Nella
mia vita di fan del rock sono stata a un discreto numero di concerti,
il primo, nel 1991, è stato quello di Skid Row e L.A. Guns in quello
che ai tempi si chiamava PalaTrussardi e da allora per parecchio
tempo le date degli spettacoli delle mie band preferite erano per me
i giorni più attesi dell'anno, come ora lo sono le date di partenza
dei miei voli. Risparmiavo per i biglietti, sentivo crescere
l'emozione nei giorni precedenti e dopo non volevo più tornare a
casa, proprio come ora con i viaggi.
Molti
dei miei idoli di allora non suonano più o i loro tour non fanno più
tappa in Italia oppure sono morti, ma qualche volta capitano ancora
da queste parti (quelli vivi ovviamente) e così compro un biglietto
per tornare ragazzina. Sul serio, certe serate hanno il potere di
farmi viaggiare nel tempo: l'atmosfera e le sensazioni che mi
assalgono sono le stesse dei miei migliori ricordi e le ritrovo forti
e splendide, assolutamente intatte nonostante il passare del tempo.
Riconosci la tua canzone preferita dal primo accordo e non puoi
impedire che ti tornino in mente e nello stomaco emozioni d'altri
tempi, non puoi fare a meno di cantarla come hai fatto mille volte
prima perchè è come riabbracciare un caro amico che non vedevi da
tanto.
Ho
dei ricordi favolosi di tanti concerti e ho conservato tutti i
biglietti, alcuni anche autografati, e ho foto con
alcuni di loro grazie alle band di miei amici che spesso hanno aperto
spettacoli importanti permettendomi l'ingresso al backstage dove mi
aggiravo con un incontenibile sorriso a caccia dei personaggi che
popolavano i poster della mia cameretta.
Posso
dividere i concerti della mia lista in due categorie: le serate
intime (come Savatage o Fates Warning al Rainbow, come
Dream Theater a Varese, come Chris Cornell al teatro
romano di Verona l'anno scorso) e i grandi eventi (come Monsters
of Rock e Gods of Metal, Guns n'Roses e poi
Metallica con Megadeth e The Cult allo stadio di
Torino, Dream Theater e poi Pearl Jam al Forum di
Assago... basta con gli esempi che poi mi commuovo).
All'elenco
dei grandi eventi ora posso aggiungere Bon Jovi a San Siro che è
stato sabato sera. Il nostro amico Jon ha festeggiato 30 anni di
carriera eppure è rimasto lo stesso americanaccio tamarro del primo
album ed è proprio per questo che io e altri 50mila abbiamo voluto
vederlo.
Prima
due appunti negativi: mancava Sambora e mancava parecchio, non tanto
alla chitarra perchè a quei livelli i sostituti sono veri
professionisti, ma mancava come perfetta spalla di Jon sia nei cori
che nell'interazione durante lo show; il secondo appunto riguarda la
scaletta che inevitabilmente contava tante, troppe, canzoni nuove che
onestamente da It's my life in poi sono calate rovinosamente
di qualità e infatti il pubblico le ha lasciate passare senza
infamia né gloria (tranne una, ma lo racconto dopo).
Ora
veniamo alle cose belle che son state davvero mooolto belle. Tanto
per cominciare una scenografia spettacolare come non ne vedevo da
tanto, guardate che palco nella foto che ha fatto la Nico!
C'erano 50
mila persone pronte ad esplodere per quelle canzoni storiche che
dalle prime note facevano saltare tutto lo stadio. Jon è stato
grandioso come ce l'aspettavamo, senza Sambora lo spettacolo era
tutto sulle sue spalle, ma è riuscito a tenerci tutti per la gola e
per mano, una vera rockstar. Devo ammettere che all'inizio non avevo
grandi aspettative considerato che il ragazzo ha da poco compiuto 51
anni, ma dopo essersi scaldato con i primi pezzi si è acceso in
tutto il suo splendore cantando benissimo per più di tre ore,
ballando, suonando, coinvolgendo tutti con il suo atteggiamento da
supereroe della musica (mica a caso il vecchio tatuaggio di Superman
sulla spalla e il giacchino di Capitan America che ovviamente quel
nerd di mio fratello gli ha invidiato). I vecchi pezzi più famosi
sono stati accolti da boati di folla straordinari e tutto lo stadio
saltava insieme e io saltavo avanti e indietro nel tempo ubriaca di
soddisfazione.
L'unico
pezzo nuovo di cui vale la pena raccontarvi è quello che da il
titolo al tour, Because we can (obamissimo!), perchè quando
hanno iniziato a suonarlo è apparsa sugli spalti la coreografia
organizzata dal fan club italiano: il pubblico del terzo anello ha
composto con bandierine bianche e blu la scritta Bon Jovi forever
mentre dalla balconata pendevano striscioni con le date importanti
dei 30 anni trascorsi dal primo singolo della band, sotto di loro
bandierine bianche e rosse a comporre con quelle più in alto una
sorta di bandiera americana e infine noi nel prato con migliaia di
bandiere italiane. Davanti a questa dimostrazione d'amore, il nostro
amico Jon si è commosso e ha sbagliato l'attacco della strofa, così
ha chiesto ai compagni di fermarsi un attimo, ha ammirato la scena e ringraziato il
pubblico con la mano sul cuore senza nascondere la lacrimuccia (da
buon terrone ha fatto la sceneggiata!) e ha poi ripreso la canzone
dall'inizio. È il re!
Recitato o meno, è stato un grande
spettacolo, quello per cui abbiamo comprato il biglietto. La rockstar
ha fatto perfettamente il suo lavoro e, a differenza di altri, l'ha
sempre fatto seriamente. Aldilà del talento per lo spettacolo, Jon
Bon Jovi è stato negli anni un furbo e oculato imprenditore, si è
costruito un impero (lui da solo è più ricco dei quattro Metallica
sommati) investendo nella sua band e in altre che ha tirato fuori dal
cilindro come Skid Row, Cinderella e
Tesla. Gente che cantava e
suonava meglio di lui non ha raggiunto o mantenuto lo stesso successo,
dipende da come giochi le tue carte e Jon ha saputo farlo al meglio.
Sarà il sangue italiano: popolo di santi, poeti e truffatori!
Dunque, anche se non era il mio preferito in assoluto, è tutt'altro
che uno sprovveduto e se sul palco fa il supereroe è perchè in
fondo se lo può permettere. Respect!
Lo
sguardo che dai mega schermi puntava su ognuno di noi era quello dei
miei vecchi poster e mentre molti suoi colleghi coetanei sono ormai
dei rottami, Jon è ancora un bellissimo uomo con quegli occhi blu
luminosi tra le rughe, un sorriso da cinema e quando più tardi si è
tolto la giacca restando in canotta non mi aspettavo il fisico tonico
che ha mostrato.
Il
momento migliore della serata, per me, è stata Livin' on a
prayer. La prima strofa suonata in versione acustica ci aveva
ingannato perchè poi è entrata la batteria ed ecco il classicone
che tutti attendevamo. Al primo ritornello è venuto giù lo stadio, sul serio, l'ultima volta che ho sentito un boato del genere a San Siro era per
Van Basten (che stava in un altro poster) e avevo la pelle d'oca. Che
meraviglia!!
Lo
so, non potete capire se non avete avuto i vent'anni che avevo io, ma
fidatevi: tutti quei concerti indimenticabili son momenti per cui
vale la pena pagare, mangiare panini in piedi, fare ore di coda,
passare la notte in treno, prendersi degli spintoni, trattenere la
pipì, arrostire sotto il sole o infradiciarsi di pioggia, perdere il
sonno, percorrere chilometri, sporcarsi. L'ho fatto per essere
ripagata dallo spettacolo di artisti che suonano con passione
infinita e lo faccio ancora quando viaggio per esser ripagata dallo
spettacolo della natura. Non
mi fermo davanti a niente per qualche momento di pura e semplice
felicità.
A
Jon e al resto della band ancora massimo rispetto e tutta la mia
gratitudine per questo straordinario viaggio nel tempo.