Venerdì mattina mi sono alzata presto e sono andata a fare una passeggiata al Sacred Monkey Forest Sanctuary e presentandomi all'apertura della biglietteria (ingresso circa 3,50€) mi sono assicurata almeno un'ora di pace prima dell'arrivo dei bus con i turisti. Ho lasciato la mia borsa alla cassiera per stare più comoda e mi sono incamminata con macchina fotografica e cellulare per i video.
Solo una parte della foresta è aperta al pubblico e bisogna rimanere sui percorsi indicati, sia per la sicurezza dei visitatori che per proteggere questo ambiente delicato dall'invadenza umana. Come vi ho detto, in questo splendido scorcio di giungla primitiva crescono centoquindici specie diverse di alberi, alcune delle quali molto rare, e piante particolari usate per i rituali religiosi. Innamorata come sono degli alberi, mi incanto a ogni passo anche se, tra un viaggio e l'altro, è già la terza volta che torno qui. Sarebbe bello che ogni foresta fosse considerata sacra e perciò protetta, al di là di ogni fede, sacra per l'umanità. Le foto possono darvi una minima idea della bellezza di questo luogo, ma non possono trasmettervi il profumo degli alberi e la sensazione che respirino e si nutrano dell'aria umida che abbraccia anche me mentre cammino. Il verde mi avvolge completamente, è dolce per gli occhi, rilassa i pensieri.
Tra alberi stupendi si srotolano sentieri, passerelle di legno, ponti di pietra e, più o meno nascoste dalla vegetazione, decine di statue coperte di muschio osservano il mio passaggio. Raffigurano animali, divinità, creature mitologiche e sembrano trovarsi lì da quando è nata la foresta. Mi guidano tra i tre templi, uno più grande e due minori, ma l'accesso è consentito soltanto ai fedeli durante le cerimonie.
Se guardate attentamente alcuni scatti, vedrete libellule rosse tra le foglie e riuscirete a scovare i macachi balinesi mimetizzati tra le ombre dei rami. I macachi di Monkey Forest non sono aggressivi con le persone, se non si cerca di toccarli o sottrargli il cibo, ma in quei casi divento aggressiva pure io. Bisogna evitare di guardarli direttamente negli occhi perché per loro è un gesto di sfida, come pure sorridere perché mostrare i denti significa minacciare. Insomma, siamo a casa loro e giustamente dobbiamo stare alle loro regole.
Il personale del parco è attento alla loro dieta perché, in quanto abitanti sacri dei templi, devono mantenersi in salute ed è vietatissimo dar loro noccioline o altre porcherie, solo frutta, patate, pannocchie. Ormai i branchi di scimmiette sono talmente abituati ai turisti che non sono nemmeno incuriositi dalla loro presenza, a meno che non si sventoli una banana diventando improvvisamente interessanti. Sanno in quali orari radunarsi intorno alla fontana per trovare uno spuntino nelle mani dei guardiani o dei visitatori, in cambio si lasciano fotografare.
Come raccontavo in un commento, una scimmietta mi si è aggrappata alla gamba mentre ne fotografavo un'altra - forse gelosa - e non sapevo come liberarmene senza irritarla. In tutta calma ho proseguito sul sentiero, passeggiando con un macaco abbracciato alla coscia finché ho incrociato un guardiano e gli ho chiesto come comportarmi. «Niente, continua a camminare, poi si stufa e scende da sola.»
A volte, escono dal parco per un giro in paese e li si vede attraversare la strada di corsa oppure fare i funamboli sui cavi elettrici, ma non si allontanano mai troppo. Tornano tra gli alberi e spariscono nel folto della foresta dove nessuno può seguirli. D'altra parte, con una foresta bellissima a disposizione, chi glielo fa fare di venire in città?
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Che noia la città! |
Due nuovi album per voi. Benvenuti al Sacred Monkey Forest Sanctuary.