Intera giornata di safari
fotografico al Parco Nazionale Aberdare.
Sveglia alle 6 sotto un
cielo nuvoloso e profumato di pioggia perché siamo sì all'equatore,
ma bisogna considerare anche l'altitudine e, cari lettori, noi siamo
in montagna! Bardate come una compagnia di terroriste, saltiamo sul
pulmino sicure che l'amica Madre Natura ci ripagherà del freddo e
della scomodità e, come dico sempre, se non è dura non è
avventura.
Il parco Aberdare è uno
spettacolo di vallate e colline ricoperte di giungla che si estendono
tra i 1800 e i 4000 metri per settecentoqualcosa chilometri quadrati,
è la riserva naturale più piccola del Kenya eppure pare di
immergersi nella preistoria perché abbiamo la sensazione che da un
momento all'altro dall'oscurità tra le piante possa spuntare il muso
di un tirannosauro... invece è solo un grosso facocero.
Le piste di terra rossa
sembrano cicatrici sui fianchi ripidi delle alture e il paesaggio da
solo vale già il viaggio. Fred però tiene moltissimo a farci
avvistare tutta la fauna possibile ed è un po' nervoso perché non
conosce bene questa zona, da maschio alfa non concepisce di deludere
sei donne in un colpo solo. Malgrado la fitta e alta vegetazione,
incontriamo un sacco di animali: facoceri, babbuini (ai quali abbiamo
lanciato le banane avanzate dal pranzo, accorgendoci in seguito e
ridendo della nostra inutile premura di sbucciarle per loro),
gazzelle, waterbuck, bufali, scimmie colomba (nelle foto sono quelle
con la lunga e vaporosa coda bianca che sembra un piumino), altri
tipi di scimmie di cui non ho capito il nome, un paio di cani della
prateria (tipo pantegane che nuotavano in un ruscello), impala.
A furia di salire di
quota su ripidi sterrati, il motore si surriscalda costringendoci a
una sosta. Subito operative, Cavallette & friends cominciano a
stappare bottigliette d'acqua da passare a Fred che le versa nel
radiatore in ebollizione.
Consumiamo un terzo delle scorte che
trasportiamo per l'intero tour, ma non abbiamo scelta perché siamo
gli unici turisti nel parco e bene bene non sappiamo dove ci
troviamo. Il vecchio pulmino si rianima e la gita prosegue mentre il
cielo si apre e spunta un po' di sole a scaldarci.
Divagazione: quando
scrivo i post la sera, li faccio leggere alle mie compagne prima di
pubblicarli ed è sempre un bello, ma non hai detto questo, non
hai raccontato quell'altro. Per non tralasciare nessun dettaglio
dovrei scrivere per tutta la notte e non basterebbe. Considerate
anche che non è facile concentrare tanti momenti e sensazioni in un
articolo di blog e forse non basta nemmeno un libro. Neppure le foto
sono sufficienti a raccontarvi lo stupore, l'emozione, il turbamento,
i pensieri di certi attimi. Qui siamo nel regno della meraviglia e
fossi anche la miglior poetessa di tutti i tempi, la natura sarebbe
comunque dieci passi avanti e sopra. Avete quindi due sole
alternative: venire qui o accontentarvi di immaginare, se avete
abbastanza immaginazione.
Tornando alla nostra
giornata, a proposito dell'Aberdare avevamo poche informazioni
recuperate sul web prima di partire e l'elenco della fauna locale non
includeva gli elefanti. Così, quando Fred ci ha detto che stava
cercando di avvistarne qualcuno per noi, abbiamo pensato che si
sbagliasse. Lezione sul Kenya numero uno: Fred ne sa una più di
Google, se dice che ci sono gli elefanti, li troverà. Infatti poco
dopo inchioda e indica il fianco di una collina, ci alziamo tutte in
piedi per guardare meglio dal tetto e, indovinate un po', un branco
di elefanti stava salendo verso una radura. Andiamo in quella
direzione e li intercettiamo mentre ci attraversano la strada. Stiamo
scattando mille foto, quando Fred si allontana in retromarcia per una
trentina di metri, fa inversione e torna in retromarcia verso il
branco. Si tratta di una manovra intelligente perché, notando che un
grosso esemplare aveva sollevato le zanne innervosito dalla nostra
presenza, la giuda più affidabile del mondo ha pensato bene di
avvicinarsi di culo perché in caso di carica sarebbe stato più
facile e rapido fuggire verso valle che in salita.
Dopo aver ammirato gli
elefanti a sorpresa, abbiamo ripreso la marcia riflettendo, tra le
altre cose, sulla sfiga di nascere gazzella in Africa che potrebbe
essere una reincarnazione punitiva per chi si comporta male. Sole e
nubi si alternano nel grande cielo sopra di noi, la pioggia non mi
preoccupa perché è proprio grazie all'acqua di quel cielo che il
panorama è così stupendamente verde e rigoglioso. Rosalba è la
nostra esperta di piante e fiori, o perlomeno l'unica di noi che non
ha ancora ucciso una piantina di basilico del supermercato, e ci fa
notare che lungo la strada ci sono piante di pisello in fiore
giganti. Le abbiamo fotografate pur sapendo che tornare dall'Africa
dicendo di aver visto piselli giganti scatenerà le peggiori battute
possibili, ma noi amiamo queste cose ignoranti e il titolo di questo
post ne è la prova.
Un ultimo sorprendente
incontro ci aspetta dietro una curva: una iena! Non ci era mai
capitato di avvistarne una così da vicino e questa stava sul ciglio
della strada a fissarci, poi ha pensato che fossimo una bestia
gigante e ha cominciato a scappare. L'abbiamo seguita finché è
sparita tra gli alberi dopo averci lanciato un'occhiata curiosa.
Siamo rimaste talmente affascinate da quello sguardo che nessuna di
noi l'ha fotografato, se non con il cuore. Indimenticabile.
Avrei molto altro da
raccontare, tante piccole cose, come l'etichetta “vegetarian” sul
pranzo al sacco per Sonia e quella “strictly vegetarian” sul mio
e di Feddi, oppure il caffè che ci ha scaldate a fine giornata,
oppure le battute e le risate tra amiche, ma non è possibile dirvi
tutto. Ancora più difficile sarebbe raccontarvi le grandi cose come
sentirsi minuscoli di fronte alla maestosità di queste terre
selvagge.
Io non posso dirvi tutto,
venite qui a provarlo.
P.s. Appena troverò una connessione internet più potente, prometto di caricare un primo album di foto per aiutarvi a immaginare. Intanto sapete che cliccando sulle foto del post le vedete ingrandite, vero?