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Il casotto per noi |
Per
festeggiare un nuovo giro del pianeta intorno al Sole, questa volta
io e il TdC abbiamo scelto un rifugio di montagna. Dopo anni di
cenoni con gli amici a Monza e un'avventura nella storia e nei colori
di Napoli, abbiamo deciso di trascorrere l'ultima notte del 2015
lontano dalle città, in cerca di aria pulita e di una festa in stile
montanaro al rifugio Griera, a poco più di 1700 metri sul versante sud del Monte Legnone.
In realtà, i posti letto
erano già tutti prenotati, così Serena, proprietaria di questo bell'angolino panoramico, ci ha sistemati in un bivacco poco lontano. Il casotto non ha né bagno né riscaldamento, ma con i
sacchi a pelo invernali e abbastanza vino in corpo non sarebbe stato
un problema.
Lasciata
l'auto poco sopra Pagnona, ci siamo incamminati sulla mulattiera che
in due ore e una ventina di tornanti conduce al rifugio,
attraversando un bosco di faggi. Ora, sapete bene che io e lo sport
siamo nemici da sempre, così questa camminata, semplice per chiunque
sia abituato a un po' di movimento, è stata per me una sfida
infernale. Non è una salita ripida e l'insolito clima mite di questi
mesi l'ha tenuta libera da neve e ghiaccio, eppure è stata
devastante per i miei muscoli dimenticati, per i miei polmoni di
città e per le spalle disabituate al peso di uno zaino inadatto al
trekking.
Sì,
mi avete vista attraversare a piedi giungle tropicali per giorni
interi di cammino senza lamentarmi, ma la montagna non è la stessa
cosa. Nebbia e nuvole basse non mi hanno nemmeno concesso la
distrazione del panorama, aumentando disagio e fatica per gran parte
del percorso.
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Avvicinandosi al tramonto |
A pochi tornanti dal rifugio, però, il bosco si è
aperto su un cielo limpido al di sopra delle nubi, giusto in tempo
per regalarci lo spettacolo dell'ultimo tramonto dell'anno. Le cime
intorno a noi sembravano prendere fuoco e galleggiare come isole su
un mare di nebbia. Ci siamo fermati a fotografare quel paesaggio che
cambiava forma rapidamente come il cielo cambiava colore. Contemplare
un panorama fiabesco mi ha fatto riprendere fiato. Rimaneva da
affrontare l'ultimo tratto che è il peggiore perché, quando vedi le
finestre illuminate del rifugio sopra di te e pensi che ormai manchi
poco, i tuoi sforzi diventano inutili. Come in quegli incubi in cui
corri per raggiungere qualcosa o fuggire da qualcosa e resti fermo,
così mi sembrava di camminare all'infinito senza avvicinarmi
all'obiettivo. Farà sorridere i veri camminatori, ma io ero davvero
stremata quando ci siamo fermati a dare uno sguardo al casotto dove
avremmo passato la notte e il rifugio distava ancora un paio di
tornanti. Il TdC mi ha vista talmente in debito d'energia che ha
portato il mio zaino per quegli ultimi terribili metri. Quando
finalmente siamo giunti alla porta del Griera, mi sentivo come se
avessi scalato l'Everest. Sono ufficialmente una sfigata.
Salutata
Serena, un maschiaccio dal forte accento bergamasco che era al lavoro
in cucina, ci siamo dati una ripulita e ci siamo cambiati, prima di
raggiungere gli altri ospiti nella sala. I nostri compagni di
festeggiamento erano un gruppo di ventiquattro membri di un'associazione di nordic walking, un trio di coraggiosi arrivati in mountain bike e tre
ragazzi che avrebbero condiviso il casotto con noi.
Il rifugio era piccolo e caldo e ci siamo concessi una merenda a base di tè e torte
fatte in casa, mentre un gattino grigio girava tra le sedie facendosi coccolare da tutti. Scaldati e rifocillati, abbiamo iniziato a fare la conoscenza dei nostri compagni. Pronti a trascorrere con
noi la notte nel bivacco c'erano Angela, Clara e Riccardo, amici
appassionati di montagna e, per nostra fortuna, simpaticissimi.
Angela è la più esuberante e, come il TdC, attacca bottone con
chiunque senza problemi entrando subito in confidenza con l'intera
brigata.
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La tavolata del Cucù |
In attesa del cenone, alcuni dei ventiquattro ci hanno
invitati a giocare a Cucù. Ora ve lo spiego così potete giocare anche voi.
Per partecipare, ogni
giocatore versa un euro che va a formare il montepremi finale e riceve in cambio cinque fiches. Da un normale mazzo da
quaranta carte, il mazziere distribuisce una carta ciascuno da tenere
coperta. Lo scopo di ogni mano è non rimanere con la carta più
bassa del tavolo, così il primo giocatore guarda la propria e, se ha
un numero basso, la scambia con il giocatore successivo, senza
mostrarla. Chi riceve la carta sa quale ha ceduto in cambio, di conseguenza
può decidere se passarla nuovamente al compagno successivo o
tenersela, se più alta della precedente. Il
ricevente non può rifiutare lo scambio, a meno che non abbia un re.
In quel caso, dice cucù ed è salvo. Il turno passa al giocatore successivo e il giro di scambi
termina al mazziere che può selgiere di scambiare la propria con altra pescata dal mazzo. A quel punto si scoprono le carte, chi ha la più
bassa paga con una fiche e si ricomincia con nuove carte. Chi esaurisce le fiche esce dal gioco e così via, finché l'ultimo
rimasto vince il malloppo versato all'inizio. Dopo i primi giri, la
competizione cominciava a farsi sentire e, tra strategie, sguardi di
fuoco, imprecazioni e risate, siamo arrivati alla sfida a due: Angela
contro il TdC che, alla fine, ha intascato gli undici euro di montepremi con la
fortuna del principiante.
Alle otto, divisi
in tre grandi tavolate, ci siamo dedicati a un cenone così ricco che
eravamo già sazi dopo antipasti e primi. Il vino scorreva tra
chiacchiere e racconti. Mi ha ricordato un po' l'Oktoberfest, dove si
condividono i tavoli con sconosciuti che in breve diventano amiconi.
Il tempo è volato tra cali di tensione che lasciavano la sala al
buio, applausi a Serena e ai suoi collaboratori, foto di gruppo,
scherzi; è volato tra i cappellini piumati e luminosi delle signore
del nordic walking, le cravatte di lustrini dei loro mariti e battute
sulla nostra notte al bivacco senza luce né riscaldamento.
L'alternativa era rimanere a dormire nel salone dopo la festa, ma non
volevamo doverci alzare presto per far spazio alla colazione.
La
tradizione del rifugio vuole che alle 23,30 tutti gli ospiti firmino
la nuova bandiera italiana che viene issata sull'asta il primo
mattino di ogni anno. Per un anno intero, i nostri nomi sventoleranno
sotto il Legnone, celebrando anche la mia impresa di salire lassù.
Verso
mezzanotte, Serena ha acceso la radio per sentire il conto alla
rovescia. Tre... due... uno... brindisi! Grida di auguri, baci e
strette di mano si rincorrevano intorno a fette di panettone e
biscotti fatti in casa. Siamo usciti a guardare i fuochi artificiali
che si levavano in lontananza dal Lago di Como e le stelle che
riempivano il cielo terso.
La
festa è continuata con balli e grappe, ma a un certo punto io e
Clara ci siamo arrese e siamo scese per prime al casotto, illuminando
il sentiero con le torce. Per mia fortuna, Sabina, collega del TdC
che ha fatto trekking dall'Himalaya alla Lapponia, mi ha prestato un
sacco a pelo fantastico. Sono stata l'unica a non aver bisogno
dell'aggiunta di coperte. Grazie!
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I nostri letti al mattino |
Credo di essermi addormentata di
colpo, ubriaca e stremata. Intorno alle due, però, sono arrivati gli
altri e, a sorpresa, con loro c'erano i tre ciclisti. Inizialmente,
avrebbero dovuto alloggiare all'altro bivacco, più piccolo, ma
dotato di caminetto. Il problema è che, accesso il fuoco, la trave
sopra il camino ha cominciato a bruciare riempiendo la stanza di
fumo. Così, Serena li ha dirottati da noi, visto che c'era qualche
posto libero lasciato da rinunciatari dell'ultimo momento. Le
lamentele dei tre mi hanno tenuta sveglia per un po', ma il resto della
notte è trascorso abbastanza tranquillamente, a parte le ventate
gelide che arrivavano dalla porta quando qualcuno usciva per fare
pipì. Nel dormiveglia mi sono accorta della luce dell'alba che
entrava dall'unica finestrella ed ero tentata di uscire a fare un
paio di foto, ma mi sono girata e riaddormentata in un attimo.
I
ciclisti se ne sono andati per primi, senza nemmeno salutare. Noi cinque, invece, ci siamo alzati ben oltre
le dieci, perdendoci il rito della nuova bandiera messa all'asta.
Riordinato il bivacco e preparati gli zaini, siamo saliti di nuovo al
rifugio per la colazione con le ottime marmellate preparate da
Serena.
Il gruppo dei camminatori era già pronto alla discesa,
mentre Angela, Clara e Riccardo stavano pensando di salire in cresta
al Legnone, per me assolutamente fuori discussione. Ci siamo
scambiati indirizzi mail e numeri di telefono, abbracci, auguri e saluti, ed
era ormai mezzogiorno quando il TdC e io abbiamo ripreso il sentiero.
Scendere mi è pesato molto meno anche se continuavo a maledire il
mio zaino. Dal cielo azzurro sopra il Griera, siamo tornati alla
foschia delle valli e, infine, in città. Malgrado l'incubo della
salita, ma l'avevo messo in conto, sono contenta di aver passato il
Capodanno in questo modo, diverso dalle solite feste cittadine. Anche
se siamo stati fuori solo una notte, è stato bello allontanarsi,
partire, come quando andiamo in viaggio. In fondo, io e il TdC
insieme stiamo bene dappertutto.
Felice
2016!
P.s. L'album delle foto è nella lista delle Foto de passacc con il contributo degli scatti di Riccardo!