Nella meravigliosa luce del mattino filtrata dai rami, io e Peris abbiamo salutato Joseph, lo staff del lodge e la foresta del Monte Kenya, per partire alla volta della contea di Nyeri, dove vive la sua famiglia.
La strada costeggiava il parco nazionale Aberdare, che mi ha acceso i ricordi dell'avventura del 2016 quando eravamo un gruppo di sei donne. Davvero un posto stupendo, peccato passarci accanto senza entrare. Tuttavia, questa breve vacanza era solo una visita a Peris e famiglia, altri safari mi aspettano in futuro perché ci sono ancora diversi parchi che non ho visitato come Amboseli e Tsavo.
Non c'era traffico sulla statale, ma era piena di dossi non segnalati, con la pittura sbiadita, che si mimetizzavano col manto stradale polveroso. Così, dopo essere decollate prendendo il primo in velocità, abbiamo cominciato a fare più attenzione per avvistarli in tempo: dopo il birdwatching, il bump-watching, ci siamo dette.
Avvicinandoci al villaggio, Peris ha cominciato a indicare i luoghi legati ai suoi ricordi: qui è dove andavo a scuola, qui andava a scuola mio fratello, qui abita quel parente, qui lavora quell'altro, qui andavamo a giocare, qui si è sposato l'altro fratello... Era la terza volta che mi ci portava e ogni volta l'ho vista tornare bambina, mentre mi mostrava orgogliosa il teatro della sua infanzia. La contea di Nyeri mi è sempre piaciuta per il suo paesaggio molto verde, pieno di frutteti e fiori, e l'atmosfera tipica delle campagne, dove si vive in maniera semplice e allegra, dove tutti si conoscono e i bambini giocano per la strada.
Prima di andare a pranzo da suo papà, abbiamo fatto una sorpresa a sua sorella Gladys che lavora in amministrazione nel piccolo ospedale locale. Ci ha accolte insieme a una collega nella saletta dove stavano preparando il tè che, naturalmente, abbiamo scroccato. Gladys ha cinque anni più di Peris, ma entrambe dimostrano molto meno della loro età, le donne kenyane sono stupende, hanno una pelle perfetta e ognuna esprime la propria personalità con acconciature e vestiti colorati che a loro stanno benissimo, mentre su una bianca si spegnerebbero. Si è unita a noi anche un'ostetrica in pausa e avrei voluto che ci fosse la Fra perché conoscesse una collega.Terminato il rito del tè e delle chiacchiere, siamo ripartite per la casa del padre di Peris dove lui e sua moglie mi hanno accolta come una di famiglia. Ho portato in dono una fetta di Grana Padano che è stato molto apprezzato e in cambio ho ricevuto due confezioni di foglie di tè. Mentre la moglie terminava di preparare il pranzo, il marito ci ha offerto uno spuntino a base di canna da zucchero che a ottant'anni ha abilmente sbucciato a colpi di machete in cortile. Quanto era buona! E ottimo anche il pranzo, disposto a buffet nella sala pranzo con frutta fresca dei loro alberi, riso alle verdure, spinaci e cavolo saltato per me e uno stufato di carne per loro. Ho fatto tre giri. Intanto chiacchieravamo di politca e società nei nostri rispettivi paesi.
Ci siamo fatti un po' di foto ricordo sotto il bellissimo albero di mango davanti casa, poi ci siamo salutati perché io e Peris avevamo ancora un paio d'ore di strada prima di raggiungere il lodge dove avremmo passato la notte e lei non voleva guidare con il buio.
Prima di partire, però, ci siamo fermati in fondo alla strada dove il papà ha gli alberi di banane e ne ha tagliato un grosso casco che Peris voleva portarsi a Nairobi. Mentre lo caricavamo in macchina, un gruppo di bambini che tornavano da scuola con le loro belle divise si sono avvicinati, incuriositi dalla presenza di una donna bianca. Il meno timido mi ha salutato e si è presentato, porgendomi la mano perché gliela stringessi presentandomi a mia volta. Allora tutti gli altri lo hanno imitato e ho stretto una mezza dozzina di manine prima che ripredessero sorridenti la via sterrata di casa. Che momento tenero!
Dopo due ore di viaggio e
giusto un attimo prima che il sole sparisse sotto l'orizzonte,
abbiamo parcheggiato il macchinone cigolante al Lake Ol Bolosat
Resort Lodge dove Peris ci aveva prenotato due stanze per quella
notte. Voleva provarlo perché ne aveva sentito parlare e vorrebbe
includerlo nei tour che organizza dal Khweza. Il posto è davvero
bello, immerso in un giardino fiorito che scende fino a un fiume e
circondato da alberi stupendi. I corridoi che portano alle camere si
aprono su giardinetti interni pieni di piante e fiori con le siepi
potate a forma di animali e di oggetti, come una teiera. Lo staff è
stato gentilissimo: la sorridente e accogliente signora Mary e il
signor Simon distinto come un professore, dai modi gentilissimi che
parlava anche un po' italiano. Ci hanno presentato anche lo chef
perché non c'erano opzioni vegetariane né vegane nel menù della
cena, quindi ha dovuto improvvisare per me e se l'è cavata molto
bene. Buon punteggio anche sul cibo. Rientrata in camera, ho trovato
nel letto tre borse dell'acqua calda messe sotto le coperte dalla
cameriera per riscaldarlo visto che non c'era il caminetto. L'ultima
volta che ne avevo vista una erano gli anni Ottanta, mi ha ricordato
quando da bambina la abbracciavo per farmi passare il mal di pancia.
Ho dormito benissimo in quel calduccio e la mattina dopo mi sono
svegliata presto e sono uscita a fotografare i giardini col sole.
Lodge promosso.
Avrebbe dovuto essere una vacanza tra donne, invece durante il viaggio Peris mi aveva informata che quel giorno si sarebbe unito a noi suo marito che vive e lavora da quelle parti. Non ne ero entusiasta, ma lei teneva molto a farmi vedere la casa che stanno costruendo sulle colline e poi le avrebbe dato il cambio alla guida fino a Nairobi. Quindi mi sono sforzata di non lasciar trasparire la poca simpatia che mi suscita quell'uomo perché non si è sempre comportato benissimo con la mia amica.
Prima di risalire le colline, ci siamo fermati al lago Ol Bolosat che dai racconti di Peris avevo immaginato affascinante e pieno di vita come Nakuru o Naivasha, invece si è rivelato un laghetto abbastanza insignificante e pure con parecchia spazzatura sulla riva lasciata dai pic nic dei weekend. Evitabile.
Al contrario, mi è piaciuta molto la posizione del terreno che Peris ha comprato sulle colline. Ci si arriva tramite una terribile strada sterrata piena di pietre e buche intorno alla quale sorgono diverse fattorie. Il lotto di Peris è quasi sulla cima e dal retro si gode di una bella vista sul parco Aberdare. Il marito vive lì in una casetta di legno e si occupa di coltivare cavoli, pomodori, fagioli e altre verdure che vendono e poi hanno diversi alberi da frutto. Accanto alla sua capanna provvisoria stanno costruendo la vera casa che Peris mi ha mostrato tutta fiera: il salotto col caminetto, la cucina, un grande bagno che serve la camera dei suoi figlie quella degli ospiti e poi la camera padronale con un altro bagno. È ancora lontana dall'essere terminata, ma è spaziosa e già la vedo arredata e colorata come il Khweza.Il bagagliaio dell'auto dove già c'era il caso di banane è stato riempito con sacchi di patate, frutta e rosmarino: sembrava il banco di un mercato quando siamo ripartiti per Nairobi.
È stata una corsa contro il tempo per evitare l'ora di punta e il traffico infernale della metropoli e ce l'avevamo quasi fatta quando ci ha fermati un poliziotto. Peris mi aveva già spiegato che la polizia stradale è corrotta e ferma le auto solo per spillare soldi con false multe per infrazioni inventate. Di solito evitano gli stranieri per paura di essere denunciati, ma l'auto di Peris ha i vetri oscurati e questo agente non si era accorto di me finché non ho abbassato il finestrino. Era palesemente ubriaco, con gli occhi a mezz'asta e non capivo una parola di quello che biascicava. Più o meno aveva pensato che si trattasse di un taxi abusivo e mi invitava a scendere per prenderne un altro, ma Peris e il marito gli hanno spiegato che ero una loro amica in visita. Il poliziotto sbronzo ha fatto qualche battuta che nessuno ha compreso, poi ci ha lasciati andare.
È stata una giornata lunghissima e, dopo aver salutato Peris e suo marito, sono stata ben felice di chiudermi nella mia stanza al Khweza per una bella doccia che mi togliesse di dosso la polvere delle strade. Ho cenato in santa pace sul mio terrazzo preferito perché non c'erano altri clienti a quell'ora, poi ho preparato la valigia perché il pomeriggio del giorno dopo avevo il volo di ritorno.
Ma restava ancora da spuntare una voce sulla lista delle cose da fare in questa vacanza. Ve la racconto nel prossimo post.
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