giovedì 23 maggio 2019

L'abbraccio della natura



Mentre ci si avvicina in volo all'isola del Borneo, saltano all'occhio due cose: il verde smeraldo della giungla e la vastità dei danni della deforestazione che avanza a grandi morsi divorando la bellezza per far posto a soldi – intascati da imprenditori stranieri, non certo dalla popolazione locale – e desolazione. La missione delle Cavallette era ammirare quanto di bello resiste ancora e dare il nostro piccolo contributo alla sua protezione.

Nel minuscolo aeroporto di Pangkalan Bun, si scende dall'aereo come fosse un autobus e si raggiunge il terminal a piedi per ritirare i bagagli all'unico nastro trasportatore. Dopo essere passate per i grandi scali internazionali, l'impressione era di trovarsi nella stazione di un paesino di campagna, cosa che ci ha fatto molto piacere perché non amiamo la folla e il caos.
Ad accoglierci fuori, insieme all'aria calda e umida dei tropici, c'era la guida che ci avrebbe accompagnate per i giorni successivi: Eros. Presentandosi con il tipico sorriso cordiale della gente di qui, ha subito specificato: «Ma non Ramazzotti!» Allegro ed entusiasta del suo lavoro, ci ha fatto immediatamente sentire a nostro agio.
Ci ha portate a pranzo in un bell'hotel di Pangkalan Bun e abbiamo parlato un po' di noi e del nostro soggiorno, cosa ci interessava fare e vedere, cominciando da quel pomeriggio. Il Rimba Ecolodge dove avremmo alloggiato si trova sul fiume Sekonyer, ma lungo il tragitto saremmo passati per Tanjung Harapan – uno dei punti dove i ranger del parco nazionale due volte al giorno portano cibo per gli orangutan che, reintegrati nella foresta dopo il recupero da situazioni di cattività, non sono ancora in grado di procurarselo in natura ed è dunque possibile osservarli – intorno alle tre, giusto in tempo per assistere al pasto dei nostri cugini pelosi, quindi Eros ci ha chiesto se avessimo voglia di fermarci là prima di andare al lodge. Ovviamente, sì!

Così, dopo pranzo, abbiamo raggiunto un piccolo molo privato nel porto di Kumai, cittadina che si affaccia sull'omonima baia, dove il fiume sfocia in mare e acqua dolce e salata si mescolano nelle maree. Lì ci attendeva la Rimba King, una tipica imbarcazione locale chiamata klotok che sarebbe diventata la nostra seconda casa. Quando ero stata in Kalimantan la prima volta nel 2013, avevo viaggiato sulla Rimba Princess e Eros mi ha raccontato che ora giace dismessa vicino al lodge perché ha avuto un incidente con un paletto sommerso e ha rischiato di affondare, dunque il Re della giungla (Rimba significa appunto giungla in indonesiano) ha sostituito la sfortunata Principessa.
Ci siamo accomodate nel salottino sul ponte e ci siamo godute le due ore di navigazione risalendo il fiume, ammirando il paesaggio e lasciandoci rinfrescare dalla brezza. Intanto Eros, da buona guida, ci ha dato qualche informazione su quello che ci circondava. Kumai significa vieni qui ed è il nome che l'antico insediamento ha preso quando un gruppo di uomini provenienti dalla vicina isola di Sulawesi è sbarcato in Borneo. Esplorando la zona che stavamo attraversando anche noi, uno degli uomini si è perso e i suoi compagni l'hanno guidato al campo gridando «Vieni qui!», così la futura cittadina ha preso questo nome. Il fiume Sekonyer, invece, ha cambiato nome sotto la dominazione olandese, mentre prima si chiamava fiume dei coccodrilli perché vi abitano sia quelli di mare, più grossi, che quelli d'acqua dolce dal muso sottile e allungato.
Il punto in cui dalla larga baia si entra nel fiume segna anche l'inizio, sulla sponda destra, del parco nazionale Tanjung Puting, dimora di orangutan e tanti altri animali e uccelli straordinari che sembrano usciti da un libro di fiabe esotiche. Mentre contemplavamo il panorama meravigliate, Eros ci ha fatto notare come, allontanandosi dall'acqua salata, muti anche la vegetazione sulle rive: prima una specie di palma le cui lunghe foglie formano una foltissima selva, poi prevale l'acqua dolce e compaiono gli alberi e il tipico sottobosco della giungla. Dopo averci raccontato tutte queste cose, Eros è sceso di sotto con il resto dell'equipaggio – il capitano, due giovani marinai e la cuoca – e ci ha lasciate a osservare tutto in silenzio, perché al cospetto di tanta meraviglia viene spontaneo abbassare la voce per non disturbare e perfino tacere per lasciare liberi pensieri e sensazioni. Dopo un po', si ignora anche il sottofondo del motore della barca e io già fantasticavo di andare a vivere su un klotok elettrico completamente silenzioso alimentato da pannelli solari sul tetto.

Non trovo proprio le parole per spiegarvi come ci si sente a navigare sotto quel cielo e, man mano che il fiume si restringe, avvertire l'abbraccio della natura con i suoi profumi, i movimenti sfuggenti di uccelli e scimmie tra i rami, i versi, i canti, i richiami, il riflesso della foresta e delle nuvole nell'acqua.
Attraversando questo sogno a occhi aperti, siamo approdate al molo di Tanjung Harapan e, con una breve camminata tra alberi maestosi, piante medicinali e orchidee aggrappate ai tronchi, abbiamo raggiunto la stazione di alimentazione per gli orangutan: una piattaforma di legno sulla quale i ranger preparano cumuli di banane e poi lanciano un richiamo per avvertire gli animali che lo spuntino è servito. Nella radura antistante, sono allineate alcune panche circondate da un recinto per impedire ai visitatori di disturbare gli animali perché non bisogna mai dimenticare che siamo ospiti a casa loro e, lo sanno tutti, noi umani siamo gli ospiti più maleducati e irrispettosi del pianeta.
Nei due giorni precedenti c'erano state forti piogge e gli orangutan non si erano presentati agli appuntamenti, preferendo rimanere al riparo nei loro nidi di foglie. Per nostra fortuna, il tempo è migliorato e al banchetto sono arrivate diverse mamme con i cuccioli bisognose di rifocillarsi per la fatiche dell'allattamento. L'emozione di vederle a pochi metri da noi è stata enorme. Siamo rimaste incantate dalla delicatezza dei loro movimenti, dall'espressività dei loro volti, sguardi, gesti reciproci.
Il bello di questi momenti è proprio osservare le interazioni tra i vari individui: l'attenzione e la prudenza delle mamme, un po' diffidenti tra loro e sempre all'erta; la curiosità dei piccoli, ma anche la loro insicurezza per cui al minimo disagio si rifugiavano tra le braccia della madre, aggrappandosi saldamente alla pelliccia, e poi allungavano le manine in cerca di un pezzo di banana abilmente sbucciata dagli adulti. Andavano e venivano arrampicandosi sugli alberi e passando con eleganza da un ramo all'altro, sapendo esattamente quali afferrare e fino a che punto lasciare che si piegassero sotto il loro peso per raggiungere l'albero successivo, niente salti o acrobazie, ma una danza fluida e precisa. 

Terminato il tempo di visita, siamo tornate alla barca piene di emozione e felici che fosse soltanto la prima di molte.
Il lodge sorge a dieci minuti di navigazione sulla riva opposta del fiume ed è composto di diverse palafitte di legno perfettamente mimetizzate nella giungla collegate da lunghe passerelle che si snodano sopra un terreno bagnato dal fiume e intorno a grandi alberi, piante e fiori. Eros ci ha dato appuntamento dopo cena per programmare la giornata successiva e ci ha lasciato il resto del pomeriggio libero. Alla reception ci hanno accolte con un succo di frutta e ci hanno assegnato due camere attigue bellissime, tutte in legno come capanne e con veranda sulla foresta.
È un piacere starsene sedute lì fuori, all'ombra di grandi alberi, a osservare in silenzio la vita fatta di foglie grandi come ombrelli o piccole e affilate come punte di freccia, e poi fiori colorati che si chiudono la sera e spalancano i petali al mattino colorando l'inizio di un nuovo giorno, e farfalle, ranocchie, serpentelli, lucertole mimetiche e più su, verso la cima degli alberi, branchi di scimmie Nasica che passano così veloci da un ramo a un tetto a un altro ramo che sembrano volare, e ancora più su magnifici uccelli che planano nell'aria calda, e quando ci sorprende qualche scroscio di pioggia il suono delle gocce che esplodono sulle foglie diventa una magnifica sinfonia capace di escludere perfino il rumore dei pensieri.
Mi basta già questa vista per commuovermi e riempirmi della verde serenità che a casa mi manca. È stato bello trovare negli occhi delle mie amiche la stessa ispirazione e se avevo qualche dubbio che, fiaccate dall'afa, infastidite dagli abiti fradici di sudore e dalle punture di qualche insetto, dal meteo incerto, non avrebbero apprezzato l'esperienza, mi sono immediatamente ricreduta: il fascino magico della giungla ha stregato subito anche loro.
Prima di cena, siamo passate all'ufficio del lodge per comprare qualche minuto di connessione internet satellitare – l'impianto è stato installato da poco e nella brochure che abbiamo trovato in camera era scritto che per recuperare i costi al momento ne facevano pagare l'utilizzo – ma ci ha accolte il responsabile del lodge spiegandoci che gli ospiti non pagano, soltanto clienti esterni del ristorante o chi passa appositamente per approfittare dell'unica connessione in mezzo alla giungla, ci avrebbe quindi fatto avere gli accessi più tardi. Ci ha anche regalato quattro bellissime borracce con il logo di Ecolodges Indonesia da riempire gratuitamente al ristorante o sulla barca. Insomma, eravamo andate per pagare e siamo tornate con dei regali.
La cena era deliziosa e abbondante, preparata secondo le nostre richieste per due vegane, una vegetariana e un'onnivora con i prodotti locali e servita nel tranquillo e accogliente ristorante da una minuta cameriera dal sorriso dolce. A fine pasto, ci ha raggiunte Eros offrendoci diverse opzioni su come trascorrere le nostre giornate nella giungla e consigliandoci come organizzarle tenendo conto degli spostamenti in klotok. Scelto il programma per l'indomani, stavamo per andare a nanna, quando un gatto nero come una pantera, giovane e dal pelo lucente ha fatto il suo ingresso in sala miagolando in cerca di attenzione. Il suo istinto felino l'ha fatto saltare in braccio alla regina delle gattare, la
Feddi, che l'ha adottato all'istante e, per deformazione professionale, l'ha esaminato trovandolo in gran forma. Il micio-pantera ci ha seguite in veranda dove si è fatto fotografare come una star e coccolare con la fiducia di chi è abituato a esser trattato bene.
Alla fine di una giornata densa di emozioni, dopo una doccia rinfrescante e con il buio che cala alle sei, alle nove ci pareva mezzanotte e siamo andate a letto.
Finisce così il primo racconto dal Kalimantan, con i fiori che si chiudono e le luci che si spengono, con la gioia di aver ben speso queste ore delle nostre vite e l'eccitazione per le altre meraviglie che ci attendevano al risveglio.

Per voi, l'album delle prime foto.

4 commenti:

  1. Bello! Anche per me questo è uno dei ricordi più netti del mio passaggio "equatoriale", benché africano: con il sole che alle sei scende velocissimo per far posto alle stelle, alle nove pare mezzanotte!

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    1. Ma la cosa strana è che ti viene pure sonno come fosse mezzanotte

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  2. Con le foto il tuo racconto è ancora più suggestivo: è davvero un luogo fuori dal mondo e nelle vostre facce non si legge la contentezza, ma proprio la beatitudine! :)
    Io, che sono una poetessa, ho scambiato la radice dell’albero della prima foto della serie per un magnifico serpentone e m’è preso un colpo! 😁

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    1. L'unico serpente avvisato in quei giorni era forse dieci centimetri, è all'inizio del secondo album, nulla di cui aver paura :)

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