lunedì 12 giugno 2017

In viaggio da sola

All'ultima pesata della mia valigia in aeroporto, il display segnava 18,1 kg e credo sia un piccolo record per una donna in viaggio da tre mesi. Insieme a indumenti e accessori, mi sono sempre caricata sulle spalle, più o meno consapevolmente, una quantità di dubbi e paure. La bellezza dell'esperienza che ho appena fatto sta anche nell'aver affrontato e vinto qualche timore ed essere riuscita ad abbandonare un po' di quel peso inutile. Tranne un chilo.

Quando viaggiavo in coppia o con amici e amiche, osservavo i viaggiatori solitari e mi chiedevo quanto fossero lunghe le loro ore, i loro voli, le loro notti senza qualcuno accanto con cui parlare o al quale indicare un panorama, un avvenimento, un dettaglio. Poi sono partita da sola e ho capito. Il viaggio è un'esperienza che investe e travolge come un'onda, avere intorno altre persone ne smorza l'intensità. Condividere è un frangiflutti che ci protegge, soli siamo esposti alla marea, con tutto il bene e il male che porta con sé e si porta via con la risacca. Il cervello, non impegnato dalla compagnia, si apre a milioni di stimoli, registra, reagisce. Si elaborano catene lunghissime di ragionamenti che mescolano scoperte e ricordi, conosciuto e sconosciuto, realtà e aspettativa. Non dico che viaggiare in solitudine sia meglio, amo i miei compagni d'avventura, dico che è molto diverso. Lo è in maniera così profonda che mi ha dato una nuova prospettiva sul mondo e sulla vita. Ho osservato con i miei occhi e i miei soltanto, tutti dovrebbero provarci almeno una volta.

Ma veniamo al chilo di troppo che ha appesantito tanta bellezza. Leggendo il libro Vado al Capo di Sergio Ramazzotti, ho invidiato il suo viaggio attraverso l'Africa da nord a sud, da solo e usando soltanto mezzi pubblici e autostop. Una donna non potrebbe farlo, le donne che hanno provato qualcosa di simile sono considerate eroine ed è questo a farmi arrabbiare: perché per una donna dovrebbe essere un'impresa eroica? Perché sì, purtroppo, è la risposta ignorante della realtà in cui viviamo. Che siamo fisicamente inferiori non si può negare, tutto il resto lo fanno i pregiudizi. Qualcuno di voi ricorderà la storia delle due turiste uccise in Ecuador, qualche mese fa. Si tratta di un caso esploso sui social grazie al post di una ragazza che si è immedesimata nelle vittime e ha dato loro voce contro chi le ha criticate perché, in quanto donne, viaggiando da sole se la sono cercata. Ne hanno parlato, tra gli altri, anche i siti di Repubblica e Il Corriere della Sera. Essere aggrediti, derubati, truffati, uccisi capita anche agli uomini, questo mondo non è sicuro per nessuno. Le due turiste, però, «se lo dovevano aspettare» e poi «i loro genitori non avrebbero dovuto permettere che partissero da sole». È questo che fa rabbia a me e alla studentessa che ha scritto il post.
Essere donna è già una limitazione della libertà: attenta a come ti vesti, agli sguardi che incroci, a quanto sorridi, a chi rivolgi la parola, allontanati, cambia marciapiede, ignora quel commento. Che palle! A me non interessa il femminismo che pretende ministra e architetta, la parità che vorrei è quella di viaggiare con la stessa sicurezza e insicurezza di un uomo.

Per questo, ripeto, viaggiare da sola è stato bellissimo, ma lo sarebbe stato ancor di più se non mi fossi portata appresso quel chilo d'ansia in eccesso che pesa nel bagaglio di ogni donna. 

domenica 4 giugno 2017

ALeRT nella foresta per la foresta

Ho l'impressione di non aver mai conosciuto sorrisi così sinceri, occhi così brillanti, spiriti così appassionati, cuori così forti come quelli che mi hanno accolta il primo giorno e che ho dovuto salutare l'ultimo giorno all'aeroporto di Bandar Lampung. Sono tornata in Italia spezzata, una parte di me, una grossa parte, è rimasta a Sumatra. 

Cos'è successo tra quel primo e ultimo giorno per spaccarmi in questo modo?