domenica 23 febbraio 2025

Aspettando i Colobos


Alle sei del mattino del secondo giorno, l'aria era fredda e limpidissima. I picchi del monte Kenya scintillavano dei colori freschi dell'alba e la foresta si animava di giochi di luce, mentre tra i rami degli alberi più alti si vedeva ancora la luna. Io, Peris e Joseph camminavamo piano per non disturbare le creature che si stavano risvegliando in quel paesaggio fiabesco. Gli uccelli si scambiavano sveglie melodiose, le scimmie facevano colazione con foglie e frutti, e nella polvere del sentiero erano impresse chiaramente orme di felini passati da poco. Ci sono i leopardi in quella foresta, ma sono piuttosto schivi, un po' come Bio quando gli zii vanno a dargli da mangiare e sparisce sotto il mio letto.

Camminavamo e facevamo foto, poi abbiamo abbandonato il sentiero per inoltrarci nell'oscurità tra gli alberi, seguendo il richiamo di qualche uccello raro di cui, come al solito, non ho capito il nome. L'aria sotto le fitte chiome era piacevolmente più tiepida che sul sentiero aperto, mi godevo il caldo abbraccio di Madre Natura che mi manca sempre nei lunghi mesi di città tra un viaggio e l'altro. Dicono tutti che nelle foto che mando mentre sono via ho un'espressione completamente diversa in viso: ringiovanisco. Infatti, mi sentivo benissimo e camminavo senza fatica avvolta nel delizioso verde rigenerante della foresta e col sorgere del sole, finalmente, potevo tenere le mani gelate fuori dalle tasche della felpa.

Dopo due ore nell'area a nord del lodge, siamo scesi al ristorante per fare colazione. Non sono abituata a mangiare molto al mattino, mi bastano caffè e pane tostato con marmellata, ma pare che in Kenya sia ritenuta un'ordinazione insufficiente perché la cameriera era sorpresa che non prendessi anche uova e salsicce o almeno, dopo averle ricordato che sono vegana, fagioli stufati e riso. No, grazie, non a colazione. Anche Peris, per tutta la settimana, ha cercato di farmi abbuffare appena sveglia, pareva una zia meridionale che se non ti vede consumare otto porzioni di tutto pensa che tu sia malato. È stata una gran fatica farle capire che in realtà io mangio più di quanto sia necessario per la mia vita sedentaria, solo in orari diversi da quelli a cui è abituata lei. Terminata la battaglia e la colazione, abbiamo abbandonato le felpe e siamo ripartite con Joseph verso un'altra zona della foresta.

Abbiamo cominciato a seguire le grosse orme lasciate dagli elefanti durante la notte e mi ha sorpreso constatare quanto si fossero avvicinati al lodge, come mi sorprende sempre l'agilità di questi enormi pachidermi: si erano fatti strada a spallate su sentieri che erano stretti perfino per una persona. I branchi avanzano con la forza, dritto dove vogliono andare, senza preoccuparsi degli ostacoli e lasciando segni sulle cortecce degli alberi dove si grattano. Uno aveva masticato una liana, Joseph ci ha spiegato che lo fanno per curarsi problemi di stomaco. Ci ha anche istruite su come comportarci in caso ci fossimo imbattute nel branco, cosa che io speravo e Peris temeva. Nel caso, avremmo avuto diverse opzioni: nasconderci in un albero cavo; arrampicarci con l'aiuto delle liane che sono estremamente robuste, abbiamo usato Peris per testarne la resistenza; mantenere il contatto visivo con l'elefante in testa al gruppo e allontanarsi lentamente all'indietro, senza voltargli le spalle, per poi girare intorno al branco con un'ampia curva in modo da spostare il nostro odore al di fuori del loro percorso perché non si sentano più minacciati. Mai urlare o scappare di corsa, per quanto istintiva è la reazione più sbagliata di fronte a un animale selvatico di qualsiasi tipo perché lo induce a rincorrerti e attaccarti. Riguardo l'arrampicarsi su un albero, su un ramo potrebbe esserci un leopardo, ma sarebbe comunque la scelta più sicura rispetto all'affrontare l'elefante perché i leopardi sono pericolosi a terra, quando sono sugli alberi sono sazi e stanno riposando, quindi ci ignorerebbero.


Joseph ci indicava le diverse specie di alberi, la loro funzione nella foresta e gli usi che si potevano fare delle loro cortecce e foglie. Alcune piante mi erano familiari perché le avevo già incontrate in Indonesia, d'altra parte sono tipiche della fascia tropicale, ma mi stupisce lo stesso trovarle identiche a un oceano di distanza. Ho riconosciuto la magnolia dal profumo, questa varietà selvatica fa piccoli fiori bianchi e frutti rotondi simili a coriacei pomodori verdi, ma le sue radici non vanno molto in profondità così il vento finisce per buttare giù l'albero quando raggiunge una certa altezza. Il Fico si appoggia ad altri alberi e fa crescere le sue radici gettandole giù dai rami come la treccia di Raperonzolo. Gli alberi parassiti come questo diventano talmente grossi che i loro ospiti alla fine crollano e cadono insieme, muoiono insieme, tornando a nutrire la foresta dal suolo.

Procedevo tenendomi in fondo alla fila, contemplando la bellezza intorno a me, respirando i profumi dei diversi legni, fotografando le felci giganti e le liane che adornavano gli alberi come festoni, ed evitando le cacche dell'elefante con problemi di stomaco. Il fogliame tanto rigoglioso che ci riparava dal sole ormai rovente rendeva però difficile scattare foto nitide delle scimmie accomodate sui rami più alti, di cui potevamo solo sentire i versi. Tuttavia, l'importante era osservarle e ascoltarle. Tra le diverse specie presenti sul Monte Kenya, c'erano le scimmie Colobine che, narra l'uomo che conversa con la foresta, sono strictly vegetarian, mentre le altre non disdegnano nutrirsi anche di insetti o piccoli animali. Sono vegane come me, sorelle di dieta! E in inglese le chiamano Colobos che è quasi Colombo, no? Volevo assolutamente incontrarle e fotografarle, ma erano difficili da avvistare: piccole su alberi enormi, bianche e nere in una foresta di luci e ombre. Joseph, però, mi ha detto che la sera se ne potevano trovare sugli alberi davanti alla collina dove sorge il lodge. Avevo un appuntamento al tramonto.

Intanto si era fatta l'una e la nostra escursione volgeva al termine perché ormai faceva troppo caldo e comunque eravamo in marcia dall'alba. Da Joseph abbiamo appreso un sacco di nozioni e curiosità, si è ben meritato la sua mancia. Al ristorate del lodge, io e Peris ci siamo rinfrescate con una bella birra in attesa del pranzo, il servizio in Africa ha sempre i suoi tempi. A differenza della giungla indonesiana, in Kenya il clima è così secco che dopo aver camminato per ore nella foresta non ero neanche sudata. Le nostre scarpe invece facevano schifo così, dopo pranzo, Peris ha chiesto un secchio d'acqua alla reception, le ha lavate con uno straccio e messe ad asciugare al sole, mentre io trascrivevo sul computer gli appunti della giornata e scaricavo le foto.

Alle cinque e mezza, siamo scese dalla collina verso la foresta perché volevo incontrare le mie amiche Colobine. Siamo rimaste lì sedute in attesa, Peris con il binocolo e io con la macchina fotografica pronta, scrutando la linea degli alberi per cogliere movimenti nelle chiome. Agli altri ospiti de lodge e ai membri dello staff che ci passavano alle spalle sul sentiero e ci chiedevano cosa facessimo sedute nell'erba, rispondevamo: -Waiting for Colobos.-

Il sole cominciava a calare insieme al mio entusiasmo, delle mie amichette nessuna traccia e dopo un breve, ma sfavillante tramonto, mi sono arresa.

Sono spuntate le stelle, il caminetto è stato acceso, abbiamo chiacchierato preparando le valigie per la partenza del mattino dopo e ci siamo augurate a vicenda lala salama, dormi bene. 

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