domenica 28 agosto 2022

Anche le donne sono fatte per viaggiare


Su consiglio del TdC (ebbene sì, anche quelli di Cinisello sanno leggere) ho comprato questo interessantissimo ebook. Il titolo italiano è "Donne in viaggio. Storie e itinerari di emancipazione" ma quello originale è decisamente più rappresentativo di ciò che Lucie Azema vuole raccontarci e spiegarci: "Les femmes aussi sont du voyage" ossia anche le donne viaggiano.

Questa lettura mi ha fatto riflettere molto sui limiti che storicamente sono stati imposti alle donne rispetto al viaggio. L'uomo parte alla scoperta del mondo (spesso per anni interi), la donna aspetta a casa con i figli, questi erano i ruoli. Così la maggior parte della letteratura di viaggio è stata scritta da uomini e i luoghi lontani che racconta sono descritti dal punto di vista maschile e, in particolare, del maschio europeo conquistatore. Le donne potevano aspirare al massimo al compito di accompagnatrici (mogli, figlie, cameriere, segretarie) o di figure sullo sfondo dei racconti, come elementi decorativi esotici al pari di oggetti d'artigianato locale o piatti tipici. 

L'esplorazione ci è stata dunque raccontata a metà e uno degli esempi riportati dall'autrice riguarda la descrizione di un harem: gli uomini fantasticavano su questo luogo segreto a cui non avevano accesso immaginandolo come stanze lussuose piene di donne bellissime adornate da gioielli e profumi che non desideravano altro che soddisfare gli uomini; poi Marga d'Andurain, avventuriera francese, viene rinchiusa nell'harem del vicegovernatore di Gedda e racconta come fosse in realtà, cioè un misero tugurio in cui le donne, spesso vestite di stracci, erano confinate ad accudire i bambini. 

Secoli di limitazioni hanno alimentato nelle donne stesse pregiudizi e paure perché a furia di sentirsi ripetere che non erano fisicamente adatte al viaggio, che per loro era sconveniente e pericoloso, che le avventuriere erano donnacce o malate di mente, la voglia di partire un po' ti passa, no?

Invece, Lucie Azema mi ha fatto conoscere tante donne esploratrici che hanno ignorato gli avvertimenti di chi tentava di dissuaderle e  i commenti di chi le giudicava e derideva, che hanno sfidato le regole e sono partite riprendendosi la libertà di movimento che spettava loro, dimostrando la propria indipendenza. Isabelle Eberhardt, per esempio, nata a Ginevra nel 1877 che si travestì da uomo per viaggiare liberamente in tutto il Nord Africa, scrivendo memorie e romanzi. Oppure la scrittrice Alexadra David-Néel che negli anni Venti del Novecento fu la prima donna a raggiungere il Tibet. Oppure, la mia preferita tra queste scoperte, Isabella Bird che per gran parte della vita è stata costretta in casa per salvaguardare la sua salute e poi a quarant'anni, nel 1872, s'imbarca dalla Scozia per l'Australia e non smetterà più di viaggiare per tutto il mondo. C'è anche, ovviamente, la mia amata Agatha Christie che ha raccontato i suoi viaggi in Medio Oriente, Sud Africa e Australia con la sua tipica acutezza e ironia, ma seppure romanziera già affermata fu vittima dei soliti pregiudizi da parte di uomini che le parlavano "come se fossi stupida" in presenza del marito archeologo. E Azema ne cita tante altre, vissute in diverse epoche, che non ho mai sentito nominare perché i loro scritti sono reperibili solo in inglese o francese, ma erano esploratrici, scrittrici, giornaliste, botaniche, antropologhe o semplicemente donne curiose che volevano conoscere il mondo al di là delle mura domestiche, ispirandomi nuove ricerche e letture. L'avventura non è un territorio esclusivamente maschile.

L'autrice, però, non si limita a riportare le storie di viaggiatrici, ma ragiona su tanti aspetti sociali e culturali legati al viaggio. Dal turismo sessuale agli stereotipi sugli abitanti (e anche sui viaggiatori) di altri continenti, dal colonialismo all'indipendenza economica per viaggiare e molto altro. Ho scoperto per esempio che in origine le assistenti di volo dovevano essere infermiere diplomate, mentre poi sono diventate "attraenti cameriere" al servizio dei passeggeri e solo di recente le regole sul loro aspetto, peso e abbigliamento sono state superate.

Riguardo la paura di partire che scoraggia molte donne, a volte inconsciamente, Azema scrive: "La vulnerabilità fa parte dell'educazione delle bambine: imparare a essere difesa piuttosto che difendersi". Poi ci rassicura sul fatto che nessuna delle esploratrici è morta per qualcosa che non avrebbe ucciso anche un uomo (malattia, vecchiaia, incidente o omicidio) o che non le sarebbe capitato anche a casa. Personalmente, ho paura delle città. Non ho mai avuto paura della giungla o del mare, ho temuto per la mia incolumità andando a riprendere l'auto in un parcheggio di Milano e non mentre camminavo con l'acqua al petto in Borneo. "Non andare, ti farai stuprare! Ecco come i cari amici ti incoraggiano quando li informi che vorresti fare un viaggio" riporta l'autrice citando da Anne-France Dautheville e me lo son sentito dire anch'io dalla sempre ottimista Altea, sia che andassi in Africa o a Carugate comunque.

Se una donna esita a partire da sola o ad accettare un lavoro all'estero dovrebbe porsi un'unica domanda: "Se fossi un uomo esiterei per le stesse ragioni?"

Insomma, un libro illuminate e interessante anche se devo dire che non sono d'accordo con tutte le considerazioni di Azema, a volte assume delle posizioni così estreme da ribaltarsi, diventa lei stessa quel prevaricatore di cui si lamenta. Sostenere i diritti delle donne non significa odiare gli uomini o sottometterli, bensì confrontarsi alla pari, avere lo stesso potere e libertà. Anche nel racconto di viaggio, come in ogni campo, il punto di vista di una donna completa il quadro proprio perché diverso da quello di un uomo e non solo riguardo luoghi interdetti all'uno o all'altra, ma perché osservano le persone in modo differente, sono sensibili a stimoli differenti, la loro attenzione è attirata da particolari differenti e comunicano in modi differenti: per questo sono entrambi - e allo stesso modo - importanti.

Da leggere assolutamente.



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