All'ultima
pesata della mia valigia in aeroporto, il display segnava 18,1 kg e
credo sia un piccolo record per una donna in viaggio da tre mesi.
Insieme a indumenti e accessori, mi sono sempre caricata sulle
spalle, più o meno consapevolmente, una quantità di dubbi e paure.
La bellezza dell'esperienza che ho appena fatto sta anche nell'aver
affrontato e vinto qualche timore ed essere riuscita ad abbandonare
un po' di quel peso inutile. Tranne un chilo.
Quando
viaggiavo in coppia o con amici e amiche, osservavo i viaggiatori
solitari e mi chiedevo quanto fossero lunghe le loro ore, i loro
voli, le loro notti senza qualcuno accanto con cui parlare o al quale
indicare un panorama, un avvenimento, un dettaglio. Poi sono partita
da sola e ho capito. Il viaggio è un'esperienza che investe e
travolge come un'onda, avere intorno altre persone ne smorza
l'intensità. Condividere è un frangiflutti che ci protegge, soli
siamo esposti alla marea, con tutto il bene e il male che porta con
sé e si porta via con la risacca. Il cervello, non impegnato dalla
compagnia, si apre a milioni di stimoli, registra, reagisce. Si
elaborano catene lunghissime di ragionamenti che mescolano scoperte e
ricordi, conosciuto e sconosciuto, realtà e aspettativa. Non dico
che viaggiare in solitudine sia meglio, amo i miei compagni
d'avventura, dico che è molto diverso. Lo è in maniera così profonda che mi
ha dato una nuova prospettiva sul mondo e sulla vita. Ho osservato con i miei occhi e i miei soltanto, tutti dovrebbero provarci almeno una volta.
Ma veniamo al chilo di troppo che ha appesantito tanta bellezza. Leggendo il libro Vado al Capo di Sergio Ramazzotti, ho
invidiato il suo viaggio attraverso l'Africa da nord a sud, da solo e
usando soltanto mezzi pubblici e autostop. Una donna non potrebbe
farlo, le donne che hanno provato qualcosa di simile sono considerate
eroine ed è questo a farmi arrabbiare: perché per una donna
dovrebbe essere un'impresa eroica? Perché sì, purtroppo, è la
risposta ignorante della realtà in cui viviamo. Che
siamo fisicamente inferiori non si può negare, tutto il resto lo
fanno i pregiudizi. Qualcuno di voi ricorderà la storia delle due
turiste uccise in Ecuador, qualche mese fa. Si tratta di un caso
esploso sui social grazie al post di una ragazza che si è
immedesimata nelle vittime e ha dato loro voce contro chi le ha
criticate perché, in quanto donne, viaggiando da sole se la sono
cercata. Ne hanno parlato, tra gli altri, anche i siti di Repubblica
e Il Corriere della Sera. Essere aggrediti, derubati, truffati,
uccisi capita anche agli uomini, questo mondo non è sicuro per
nessuno. Le due turiste, però, «se lo dovevano aspettare» e poi «i
loro genitori non avrebbero dovuto permettere che partissero da
sole». È questo che fa rabbia a me e alla studentessa che ha
scritto il post.
Essere
donna è già una limitazione della libertà: attenta a come ti
vesti, agli sguardi che incroci, a quanto sorridi, a chi rivolgi la
parola, allontanati, cambia marciapiede, ignora quel commento. Che
palle! A me non interessa il femminismo che pretende ministra e
architetta, la parità che vorrei è quella di viaggiare con la
stessa sicurezza e insicurezza di un uomo.
Per
questo, ripeto, viaggiare da sola è stato bellissimo, ma lo sarebbe
stato ancor di più se non mi fossi portata appresso quel chilo
d'ansia in eccesso che pesa nel bagaglio di ogni donna.