Mentre
ci si avvicina in volo all'isola del Borneo, saltano all'occhio due
cose: il verde smeraldo della giungla e la vastità dei danni della
deforestazione che avanza a grandi morsi divorando la bellezza per
far posto a soldi – intascati da imprenditori stranieri, non certo
dalla popolazione locale – e desolazione. La missione delle
Cavallette era ammirare quanto di bello resiste ancora e dare il
nostro piccolo contributo alla sua protezione.
Nel
minuscolo aeroporto di Pangkalan Bun, si scende dall'aereo come fosse
un autobus e si raggiunge il terminal a piedi per ritirare i bagagli
all'unico nastro trasportatore. Dopo essere passate per i grandi
scali internazionali, l'impressione era di trovarsi nella stazione di
un paesino di campagna, cosa che ci ha fatto molto piacere perché
non amiamo la folla e il caos.
Ad
accoglierci fuori, insieme all'aria calda e umida dei tropici, c'era
la guida che ci avrebbe accompagnate per i giorni successivi: Eros.
Presentandosi con il tipico sorriso cordiale della gente di qui, ha
subito specificato: «Ma non Ramazzotti!» Allegro ed entusiasta del
suo lavoro, ci ha fatto immediatamente sentire a nostro agio.
Ci
ha portate a pranzo in un bell'hotel di Pangkalan Bun e abbiamo
parlato un po' di noi e del nostro soggiorno, cosa ci interessava
fare e vedere, cominciando da quel pomeriggio. Il Rimba Ecolodge dove
avremmo alloggiato si trova sul fiume Sekonyer, ma lungo il tragitto
saremmo passati per Tanjung Harapan – uno dei punti dove i ranger
del parco nazionale due volte al giorno portano cibo per gli
orangutan che, reintegrati nella foresta dopo il recupero da
situazioni di cattività, non sono ancora in grado di procurarselo in
natura ed è dunque possibile osservarli – intorno alle tre, giusto
in tempo per assistere al pasto dei nostri cugini pelosi, quindi Eros
ci ha chiesto se avessimo voglia di fermarci là prima di andare al
lodge. Ovviamente, sì!
Così,
dopo pranzo, abbiamo raggiunto un piccolo molo privato nel porto di
Kumai, cittadina che si affaccia sull'omonima baia, dove il fiume
sfocia in mare e acqua dolce e salata si mescolano nelle maree. Lì
ci attendeva la Rimba King, una tipica imbarcazione locale chiamata
klotok che sarebbe diventata la nostra seconda casa. Quando ero stata
in Kalimantan la prima volta nel 2013, avevo viaggiato sulla Rimba
Princess e Eros mi ha raccontato che ora giace dismessa vicino al
lodge perché ha avuto un incidente con un paletto sommerso e ha
rischiato di affondare, dunque il Re della giungla (Rimba significa
appunto giungla in indonesiano) ha sostituito la sfortunata
Principessa.
Ci
siamo accomodate nel salottino sul ponte e ci siamo godute le due ore
di navigazione risalendo il fiume, ammirando il paesaggio e
lasciandoci rinfrescare dalla brezza. Intanto Eros, da buona guida,
ci ha dato qualche informazione su quello che ci circondava. Kumai
significa vieni qui ed è il nome che l'antico insediamento ha
preso quando un gruppo di uomini provenienti dalla vicina isola di
Sulawesi è sbarcato in Borneo. Esplorando la zona che stavamo
attraversando anche noi, uno degli uomini si è perso e i suoi
compagni l'hanno guidato al campo gridando «Vieni qui!», così la
futura cittadina ha preso questo nome. Il fiume Sekonyer, invece, ha
cambiato nome sotto la dominazione olandese, mentre prima si chiamava
fiume dei coccodrilli perché vi abitano sia quelli di mare,
più grossi, che quelli d'acqua dolce dal muso sottile e allungato.
Il
punto in cui dalla larga baia si entra nel fiume segna anche
l'inizio, sulla sponda destra, del parco nazionale Tanjung Puting,
dimora di orangutan e tanti altri animali e uccelli straordinari che
sembrano usciti da un libro di fiabe esotiche. Mentre contemplavamo
il panorama meravigliate, Eros ci ha fatto notare come,
allontanandosi dall'acqua salata, muti anche la vegetazione sulle
rive: prima una specie di palma le cui lunghe foglie formano una
foltissima selva, poi prevale l'acqua dolce e compaiono gli alberi e
il tipico sottobosco della giungla. Dopo averci raccontato tutte
queste cose, Eros è sceso di sotto con il resto dell'equipaggio –
il capitano, due giovani marinai e la cuoca – e ci ha lasciate a
osservare tutto in silenzio, perché al cospetto di tanta meraviglia
viene spontaneo abbassare la voce per non disturbare e perfino tacere
per lasciare liberi pensieri e sensazioni. Dopo un po', si ignora
anche il sottofondo del motore della barca e io già fantasticavo di
andare a vivere su un klotok elettrico completamente silenzioso
alimentato da pannelli solari sul tetto.
Non
trovo proprio le parole per spiegarvi come ci si sente a navigare
sotto quel cielo e, man mano che il fiume si restringe, avvertire
l'abbraccio della natura con i suoi profumi, i movimenti sfuggenti di
uccelli e scimmie tra i rami, i versi, i canti, i richiami, il
riflesso della foresta e delle nuvole nell'acqua.
Attraversando
questo sogno a occhi aperti, siamo approdate al molo di Tanjung
Harapan e, con una breve camminata tra alberi maestosi, piante medicinali e orchidee aggrappate ai tronchi, abbiamo raggiunto la stazione di
alimentazione per gli orangutan: una piattaforma di legno sulla quale
i ranger preparano cumuli di banane e poi lanciano un richiamo per
avvertire gli animali che lo spuntino è servito. Nella radura
antistante, sono allineate alcune panche circondate da un recinto per
impedire ai visitatori di disturbare gli animali perché non bisogna
mai dimenticare che siamo ospiti a casa loro e, lo sanno tutti, noi
umani siamo gli ospiti più maleducati e irrispettosi del pianeta.
Nei
due giorni precedenti c'erano state forti piogge e gli orangutan non
si erano presentati agli appuntamenti, preferendo rimanere al riparo
nei loro nidi di foglie. Per nostra fortuna, il tempo è migliorato e
al banchetto sono arrivate diverse mamme con i cuccioli bisognose di
rifocillarsi per la fatiche dell'allattamento. L'emozione di vederle
a pochi metri da noi è stata enorme. Siamo rimaste incantate dalla
delicatezza dei loro movimenti, dall'espressività dei loro volti,
sguardi, gesti reciproci.
Terminato il tempo di visita, siamo tornate
alla barca piene di emozione e felici che fosse soltanto la prima di
molte.
Il
lodge sorge a dieci minuti di navigazione sulla riva opposta del
fiume ed è composto di diverse palafitte di legno perfettamente
mimetizzate nella giungla collegate da lunghe passerelle che si
snodano sopra un terreno bagnato dal fiume e intorno a grandi alberi,
piante e fiori. Eros ci ha dato appuntamento dopo cena per
programmare la giornata successiva e ci ha lasciato il resto del
pomeriggio libero. Alla reception ci hanno accolte con un succo di
frutta e ci hanno assegnato due camere attigue bellissime, tutte in
legno come capanne e con veranda sulla foresta.
È
un piacere starsene sedute lì fuori, all'ombra di grandi alberi, a
osservare in silenzio la vita fatta di foglie grandi come ombrelli o
piccole e affilate come punte di freccia, e poi fiori colorati che si
chiudono la sera e spalancano i petali al mattino colorando l'inizio
di un nuovo giorno, e farfalle, ranocchie, serpentelli, lucertole
mimetiche e più su, verso la cima degli alberi, branchi di scimmie
Nasica che passano così veloci da un ramo a un tetto a un altro ramo
che sembrano volare, e ancora più su magnifici uccelli che planano
nell'aria calda, e quando ci sorprende qualche scroscio di pioggia il
suono delle gocce che esplodono sulle foglie diventa una magnifica
sinfonia capace di escludere perfino il rumore dei pensieri.
Mi
basta già questa vista per commuovermi e riempirmi della verde
serenità che a casa mi manca. È stato bello trovare negli occhi
delle mie amiche la stessa ispirazione e se avevo qualche dubbio che,
fiaccate dall'afa, infastidite dagli abiti fradici di sudore e dalle
punture di qualche insetto, dal meteo incerto, non avrebbero
apprezzato l'esperienza, mi sono immediatamente ricreduta: il fascino
magico della giungla ha stregato subito anche loro.
Prima
di cena, siamo passate all'ufficio del lodge per comprare qualche
minuto di connessione internet satellitare – l'impianto è stato
installato da poco e nella brochure che abbiamo trovato in camera era
scritto che per recuperare i costi al momento ne facevano pagare
l'utilizzo – ma ci ha accolte il responsabile del lodge spiegandoci
che gli ospiti non pagano, soltanto clienti esterni del ristorante o
chi passa appositamente per approfittare dell'unica connessione in
mezzo alla giungla, ci avrebbe quindi fatto avere gli accessi più
tardi. Ci ha anche regalato quattro bellissime borracce con il logo
di Ecolodges Indonesia da riempire gratuitamente al ristorante o
sulla barca. Insomma, eravamo andate per pagare e siamo tornate con
dei regali.
La
cena era deliziosa e abbondante, preparata secondo le nostre
richieste per due vegane, una vegetariana e un'onnivora con i
prodotti locali e servita nel tranquillo e accogliente ristorante da
una minuta cameriera dal sorriso dolce. A fine pasto, ci ha raggiunte
Eros offrendoci diverse opzioni su come trascorrere le nostre
giornate nella giungla e consigliandoci come organizzarle tenendo
conto degli spostamenti in klotok. Scelto il programma per
l'indomani, stavamo per andare a nanna, quando un gatto nero come una
pantera, giovane e dal pelo lucente ha fatto il suo ingresso in sala
miagolando in cerca di attenzione. Il suo istinto felino l'ha fatto
saltare in braccio alla regina delle gattare, la
Feddi, che l'ha
adottato all'istante e, per deformazione professionale, l'ha
esaminato trovandolo in gran forma. Il micio-pantera ci ha seguite in
veranda dove si è fatto fotografare come una star e coccolare con la
fiducia di chi è abituato a esser trattato bene.
Alla
fine di una giornata densa di emozioni, dopo una doccia rinfrescante
e con il buio che cala alle sei, alle nove ci pareva mezzanotte e
siamo andate a letto.
Finisce
così il primo racconto dal Kalimantan, con i fiori che si chiudono e
le luci che si spengono, con la gioia di aver ben speso queste ore
delle nostre vite e l'eccitazione per le altre meraviglie che ci
attendevano al risveglio.
Per
voi, l'album delle prime foto.
Bello! Anche per me questo è uno dei ricordi più netti del mio passaggio "equatoriale", benché africano: con il sole che alle sei scende velocissimo per far posto alle stelle, alle nove pare mezzanotte!
RispondiEliminaMa la cosa strana è che ti viene pure sonno come fosse mezzanotte
EliminaCon le foto il tuo racconto è ancora più suggestivo: è davvero un luogo fuori dal mondo e nelle vostre facce non si legge la contentezza, ma proprio la beatitudine! :)
RispondiEliminaIo, che sono una poetessa, ho scambiato la radice dell’albero della prima foto della serie per un magnifico serpentone e m’è preso un colpo! 😁
L'unico serpente avvisato in quei giorni era forse dieci centimetri, è all'inizio del secondo album, nulla di cui aver paura :)
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