli di crescita della foresta, la fioritura e la fruttificazione che sfama gli animali. Che il biglietto d'ingresso e una percentuale del nostro soggiorno al lodge contribuiscano a difendere questo ambiente è un piccolo aiuto, poi conta molto anche lo stile di vita che adottiamo a casa perché si possono far danni qui anche abitando a migliaia di chilometri di distanza: l'Europa è al terzo posto per consumo di olio di palma. Non ci costa nulla leggere le etichette sui prodotti che compriamo al supermercato e scegliere di evitare quelli che lo contengono, a volte celato sotto la dicitura “olio vegetale”, basta optare per altri oli, magari sostenendo gli uliveti nostrani preferendo olio d'oliva italiano, no?
Ma torniamo a Camp Leakey. Dopo il museo, ci siamo inoltrate per il sentiero che conduce al punto di alimentazione. Questa volta, c'erano più turisti il che, da un lato significa maggiori incassi per il centro, dall'altro maggior probabilità di incontrarne di maleducati. I cartelli di “fate silenzio!” sono ovunque, ma pare non abbiano effetto su certa gente che chiacchierava ad alta voce e rideva sguaiatamente, e stranamente non erano italiani, come quegli spettatori al cinema che devono commentare ogni scena. Abbiamo sentito una tranquilla coppia seduta accanto a noi dire: «Se vuoi lo zoo, vai a Berlino, non vieni qui.» E infatti non capivamo perché fare tanta strada se poi non rispetti il luogo dove sei ospite. 
Malgrado gli schiamazzi, a un certo punto si è mosso un albero alla nostra sinistra ed è comparso un gibbone. Splendido vederlo volteggiare di ramo in ramo, atletico e leggero come una ginnasta alle parallele, e presentarsi per primo al banchetto. Guardate i due filmati ripresi da Feddi.



Abbiamo visto muoversi le cime degli alberi in lontananza, segno che gli orangutan erano in arrivo, si agitavano fronde sempre più vicine e la nostra eccitazione cresceva. A differenza dei gibboni, gli orangutan hanno un'andatura più lenta e rilassata, una grazia insospettabile per la loro stazza. Quando si sono trovati tutti nei dintorni della piattaforma, è stato bello osservare le differenze nei loro movimenti e gesti, i loro atteggiamenti e rapporti. Per coglierli al meglio, Sonia ha estratto un piccolo binocolo e noi ci siamo stupite di quanto fosse attrezzata la nuova Cavalletta, d'altra parte ha più esperienza o, come ha esclamato la Fra, «Lei è Master!» 
Le foto non rendono minimamente giustizia alla bellezza né possono raccontarvi l'emozione di quei momenti, ma provate a immaginare o prendete un aereo e andate a vedere con i vostri occhi e i vostri cuori. 
Peccato che non si possa rimanere più di due ore, ma è anche giusto limitare la presenza di turisti. Tornando al molo lungo la classica passerella di legno che unisce gli attracchi fluviali alla foresta, ci siamo imbattute in un ranger che ci avvisava che poco più avanti stava passando una madre con il piccolo, perciò dovevamo fermarci e fare silenzio finché non se ne fossero andati. Non abbiamo osato nemmeno fotografare per non infastidire la mamma orangutan, una foto in meno non è importante, trovarsi lì, invece, è stato fantastico e nessuno ce ne toglie il ricordo. Alle nostre spalle, è arrivato il gruppo rumoroso, ma per fortuna c'eravamo noi a ostruirgli la strada ed è andato tutto liscio. I maleducati, però, hanno ricevuto una lezione direttamente dagli abitanti della giungla: al molo si erano riuniti alcuni macachi - anche una mamma con un minuscolo cucciolo - famosi per essere dispettosi e ladri, infatti, quando il klotok dei rumorosi turisti si è avvicinato per imbarcarli, una scimmietta è saltata sul ponte come un fulmine, fuggendo con un pacchetto di patatine lasciato incautamente aperto e incustodito.
Ripreso il fiume è ricominciata anche la pioggia e poco dopo ci siamo fermati a pranzare in un punto abbastanza largo da lasciar passare altre imbarcazioni. I piatti erano talmente deliziosi che abbiamo voluto conoscere la cuoca per farle i complimenti. Ho chiesto a Feddi di fotografare tutto e segnarsi le ricette per cucinarmele a casa.
Il programma prevedeva una passeggiata "notturna", intorno alle 18.30, in un altro punto della foresta nella speranza di avvistare gli animali che tipicamente escono dalle tane con il buio, come il Tarsio e il Lori Lento, piccolissimi primati dai grandi occhi. In attesa del tramonto, abbiamo proseguito navigando lentamente, chiacchierando e guardandoci intorno.
Osservando il paesaggio la nostra vista si abituava a scorgere uccelli e scimmie tra gli alberi, notando movimenti e fruscii che prima ci sfuggivano e ora ci erano familiari, come se pochi giorni nella giungla fossero sufficienti a far riemergere sensi perduti, innati e istintivi, ma accantonati in un angolo del cervello perché inutili nelle città in cui viviamo. Un tempo era fondamentale riconoscere i segni della presenza di un animale, orientarsi con le stelle, prevedere una tempesta, conoscere la terra con i suoi frutti e i suoi pericoli; oggi, tra noi e la natura, c'è una grande distanza, grande quanto procurarsi l'acqua aprendo semplicemente un rubinetto anziché seguire il rumore di un torrente attraverso il folto della foresta fino a raggiungerne la riva. Le comodità e la tecnologia a cui siamo abituati di certo ci hanno reso la vita più facile, ma ci hanno anche privato di qualcosa e, quando ci troviamo immersi in ambienti come questo, dove non c'è nulla di ciò che abbiamo a casa, ci accorgiamo che non ci serve nulla, che apparteniamo anche alla foresta per nostra antica natura e la sensazione è proprio quella di riscoprire le proprie origini, che affondano nella natura selvaggia come le radici di questi magnifici alberi affondano nel terreno.
L'alternarsi di pioggia e sole ci ha regalato un tramonto rosso fuoco, poi ci siamo incamminate per questo "safari notturno" in compagnia di Eros e di un ranger. Con le torce si illuminavano i dintorni sperando di cogliere il riflesso degli occhi di qualche animale notturno, ma per tutto il sentiero non abbiamo avvistato altro che ragni, l'incubo di Feddi, eravamo circondate da nidi di tarantola e l'unica cosa carina che abbiamo visto è stata un uccellino verde.
Sulla via del ritorno al lodge, ormai nell'oscurità totale, ci siamo riscaldate con un buon caffè all'indonesiana che però tremava tutto al ritmo del motore. Ve lo mostro in questo filmato che non sono riuscita a raddrizzare, ruotate voi lo schermo del computer, per favore.


La giornata si è conclusa con una doccia, anche se abbiamo rinunciato a lavarci i capelli perché è impossibile asciugarli e comunque dopo cinque secondi si suda di nuovo, e una splendida dormita nella quiete della giungla rinfrescata dai temporali.

Presto un'altra puntata della nostra avventura, intanto godetevi il secondo album di foto.


10 commenti:

  1. Ma la vera domanda è: perché quel caffè vibra così e i vostri no? E poi si lascia un facile quesito al lettore: stimando il diametro della tazza in 7 cm, data la lunghezza d'onda osservabile nel liquido calcolare la frequenza in Hertz delle vibrazioni e, da questa, il regime di rotazione del motore del klotok supponendo che abbia 4 pist... Hei! Ma non avevi detto che vanno a energia solare, come Daitarn, 'sti cosi? E allora la vibrazione da dove arriva?

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    1. Il mio klotok ideale sarebbe elettrico, questo ha ancora il tradizionale a benzina o gasolio o quello che usano le barche.

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    2. Fatti 2 calcoli (chissà se giusti) il motore (e quindi la vibrazione) dovevano essere appena più veloci i così: https://www.youtube.com/watch?v=o9R87ccH8-g

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    3. I pannelli solari forniscono troppa poca potenza per metro quadro, credo, senza contare che è fondamentale il corretto orientamento e pure le nuvole abbattono parecchio la corrente generata. La vela è più efficace, mi sa.

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    4. Avendo realizzato solo adesso che è girato con un cellulare e che, quindi, contiene pure una traccia audio, ho acceso le casse e verificato di persona. Ebbene, mi pare di aver fatto qualche ragionamento sbagliato perché il rumore sembra avere un tono abbastanza più alto di quello che ho calcolato... :(

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    5. Ing. Scarparo, i suoi commenti cominciano a essere troppo complicati per la mia mente semplice. Comunque, la vela no, non c'è vento né spazio di manovra per prenderlo su questo fiume, in mare o in grandi laghi è diverso, ma a vela qui staremmo ancora al molo.

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  2. Dimenticavo: "ci rifiutiamo di sprecare l'energia dei pannelli solari per l'aria condizionata". Sbagliato: i pannelli solari la corrente la producono comunque; per risparmiarla l'unico sistema sarebbe andare a spegnere il sole. L'unico caso in cui - forse - anche io avrei potuto accendere il condizionatore... ;)

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    1. Ecco, pensavamo di risparmiare e invece... Vabbè, ho imparato una cosa nuova

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  3. Ecco, ero tutta presa dal racconto, immersa nella natura, in mezzo a pioggia e orangutan, volevo fare un commento degno... e mi sono infilata nel ragionamento di Michele, che ha cancellato in un secondo tutto il mio trasporto. La prossima volta, devo batterlo sul tempo e commentare per prima. 🙃 😋

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