martedì 15 marzo 2022

Una passeggiata con Bryson

Ho sempre amato la letteratura di viaggio: dai diari dei primi esploratori ai reportage di avventurosi giornalisti, dalla grazia con cui Agatha Christie raccontava di dormire tra i ratti in Siria agli articoli di National Geographic su natura e cultura di paesi lontani, dalle cronache africane di Kapuscinski alla biografia di Magellano. Quindi non so spiegarmi come mai i libri di Bill Bryson, giornalista e scrittore diventato popolare proprio per i suoi racconti di viaggio, siano rimasti a ingiallire da uno scaffale all’altro dei miei traslochi fino a pochi giorni fa, quando mi sono decisa a leggere Una passeggiata nei boschi datato 1997. È stato amore alla prima pagina.

Bryson non è un esploratore esperto, non è tecnicamente né fisicamente preparato all’avventura esattamente come me, ma, sempre come me, è curioso e aperto alle scoperte, per questo mi sono subito immedesimata nella sua voglia di conoscere come nei suoi disagi e nei suoi limiti. Elegantemente, le recensioni definiscono lo stile di Bryson ironico e autoironico, ma lasciatemi dire che in alcuni punti è davvero comico, da interrompere la lettura per farsi una risata. Questo però non gli impedisce di approfittare di questa "passeggiata" lungo l'Appalachian Trail per raccontare un po' di storia americana, soprattutto riguardo la gestione dei parchi nazionali, il disboscamento, la caccia e il rapporto tra l'americano medio e la natura. Una lettura divertentissima e  anche istruttiva, insomma.

Subito dopo, ho cominciato il suo libro sull'Australia, In un paese bruciato dal sole pubblicato nel 2000, perché ero curiosa di leggere come Bryson descrivesse i luoghi che anch’io ho visitato in un 2010 che mi sembra ormai mille anni fa e infatti, nel riconoscere le mie stesse impressioni, la lettura è stata intrisa di nostalgia e di “Sì, è vero, è proprio così.” Fare dell'ironia (per dirla con eleganza come i recensori) su uno dei posti più strani del mondo, abitato dagli animali più bizzarri e pericolosi del pianeta, per Bryson è vincere facile, ma anche in questo libro, gli aneddoti personali si intrecciano con fatti storici e digressioni nelle scienze naturali. In realtà le sue visite in Australia sono dedicate soprattutto a città, musei e luoghi di interesse storico che, per quanto siano pochi, sono indicati e decantati con orgoglio da ogni guida del continente. Io, invece, ci sono andata in cerca di quella natura stravagante e fantastica che rende quest'isola unica al mondo. Tuttavia, ho ritrovato molto della mia esperienza nelle parole di Bryson: la vastità dell'orizzonte visibile, l'intensità del cielo nelle giornate di sole tanto in città quanto nel grande vuoto tra le città, la sensazione di trovarsi alla fine del mondo e poi sentirsi stranamente a casa per un piccolo particolare familiare, lo stupore non solo per ciò che si presenta alla vista, ma anche per il comportamento delle persone e poi quel sentore di magia nella stranezza delle forme, dei colori, delle creature così lontane dalla nostra realtà che sembra di trovarsi in una storia di fantasia o in un cartone animato.

Ho amato i colori dei paesaggi disabitati da cui all'improvviso spuntavano città nuove nuove o i paesini da 9 abitanti nell'outback; sento ancora l'emozione degli incontri con animali stupendi: wallaby, leoni marini, koala, delfini, pinguini, foche, coccodrilli, pellicani, emù, echidna - uno dei nostri preferiti sull'enciclopedia degli animali che io e mio fratello sfogliavamo da bambini - e naturalmente tutto il mondo sommerso della Grande Barriera Corallina che, nel 2010 quando ci ho nuotato, pullulava ancora di vita. Grazie, Bill, per questo viaggio nel tempo.

Chissà quando potrò riprendere il volo verso nuove avventure e scriverne qui, mi domando nella mia depressione da valigia nell'armadio, ma l'umanità intera rema contro. Proprio mentre la pandemia cominciava ad allentare la presa, pensiamo bene di imbarcarci nelle prove di una terza guerra mondiale e intanto i cambiamenti climatici, che abbiamo innescato tanto tempo fa e di cui continuiamo a curarci troppo poco, hanno effetti sempre più devastanti proprio nei luoghi in cima alla mia lista dei desideri (per i negazionisti, vi faccio notare che sono stata punta da una zanzara in pieno febbraio a Monza). 

Sappiate che Bio vi vede e vi giudica!

I libri, per fortuna, sono una cosa bella fatta dall'umanità e sono quello che mi salva di questi tempi, in attesa di tornare a viaggiare o dell'asteroide che ci spazzerà via tutti.

 

lunedì 14 marzo 2022

Ci ho ripensato

Nel nuovo blog Diario di una Cavalletta, già abbandonato da un bel po', non mi sentivo a casa come qui o in Scritti a penna, quindi sono tornata.

In realtà, pochi post che ho scritto là si salvano e ho deciso di copiarli su Scritti a penna, ma uno voglio che stia qui, quello sul mio adorato gattino storto.

Questo è Bio.

Via dal gattile

L'ho adottato al gattile Enpa di Monza dove sono entrata con la ferma intenzione di dare una casa al gatto più sfigato, quello con meno probabilità di essere scelto tra tanti. Bio è arrivato in gattile incidentato, muoveva solo la testa tanto era messo male, ma con la dedizione di veterinari e volontari ha recuperato una discreta mobilità, anche se è rimasto piuttosto storto e non ama farsi toccare le zampe posteriori.

Bio era molto spaventato quando l'ho portato a casa. Per tutta la prima notte, è rimasto nel trasportino. Lo sportello era aperto, ma non l'ho forzato a uscire. L'ho sistemato in camera da letto con una ciotola d'acqua e un piatto di croccantini, la lettiera in bagno. Ho chiuso la porta che da sulla zona giorno in modo che Bio, trovandosi in un ambiente sconosciuto, dovesse affrontare un piccolo spazio nuovo anziché un intero appartamento. Bio non si è mosso, non è uscito dal suo piccolo rifugio né per bere né per fare i bisogni.

Il giorno dopo, sentendosi forse più sicuro, ha fatto qualche giretto per la stanza e l'ho lasciato solo perché non dovesse preoccuparsi anche della mia presenza mentre si ambientava. Nei giorni seguenti, ha preso confidenza con gli spazi, ha mangiato, ha trovato la lettiera, si è infilato nei cassetti e tra i National Geographic.

Piano piano si è sentito più sicuro, finché una sera ha voluto seguirmi oltre la porta della zona giorno. Appurato che non ci fossero pericoli nei dintorni, la curiosità ha avuto il sopravvento sulla diffidenza e col tempo Bio, pur tornando a rifugiarsi in camera da letto quando qualcosa lo intimoriva, ha conquistato tutto l'appartamento.

Oggi, è il re della casa, questo è territorio suo e io sono la sua famiglia. 

Bio ha imparato i miei orari di lavoro, la sveglia, i pasti, il suono dello spazzolino elettrico la sera che significa andiamo a nanna. Io ho imparato che alimenti preferisce, quali giochi gli piace fare – nulla batte le palline di stagnola e i laccetti dei cavi –, in quali punti della casa gli piace riposare così ci ho messo cucce e cuscini, in quali stare di vedetta come in cima alla scala che porta alla soffitta da cui si domina tutto l'appartamento oppure l'angolo del balcone da cui controlla il vicinato.

Bio non sa di essere disabile, quindi corre e salta come se zampe coda funzionassero a dovere, peccato che sbatta ovunque quando rincorre la pallina e fallisca rovinosamente qualche salto, dissimulando poi come ogni gatto. Sembra che non senta il dolore e riprende a correre anche dopo certe botte tremende contro i mobili o le pareti. Mi ha fatto prendere un colpo la prima volta che è saltato sulle fioriere del balcone con un balzo di un metro e mezzo e ho pensato di metterci due grate di legno come protezione perché il mio peggior incubo è che cada di sotto.

Bio è tenero, ama le coccole e farsi spazzolare e mi si addormenta serenamente addosso quando sto sul divano perché sa che con me è al sicuro. La notte, mi dorme accanto nel letto, tenendo una zampa sempre sul mio braccio per avvertire ogni movimento ed essere pronto ad alzarsi se mi sveglio.

Bio è buffo quando si stiracchia o quando salta all'indietro anziché girarsi. 
Bio è molto educato e discreto, non è insistente nelle richieste: se vuole uno snack si piazza davanti alla porta dello sgabuzzino e mi fissa in silenzio con lo sguardo da gatto di nessuno finché non lo accontento. Miagola raramente, non ne ha bisogno per comunicare perché si fa capire benissimo con le espressioni del muso.

Quando si adotta un gatto, non si deve cedere alla tentazione di trattarlo come un bambino, ma bisogna permettergli di esprimere la sua natura felina. Certo, abitando in appartamento non può andare a caccia ed è il gioco a soddisfare questo suo istinto. Il topino di pezza è il suo nemico giurato: lo morde, lo lancia, lo rincorre, lo stana dai pertugi dove lo infilo per sfidarlo e gli fa agguati da esperto predatore saltando fuori da dietro le tende (è convinto di essere invisibile quando si nasconde dietro le tende).

Ha anche bisogno dei suo spazi sicuri, angoli a lui dedicati come il cuscino in mansarda dove si rifugia se qualcosa lo mette a disagio (è molto selettivo riguardo i miei ospiti, se qualcuno non è di suo gradimento, si ritira di sopra finché non se ne va). Ha bisogno di arrampicarsi, di controllare l'ambiente dall'alto e osservare quello che succede oltre le finestre, così gli ho comprato un bel tiragraffi a più piani che gli permette di arrivare alla finestra della camera e un altro più basso da cui può guardare il balcone d'inverno standosene al calduccio.

Ogni gatto ha la propria personalità e ogni rapporto è diverso. La Micia con cui sono cresciuta mi ha educato, con una certa severità, al rispetto per gli animali. Bisogna prendersi il tempo di conoscere un gatto, di capire cosa gli piace e cosa gli serve per vivere bene mentre a sua volta scopre come siamo fatti noi, ma quando alla fine si raggiunge l'armonia è un piacere che crea dipendenza.

E poi tutti sanno che i gatti hanno il potere di tenere lontani fantasmi e demoni, che non è poco quando vivi da sola e ti piacciono i film horror.

Bio è il mio gattino, anzi, io sono sua.