Con Atik avevo pensato di andare a White Sand Beach, vicino a Padangbai, fare un po' di snorkeling tra i pesci della barriera corallina poco lontana dalla riva, pranzare, e poi proseguire per Virgin Beach, poco fuori Candidasa, infine tornare a Ubud per cena. Avevo voglia di nuotare e mostrarvi due spiagge tropicali degne delle fantasie su questi luoghi, al contrario di Seminyak.
Il destino, però, si è messo di traverso in ogni modo.
Il destino, però, si è messo di traverso in ogni modo.
Prima di raccontarvelo, mi concedo una parentesi di ricordi sulle due cittadine che fanno da riferimento sulla mappa di Bali. Padangbai è un grazioso paesino di pescatori sorto intorno a un porto commerciale dal quale partono i traghetti per Lombok e per le isole Gili. Ripenso alla manciata di giorni trascorsi sette anni fa sulla minuscola Gili Meno e credo di non aver mai più provato la stessa sensazione di isolamento e lontananza dal mondo. Un'intensa esperienza da eremita che un giorno mi piacerebbe rivivere. Candidasa, invece, mi fa tornare in mente una sciocchezza, il cartello esposto in un bar dove ci fermammo a bere: Men, no shirt no service. Women, no shirt free drink. (Uomini, niente maglietta niente servizio. Donne, niente maglietta drink in omaggio.)
Siamo partite la mattina presto per evitare traffico e caldo. In motorino da Ubud a Padangbai ci vuole un'ora e mezza abbondante, però si passa attraverso scorci di paesaggio molto belli.
Filava tutto liscio finché, a un certo punto, ci siamo imbattute in un matrimonio: cento persone in abiti tradizionali tra invitati e musicisti con gli strumenti in mano che attraversavano la strada in tutta calma, mentre auto e motorini rimanevano in paziente attesa per non disturbare la processione. Bello da vedere un minuto, cinque minuti, poi qualcuno ha cominciato a suonare il clacson, qualcun altro si è infilato tra un invitato e l'altro riuscendo a sgusciare dall'altra parte, i motori rombavano sempre meno pazienti. L'ultimo ad attraversare la strada ha rischiato l'investimento.
Credo che in tutta l'isola di Bali, esclusa la zona turistica di Kuta, esistano soltanto tre semafori e li abbiamo presi tutti rossi. Non sarebbe stato un problema se quei tre non mi avessero fatto ripensare al semaforo comunista di Stefano Benni: tredici minuti di rosso e quattro secondi di verde. Non ricordo in quale suo libro l'abbia scritto, ma leggerlo mi aveva fatto ridere, provarlo sulla strada un po' meno.
Finalmente ci stavamo avvicinando a Padangbai quando, a pochi chilometri da White Sand Beach, abbiamo trovato un camion fermo. Sorpassato quello con grande cautela perché la strada era stretta e curvava cieca, ce n'era un altro, e dietro la curva ce n'era una fila della quale non si vedeva la fine. I motori erano spenti e i camionisti stavano sdraiati sull'asfalto all'ombra dei propri mezzi. La circolazione nel nostro senso di marcia era completamente bloccata. Ci siamo fermate a chiedere cosa stesse succedendo e ci hanno spiegato che c'era un problema al porto per cui i traghetti che avrebbero dovuto caricare il contenuto dei camion erano fermi. Se quella era la fila per i moli, era lunga almeno cinque chilometri, troppi da percorrere contromano anche per un balinese. Così abbiamo fatto inversione e ci siamo dirette a Virgin Beach.
Lungo la strada, che sale in collina per poi scendere avvolta in tornanti verso il mare, mi sono fermata a fotografare il panorama con questo bel cielo azzurro.
La via d'accesso alla spiaggia non è facile da trovare perché mal segnalata e i miei punti di riferimento erano un po' vaghi perché l'ultima volta ci sono stata cinque anni fa. Atik, però, è andata a botta sicura giù per la discesa giusta e finalmente siamo arrivate. Non ci pareva vero di scendere dal motorino, sembrava di dover imparare di nuovo a stare in piedi e camminare. A risvegliare i muscoli, comunque, ha pensato il sentiero che dal parcheggio prosegue in ripida discesa tra gli alberi, pieno di rocce e buche che inghiottirebbero una persona. Alla fine, eccola: Virgin Beach! La ricordavo proprio bella com'è ancora, una piccola mezzaluna chiusa tra scogliere nere e con un mare che sembra dipinto con grande cura e ogni tonalità del blu e del verde. Tranquilla, pulita, con qualche bar e ombrellone, ma anche una zona libera appena oltre le barche dei pescatori. Prima di tuffarmi per raggiungere la barriera corallina e ritrovarmi troppo bagnata e impanata di sabbia per maneggiare la macchina fotografica, ho scattato qualche foto a quel paesaggio da cartolina. Ero contenta per il lieto fine di una mattinata sfortunata, ma la mia gioia si è rivelata prematura perché nel giro di dieci minuti il cielo è diventato così:
Sì, è arrivato un bel temporale. Fine della giornata al mare e di nuovo in sella al motorino. Quando siamo rientrate esauste a Ubud, ovviamente, splendeva il sole.
MINI ALBUM DI VIRGIN BEACH
La sera sono uscita a cena un po' più tardi del solito. Dopo aver provato in questi giorni tutti i piatti indonesiani possibili, compatibilmente col mio mangiar strano, avevo voglia del buon vecchio nasi goreng, riso saltato con verdure e spezie. Al momento di ordinare, la cameriera mi informa che il riso è finito. Senza riso a Bali, dove le risaie sono state dichiarate patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Cos'è? Uno dei segni dell'Apocalisse?
Decisamente una giornata storta al punto di diventare comica. Infatti, me ne sono andata a dormire ridendo di tutto questo. Domani è un altro giorno, Rossella.
Filava tutto liscio finché, a un certo punto, ci siamo imbattute in un matrimonio: cento persone in abiti tradizionali tra invitati e musicisti con gli strumenti in mano che attraversavano la strada in tutta calma, mentre auto e motorini rimanevano in paziente attesa per non disturbare la processione. Bello da vedere un minuto, cinque minuti, poi qualcuno ha cominciato a suonare il clacson, qualcun altro si è infilato tra un invitato e l'altro riuscendo a sgusciare dall'altra parte, i motori rombavano sempre meno pazienti. L'ultimo ad attraversare la strada ha rischiato l'investimento.
Credo che in tutta l'isola di Bali, esclusa la zona turistica di Kuta, esistano soltanto tre semafori e li abbiamo presi tutti rossi. Non sarebbe stato un problema se quei tre non mi avessero fatto ripensare al semaforo comunista di Stefano Benni: tredici minuti di rosso e quattro secondi di verde. Non ricordo in quale suo libro l'abbia scritto, ma leggerlo mi aveva fatto ridere, provarlo sulla strada un po' meno.
Finalmente ci stavamo avvicinando a Padangbai quando, a pochi chilometri da White Sand Beach, abbiamo trovato un camion fermo. Sorpassato quello con grande cautela perché la strada era stretta e curvava cieca, ce n'era un altro, e dietro la curva ce n'era una fila della quale non si vedeva la fine. I motori erano spenti e i camionisti stavano sdraiati sull'asfalto all'ombra dei propri mezzi. La circolazione nel nostro senso di marcia era completamente bloccata. Ci siamo fermate a chiedere cosa stesse succedendo e ci hanno spiegato che c'era un problema al porto per cui i traghetti che avrebbero dovuto caricare il contenuto dei camion erano fermi. Se quella era la fila per i moli, era lunga almeno cinque chilometri, troppi da percorrere contromano anche per un balinese. Così abbiamo fatto inversione e ci siamo dirette a Virgin Beach.
Lungo la strada, che sale in collina per poi scendere avvolta in tornanti verso il mare, mi sono fermata a fotografare il panorama con questo bel cielo azzurro.
Sì, è arrivato un bel temporale. Fine della giornata al mare e di nuovo in sella al motorino. Quando siamo rientrate esauste a Ubud, ovviamente, splendeva il sole.
MINI ALBUM DI VIRGIN BEACH
La sera sono uscita a cena un po' più tardi del solito. Dopo aver provato in questi giorni tutti i piatti indonesiani possibili, compatibilmente col mio mangiar strano, avevo voglia del buon vecchio nasi goreng, riso saltato con verdure e spezie. Al momento di ordinare, la cameriera mi informa che il riso è finito. Senza riso a Bali, dove le risaie sono state dichiarate patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Cos'è? Uno dei segni dell'Apocalisse?
Decisamente una giornata storta al punto di diventare comica. Infatti, me ne sono andata a dormire ridendo di tutto questo. Domani è un altro giorno, Rossella.
A volte sono proprio giornate come queste che rimangono per sempre nei nostri ricordi! Questo è il bello della vita!
RispondiEliminaVero. Se andasse tutto troppo liscio non sarebbe un'avventura.
EliminaMa Simo!!! Ti avevo detto che per le risaie e il riso è meglio che ti affidi a noi vercellesi :-P
RispondiEliminaHai ragione, ti ho pensata quando mi han detto che il riso era finito :D
Elimina