martedì 8 settembre 2015

Avorio: un'altra canzone sull'indifferenza

Come ogni mese, trovo nella posta il nuovo numero di National Geographic e non vedo l'ora di tuffarmi in foto d'autore e articoli scritti con la forza e la poesia di romanzi storici.
La copertina è dedicata a un'inchiesta sul traffico di avorio e nell'editoriale, che riporto qui sotto, il direttore spiega di cosa si tratta.
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Se non vi frega degli elefanti (ed è così finché non vi appassionate, per un paio di giorni, agli animali che hanno un nome come Cecil e, a questo punto, basta dare un nome a tutti gli animali così vi indignate e protestate), pensate al fatto che questi traffici finanziano guerre e terrorismo. 

Anche di questo, però, non vi frega molto perché le guerre sono in Paesi che non sapete nemmeno rintracciare con Google Maps sul vostro bel telefono. Temere il terrorismo va un po' più di moda, ma tanto, quando avete scoperto che Isis non è una nuova tassa, ma solo un'organizzazione di fanatici assassini, vi siete sentiti sollevati perché basta non andare in ferie dove mettono le bombe.

Allora pensate al livello successivo: la gente che fugge da quelle guerre e dai terroristi è proprio quella che arriva in Europa con i famigerati barconi e viene sotto casa vostra, chiedendo aiuto. Adesso sì, protestate e vi indignate perché "Non si può, tutti questi negri e arabi nel quartiere. È una vergogna!".

Mi spiace, dovevamo pensarci prima. Almeno centomila elefanti fa.

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