Per quanto ci manchino gli affetti di casa,
desideriamo essere abbandonate nella giungla. Dobbiamo assolutamente tornare è diventato il mantra della giornata. Alla fine, però,
abbiamo dovuto chiudere le valigie e restituire le chiavi delle
nostre belle camere con vista sulla foresta.
L'appuntamento
con la Rimba King al molo è alle 17.00 e, come sempre, siamo in
anticipo perciò andiamo all'ufficio del lodge a comprare spille e cartoline, dando un altro piccolo contributo alla conservazione del
parco. Lasciamo anche alla responsabile alcuni pacchetti di matite
nuove che ci eravamo portate da casa perché li faccia avere ai
bambini di qualche villaggio o a una scuola, da
queste parti sono di certo più utili che nelle località turistiche.
Tornando
verso il fiume, notiamo che l'ingresso del lodge è addobbato a festa
e il personale in tenuta elegante.
Eros ci spiega che sta per
arrivare un gruppo di americani ospiti di Biruté Galdikas.
«E
c'è anche lei?»
chiediamo eccitate «Biruté sta venendo qui?»
«Sì,
ma non si sa bene a che ora.»
Ci
pensate? Io che stringo la mano a Biruté Galdikas, macché,
l'abbraccio senza vergogna!
Ci siamo sedute sul
molo ad aspettarla insieme agli altri. Intanto, i due ragazzi
che in questi giorni si sono presi cura di noi servendoci i pasti in
barca, aiutandoci a salire e scendere, porgendoci la mano per saltare
da un ponte all'altro quando il nostro klotok si fermava in doppia
fila ai piccoli moli sul fiume, stavano già imbarcando le nostre
valigie.
I minuti passano a decine e, purtroppo, non si vede arrivare la barca di Biruté, ma non possiamo ritardare
la partenza. Dovendo trascorrere l'ultima notte a Pangkalan Bun (il volo per Bali è la mattina presto) ci aspettano due ore di klotok fino a
Kumai e poi una ventina di minuti in auto, quindi ci dispiace anche
per l'equipaggio che deve accompagnarci. Niente, si vede che non
era destino, questa volta.
Prendiamo
posto nel nostro salottino di vimini sul ponte e navighiamo verso un
tramonto che si fa sempre più spettacolare. A un certo punto
incrociamo un klotok fermo dietro un'ansa e lo superiamo lentamente.
Sul ponte c'è un gruppo di persone intorno a un grande tavolo e
sulla sedia che ci dà le spalle c'è una donna che per corporatura,
abbigliamento e capigliatura ci ricorda proprio Biruté. Che sia
davvero lei con i suoi ospiti? Come d'abitudine tra due imbarcazioni
che si incrociano, i passeggeri ci salutano, compresa la signora e
noi ricambiamo. A vederla in viso mi sembra più giovane di Biruté,
eppure mi resta il dubbio. Feddi ha ripreso il passaggio accanto alla
barca, ma dura pochi istanti e non si vede bene. Poco dopo averli
superati, Eros sale per dirci che quello era effettivamente il gruppo
di ospiti atteso al lodge, ma che Biruté non era tra loro, anzi,
sarebbe arrivata l'indomani. Non saprò mai se l'ha detto solo per
consolarci sapendoci deluse per il mancato incontro, ma, nel caso
quella signora fosse stata la leggendaria primatologa, almeno posso
dire che ci ha salutato.
L'ultimo
tramonto sulla nostra avventura in Kalimantan è meraviglioso, pieno
di colori che fanno risaltare il profilo nero della giungla di cui
siamo innamorate e che ci ha dato tanto da ricordare. Le
nuvole prendono forme fantasiose e gli uccelli ci volano in mezzo,
mentre il sole, nascosto dagli alberi, lancia pennellate di colori
scintillanti per tutto il cielo.
Spunta la luna e il buio avanza sul
fiume avvolgendo la nostra barca. Sulle sponde, compaiono sciami di
lucciole a illuminare la foresta come fosse un bosco di alberi di
Natale. È tutto splendido, ma noi siamo un po' tristi perché stiamo
andando via e continuiamo ripensare a quanto è bello ciò che abbiamo vissuto in questi giorni.
Alle sette l'oscurità
è totale, ci sono solo i deboli fari del klotok a disegnare una
striscia di luce sulla riva, seguendo le curve del fiume. Penso agli
orangutan che a quest'ora stanno costruendo i nidi per la notte e mi
torna in mente il racconto di Eros su come tutto sia collegato: le
fronde strappate per fare i nidi lasciano passare la luce del sole
attraverso l'ombrello della foresta ed è così che le piante più
giovani e basse ricevono la luce necessaria a crescere. La natura
pensa proprio a tutto, peccato che l'interferenza dell'uomo rischi di
inceppare irrimediabilmente questo meccanismo perfetto.
Ci
accorgiamo che andiamo incontro al mare perché vediamo mutare
la vegetazione intorno a noi e il Sekonyer si allarga fino a
spalancarsi nella baia di Kumai. Ci stiamo lasciando la giungla alle
spalle e siamo ancora più tristi. Salutiamo gli alberi, la pioggia,
le Nasica, le farfalle, i macachi, gli uccelli, i gatti, gli
splendidi orangutan e già ne sentiamo la mancanza. Le nostre camere
al lodge andranno a qualcun altro e invidio le mie scarpe che sono
rimaste là.
All'imbocco
della grande baia di Kumai le luci del paese in lontananza sono tutte in fila
davanti a noi, ma ci accorgiamo che smettono di avvicinarsi.
«Siamo quasi arrivati, ma Eros aveva detto che avremmo cenato in barca o
ricordo male?»
«Anch'io
avevo capito così, però è tardi, forse ceneremo in hotel.»
Siamo
sedute sulle nostre poltrone al buio e speriamo di non sbarcare mai, anzi, vorremmo invertire la rotta e tornare indietro, restare ancora un po' in paradiso. Da sotto non
giungono né voci né rumori che ci diano un indizio, non
capiamo bene se siamo fermi o andiamo pianissimo, il motore è al
minimo. Prendo il quaderno dallo zaino, accendo la luce e mi metto al
tavolo a trascrivere qualche pensiero, quando d'un tratto odo un suono familiare: «Ragazze,
sento friggere!»
«Forse
è la cena per loro.» L'equipaggio era in pieno Ramadan, dunque
mangiava solo dopo il tramonto.
Confuse, ci raduniamo
intorno alla tavola, aspettando che, finito di cenare, il capitano
faccia rotta verso il paese e magari chiederemo l'ultimo caffè a bordo. Poi sentiamo l'inconfondibile: «Rumore di
posate!» e finalmente Eros e i
ragazzi arrivano dalla scala con i piatti in mano.
Sembravamo
quattro vagabonde che non vedevano un pasto da mesi. Oh sì, la
nostra ultima cena nel Borneo doveva essere in barca e ci è tornato
il sorriso.
Più
tardi, al molo privato da cui eravamo partite giorni prima, chiediamo
di radunare un attimo l'equipaggio perché desideriamo ringraziare
tutti per averci accompagnate in questa avventura con tante premure,
ma senza mai essere invadenti. Il
capitano, la cuoca e i due giovanissimi marinai erano sorpresi di
essere inclusi nei ringraziamenti, evidentemente per i comuni turisti
sono semplici comparse nel film della loro vacanza, mentre noi
Cavallette siamo sempre attente a chi si prodiga per noi, ci
imbarazza farci portare le valigie, aiutiamo a sparecchiare,
arriviamo in anticipo per non farci attendere e ci piace mostrare che
apprezziamo il loro lavoro. Eros
è stato una buona guida, sempre sorridente, preparato quando gli
facevamo domande e pronto quando avevamo qualche richiesta, ma non ci
ha mai annoiate con lunghi spiegoni né ci ha costrette in un
programma serrato, ha seguito i nostri ritmi e ci ha lasciato i
nostri spazi. Abbiamo avuto un trattamento eccellente e
tenevamo molto a dirglielo, consegnando a ognuno una busta con un
messaggio e una piccola mancia.
Sbarchiamo
e i nostri bagagli vengono trasferiti su una monovolume con autista
diretta all'hotel dove avevamo pranzato all'arrivo, un albergo di
lusso dove, al solito, siamo le peggio vestite. La nostra guida ci
scorta alla reception e sbriga le formalità per noi, gli chiediamo
anche di farci avere un asciugacapelli, nella giungla non valeva la
pena lavarseli, ma era giunto il momento di riprendere un aspetto
decente. Scopriamo che Eros passerà la notte in città e verrà a
prenderci il mattino dopo per accompagnarci in aeroporto, mentre
credevamo di dover prendere un taxi: disponibile proprio dal primo
all'ultimo istante. Ci affida al personale dell'hotel e ci dà
appuntamento per le 6.30, sapendo che ci troverà pronte, come
sempre.
Un
fattorino, ci carica le valigie in ascensore e ci manda al terzo
piano. Quando si aprono le porte, lo troviamo già lì: ma come
diavolo ha fatto tre piani in cinque secondi? «Ma
no, è un altro che gli somiglia»
rispondo alle ragazze perché mi pare impossibile pure per Bolt,
eppure sembra proprio lo stesso uomo. L'arcano si svelerà il mattino
dopo quando, scendendo con la mia valigia, premo lo zero e mi trovo
nel seminterrato in una sala per karaoke: l'ingresso al livello della
strada è in realtà il secondo piano perché più in basso ci sono
il giardino e il ristorante e ancora sotto il karaoke e il centro
benessere. Allora sì, era lo stesso uomo che è salito di un piano soltanto.
Al
piccolo aeroporto di Pangkalan Bun, salutiamo Eros e ci si spezza il
cuore a prendere l'aereo che ci porterà via da questo paradiso. Selamat tinggal, arrivederci, meraviglioso Kalimantan!
Speriamo di essere state buone ospiti di Madre Natura e ce ne andiamo arricchite da tutti i suoi doni, comprese le persone gentili che ci hanno tenuto per mano attraverso questa indimenticabile esperienza. Lasciatemi anche dire che sono molto orgogliosa delle mie ragazze che l'hanno apprezzata pienamente e ci si sono immerse senza indugi o pregiudizi, senza mai lamentarsi del caldo o di fare pipì su una barca in movimento. Sono fortunata, ho delle amiche speciali: allegre, sensibili, generose, divertenti, curiose e intelligenti... come appare chiaro dalle loro espressioni in questa foto.
Speriamo di essere state buone ospiti di Madre Natura e ce ne andiamo arricchite da tutti i suoi doni, comprese le persone gentili che ci hanno tenuto per mano attraverso questa indimenticabile esperienza. Lasciatemi anche dire che sono molto orgogliosa delle mie ragazze che l'hanno apprezzata pienamente e ci si sono immerse senza indugi o pregiudizi, senza mai lamentarsi del caldo o di fare pipì su una barca in movimento. Sono fortunata, ho delle amiche speciali: allegre, sensibili, generose, divertenti, curiose e intelligenti... come appare chiaro dalle loro espressioni in questa foto.
Come
ha detto Feddi, lasciare la giungla è stato come svegliarsi da un
bel sogno e poi scoprire che si poteva dormire ancora un po' perché
eravamo dirette a Bali. Sapevamo che, dopo essere state così bene in
mezzo alla natura, nessun altro luogo avrebbe retto il confronto, ma
era sempre meglio che tornare a casa.
Qui
trovate le ultime foto dal Kalimantan, ma il viaggio continua nei
prossimi post.
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